venerdì 30 dicembre 2011

10 motivi per essere single

Ormai sono più di nove mesi che sono single.
In questa fine dell'anno faccio un piccolo sfogo, mi perdoneranno le donne, ma comincio a pensare a buone ragioni per essere single. Considerato che in questo periodo sono stato preso in giro da diverse ragazze, e questo solo per dire che una volta erano gli uomini a prendere in giro le donne, che una volta erano gli uomini che volevano solo divertirsi, ebbene sto ragionando sul piano motivazionale riguardo al mio stato. L'altro giorno ero a pranzo e ho assistito ad un litigio di coppia che, come un vaso di Pandora, ha fatto venire a galla tutti gli scontri che ho avuto da accoppiato. Eccole quindi le buone ragione per essere single
1) Non dover per forza placcare ogni cameriere in un ristorante per chiedere un posto libero, o per chiedere il tempo necessario a vederne uno libero "Allora chiedi o no a qualcuno o devo sempre fare tutto io?"
2) Non litigare con qualcuno che magari non ti ha visto e quel posto libero l'ha occupato prima di te "Hai visto quello si è seduto al nostro tavolo e tu non hai fatto niente, ma fatti valere un po' cribbio!"
3) Non implorare al cameriere di fermarsi a prendere le vostre ordinazioni dopo che sono ben cinque minuti che aspetti qualcuno che prenda l'ordinazione "Fatti vedere no? Fatti vedere! Se no non mangiamo più"
4) Non chiedere di cambiare un piatto perchè troppo freddo, troppo crudo, troppo pieno di salsa, senza salsa, troppo scotto, troppo amaro, troppo dolce, troppo secco, troppo insipido, troppo e basta
5) Arrivare in un centro commerciale e scegliere il posto macchina più lontano dall'ingresso semplicemente perchè più comodo e perchè nessuno lì rischia di colpirti la macchina con un carrello. "Ma dove parcheggi? non vedi che ho i tacchi? O la metti vicina o io non scendo dalla macchina" ";a amore ma se poi giriamo due ore nel centro negozio per negozio, com'è che lì i tacchi non ti fanno male?" - e che cazzo
6) Semplicemente essere libero di girare la macchina e andarsene da quel centro commerciale pieno di macchine, perchè chissenefrega se oggi non ci entriamo! "Per forza non chiedi, guarda quella coppia che cammina chiedi se hanno la macchina vicina ! chiedi no, gira qui, ecco dovevi girare lì! No più avanti, nel settore rosso! Nel settore blu dovevi andare! ancora non lo sai?
7) Non essere costretto ad uscire con coppie che non conosci e che dopo che hai conosciuto ti stanno talmente sui maroni che vorresti essere lontano anni luce
8) Non essere costretto a giustificarti per il fatto di avere degli amici cazzoni, ok sono cazzoni e allora? Io vorrò sempre bene a questi cazzoni va bene?
9) Non vedere Step Up 1, 2,3, Twlighit, Eclipse, non dover ballare per forza latino americano perchè la Mary e la Susy, con Mirko a Mango sono bravissimi e io voglio imparare ed essere più bravi di loro
10) Non vedere qualcuno che la quindicesima volta in quindici giorni ti sale in macchina e ti dice che ha litigato con i suoi, con la sua migliore amica, con sua zia, con sua nonna, e non dover dire sempre "Amore mi dispiace" e non sentirsi dire "Sai dire solo mi dispiace! Non mi capisci, non mi comprendi, non mi stai vicino!" poi dopo sei mesi avere un influenza con 40 gradi, non poter uscire e sentirsi questa volta dire "Ma stai sempre male????"

martedì 20 dicembre 2011

Midnight in Paris

I tempi pare davvero stiano cambiando. I cinepanettoni nel loro weekend di uscita hanno registrato dati imbarazzanti, e fino a settimana scorsa il film di Woody Allen era primo nella classifica del box office italiano. Forse davvero la gente ha voglia di sentirsi considerata più intelligente?
Chi segue (c'è qualcuno che segue vero?) i miei post sa quanto adoro Woody Allen! E questo film non ha per nulla smentito le mie aspettative. L'inizio ricorda moltissimo Manhattan.Un overture che è un inno alla città di Parigi, come la musica di Gershwin lo era stata per New York. E' qui che capiamo subito chi è il vero protagonista del film: la città. Solo Allen sa rendere così protagonista una città anche se non la conosciamo, anche se non ci siamo mai stati. E' il caleidoscopio, la girandola attorno alla quale il protagonista decide di rifugiarsi alla ricerca della sua vera identità. Consiglio a tutti di non leggere nessuna recensione e di tentare di immergersi completamente nella bizzarra avventura di Owen Wilson.
Come al solito nemmeno io voglio dirvi nulla riguardo alla trama se non offrivi una particolare emozione.
E' così indifeso il protagonista di questo film e come sono affascinanti le persone che inseguono i loro sogni senza mai realizzarli. Come è innamorato della vita mentre percorre l'assurdità delle sue azioni; ogni istante, ogni visione, ogni segmento della città sono tanti miracoli che non possiamo che accettare.
Woody Allen sembra dirci insomma che non importa in quale epoca viviamo, quale sogno stiamo rincorrendo o quale ambizione speriamo di toccare: non conta il successo, il denaro, la cultura e l'arte fine a se stessa. Niente ti può donare un'emozione più forte del passeggiare fianco a fianco a una donna per le strade di Parigi, magari sotto la pioggia, e chissenefrega di tutti i problemi poi, dei giudizi degli altri o degli impegni irrevocabili che abbiamo contratto. Guardate la faccia di Owen Wilsion quando passeggia con le tre donne che popolano la sua vita e ditemi se un po' di pelle d'oca non si è fatta strada sulla pelle, dentro a un cinema sotto Natale.

domenica 18 dicembre 2011

American Beauty - discorso del sacchetto

Credo che per molta gente sia più saggio rivedere vecchi film che tentare di vederne di nuovi rimanendo costantemente delusi. Mille storie, mille volti, mille lacrime, mille risate. Ma poi alla fine cosa resta? Cosa resta di tutte le pagine che leggiamo, delle storie che ci raccontano in televisione, delle canzoni che ci invadono ogni secondo di vita?
Nel film di Federico Fellini "Prove d'Orchestra" una musicista racconta che una volta un bimbo riuscì a farle una domanda bellissima: "Signora, ma dove va la musica quando finisce?"
Molte immagini ti rimangono nel cuore soprattutto perchè legate a un preciso periodo storico della vita, in particolare dell'adolescenza, faro primario di tutto il percorso che seguiremo in futuro. Ho rivisto American Beauty e quando è arrivata la scena del sacchetto che vola mi stavo mettendo a piangere di nuovo. La conosciamo tutti quella scena: un ragazzo spiega alla sua nuova ragazza un filmato che ha girato tempo fa: un sacchetto che vola nell'aria danzando figure bellissime per quindici minuti. Sono queste le cose che ti rimangono addosso, i veri tatuaggi del cuore: un monologo di una persona che racconta quanto è bello e straziante vedere un sacchetto che vola. "Alle volte c'è tanta bellezza nel mondo che sento il cuore franare, da non riuscire a sopportarla". Una forza benevola che sembra volerci proteggere e dire che nulla è sbagliato, nulla è per caso, che ci urla di non preoccuparci, di non accapigliarci, di non disperare mai.
Mai.



domenica 11 dicembre 2011

Paesaggi in Pessoa

Credo che la frase più bella che ho letto quest'anno sia nel libro che ho iniziato a citare nel post precedente. Il protagonista del libro, vive nella sensazione perenne che nulla accada nella sua vita. Nulla vale la pena fare perchè già nel fare c'è il presentimento che a nulla serva nulla. Gli manca la forza per determinarsi nel mondo, per uscire dalla routine che gli stritola il corpo e l'anima. E' l'ombra che accompagna costantemente il fare di molti di noi. Chi non riesce a trovare un lavoro più dignitoso per la sua persona. L'impossibilità di essere appagati perché anche quando ci sembra di essere appagati qualcosa manca e la meta è sempre un po' più in là. E perfino quando ci sembra di essere indaffarati, persi nella rutilante atmosfera di un impegno senza sosta, il tedio ci assale perché non c'è azione che soddisfi il bisogno dell'anima. In tutto il libro c'è solo una luce che allevia le sofferenze del protagonista, una mano che tende verso di lui, citata in continuazione: il potere dell'immaginazione. La forza del sogno, del vivere una vita che non esiste ma che alle volte è più reale della realtà. E' in noi che i paesaggi hanno paesaggio: una frase di cui mi sono innamorato al punto da ricopiare qui il passo da cui è tratta:

Viaggiare? Per viaggiare basta esistere. passo di giorno come di stazione in stazione, nel treno del mio corpo, o del mio destino, affacciato sulle strade e sulle piazze, sui gesti e sui volti, sempre uguali e diversi come in fondo sono i paesaggi. 
Se immagino vedo. Che altro faccio se viaggio? Soltanto l'estrema debolezza dell'immaginazione giustifica che ci si debba muovere per sentire. In realtà il capo del mondo, come il suo inizio, è il nostro concetto di mondo. E' in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo come vedo gli altri.
La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo. 

giovedì 8 dicembre 2011

Fernando Pessoa "Il libro dell'inquietudine"

Nomino questo libro la sopresa più grande di quest'anno. Mi hanno sempre impressionato i gesti delle persone quando entrano in libreria e cercano un libro; non parlo di quelle che entrano con già in testa un titolo preciso. Solitamente queste ultime si dividono in due categorie: quelle che cercano il best seller in classifica e quelle che vogliono un autore misconosciuto che la negoziante è costretta ad ordinare. Quelli con i titoli in testa non si guardano neppure in torno, sanno già quello che vogliono, sicuri e certi e privi di dubbio alcuno.
Poi ci sono i cercatori come me, quelli che disperatamente cercano qualcosa che parli a loro, delle righe che li possano risvegliare da un torpore, donare loro una speranza, e far sì che si sentano meno soli. Siamo dei viaggiatori tra parole che ci offrano un balsamo all'inquietudine che ci trasciniamo dentro. Noi ci muoviamo insicuri fra gli scaffali, con il braccio sospeso, rimaniamo ore persi nei labirinti costruiti nelle pagine infiniti. Leggiamo i risvolti di copertina, curiamo lo spessore della copertina, ci lasciamo sedurre dal colore delle copertine, ma siamo in cammino verso un sorriso che splenda solo e soltano per noi.
Qualche giorno fa ho trovato questo libro che ho letto avidamente:"Il libro dell'inquietudine" di Fernando Pessoa. E' un libro dove non accade nulla, ma dove i fatti sono le impressioni di un'anima. Il protagonista di nome Soares è un contabile, costui è semplicemente un uomo che "guarda alla finestra" perduto nelle congetture di una vita vuota ma che non ha la forza e la voglia di riempire. Deluso ma soddisfatto delle sue delusioni, triste ma deliziato della sua tristezza, sofferente ma goloso di tutta questa sofferenza. Apatico, muto, si trascina nei giorni scavando dentro di sè le impressioni che si costruisce giorno per giorno osservando il mondo "visto" attraverso le lenti del suo sentire. Ne parlerò in altri post, riportando alcuni pessaggi ma per ora mi fermo qui.

giovedì 1 dicembre 2011

Fabio Volo - le prime luci del mattino

" I libri migliori sono quelli che ci dicono quel che già sappiamo".
Questa è una delle più belle frasi che mi sono cucito in questi anni. E' stata scritta da Orwell in 1984 e molti la ricorderanno. Ho voluto citarla perchè credo sia fin troppo facile liquidare Fabio come un fenomeno mediatico, il cui successo letterario è dovuto esclusivamente alla sua notorietà e alla banalità con cui scrive.
Ho conosciuto Fabio Volo una mattina a radio Deejay, ho partecipato alla festa che aveva organizzato in trasmissione, e mi sono reso conto che, in fondo, è una persona sincera. Non si è risparmiato nel regalarci momenti con lui, nell'assecondarci con le foto, nello scherzare in continuazione come se fossimo amici da sempre. Eravamo molti ma a tutti ha concesso spazio.
In Italia siamo sempre abituati a considerare banale tutto ciò che piace a moltissima gente, come se la massa fosse un'indiscriminata folla dall'intelligenza sottosviluppata. Il pubblico non premia facilmente, e molti personaggi famosi hanno tentato la strada letteraria con scarsissimo successo.
Mi ha colpito il coraggio di Fabio di inserirsi in prima persona nella voce di una donna; questo libro parla di una specie di "discesa" agli inferi, o meglio in quello che la società definisce inferno, in quello che tutti consideriamo peccato ed errore. Il linguaggio di Volo è sempre semplice ma non infantile, lineare ma non prevedibile. Perchè accusarlo sempre? Perchè non cercare di capire un successo che è incontrovertible ? Chi può discutere sul fatto che Fabio Volo è l'unico deejay che riesce a intercettare un milione di persone in radio, parlando loro di poesia e letteratura?
Un giorno ho sentito questa frase, quando l'ha pronunciata dentro di me mi sono data la spiegazione di tutto il suo successo:
"Quando vuoi pescare un pesce cosa usi ? l'esca che piace a te o quella che piace al pesce? All'inizio per prenderlo devi usare quello che piace al pesce! Poi con il tempo, con pazienza, togli quello che piace al pesce e aumenti sempre di più quello che piace a te, o che consideri più valido; e questi signori miei, si chiama comunicazione"

domenica 20 novembre 2011

Amore caro, amore bello, bella biagio!!

Non ho mai amato molto Biagio Antonacci come cantautore, anche se solo per una questione puramente soggettiva. Non si possono definire certo brutte le sue canzoni, nè tantomeno dire che non sia capace di cantare. E' il suo modo di di dichiarare troppo amore l'amore, di urlarsi  romantico nel suo genere, con quella voce grattata a tutti i costi, sofferta per dover soffrire.
Eppure nessuno era stato capace di riproporre in una maniera così viva la canzone di Bruno Lauzi. Uno dei cantautori della scuola genovese più limpidi e genuini. Una scrittura semplice, essenziale e pura. Senza colpi di scena o effetti speciali. Una scrittura vicina alla mente e al cuore.
Ho riscoperto un verso di questa canzone che mi ha trafitto in questi giorni. Mi ha dato una speranza, e mi ha fatto ricordare com'ero e come mi piacerebbe ritornare. In fondo mi ha tratteggiato dentro quello che non sapevo esprimere.

Che strano all'improvviso mi sento Arlecchino
rido, ballo ti prendo per mano

Quante volte nella nostra vita ci siamo sentiti così? Vicini ad una donna, passeggiare con lei e improvvisamente sentirti davvero Arlecchino, muoversi come un bambino, parlare in falsetto, camminare a zig zag con i passi e la mente. Ridere e ballare dentro ogni secondo passato con lei. Sappiamo bene che le donne che ci hanno fatto sentire così non possono essere tante, e che sentirsi Arlecchino è un fenomeno astrale che si ripete con la rarità di un eclissi di sole. Eppure è bello sperarlo di nuovo, sperare che riaccada. Ascoltarlo in una canzone così ben descritto non può farci che bene. Bravi Biagio! Qui sotto il link

martedì 15 novembre 2011

Feste di compleanno e Matrimoni

Questa Domenica per l'ennesima volta ho assistito alla festa di compleanno di un mio caro amico. Sequenza e dinamica che si ripete costantemente ogni anno ma che mi mette una grande tristezza. Non sono mai riuscito a indovinare il motivo di tutto ciò, mai a percepire bene l'inquietudine, ma ora so perchè. So perchè provo una certa pena per me stesso.
Ad un certo punto, come sono solito fare, stavo divagando con gli altri ospiti su questioni relative alle donne, ero un po' al centro dell'attenzione per il fatto che stavo sparando un po' di cavolate, il genere di aria fritta di cui mi piace parlare per divertire gli altri.
Ebbene la moglie del festeggiato ad un certo punto mi ha riferito queste testuali parole:
"Dai Gio, non rovinare questo bel momento di ...."proprio nel momento idilliaco in cui suo marito stava aprendo i regali. In realtà questi sono amici carissimi ma che vedo poco e solo in queste particolari occasioni. Allora ho compreso tutto, è la stessa sensazione che provo ai matrimoni di amici che magari non vedo da tempo.
La sentite voi quella sensazione? Quella sensazione di non essere lì come voi stessi, ma in qualità di addobbo, di pallina di natale, mero abbellimento e decorazione della vita degli altri.
Ci sono matrimoni di amici che non vedete mai, eppure vi vogliono con loro perchè tutti, soprattutto quelli che non vivono la loro felicità devono essere lì presenti e vivi ad ammirare e invidiare quella felicità fottuta. Scusate il termine.
Ebbene sapete quante volte mi viene voglia di rovinare tutto ? Tipo andare verso la sposa e alzarle il vestito, raccontare una barzelletta sconcia, o raccontare delle sveltine che il maritino si faceva e mi raccontava sempre ?
Purtroppo tocca anche questo : stare lì ad ammirare, come una pallina di natale o un inutile addobbo.

giovedì 10 novembre 2011

Mr Gwyn - Alessando Baricco

Interrompo questo lungo silenzio.
Sono periodi bui quelli che ogni tanto ci tocca attraversare. Meno male che l'arte spesso è un balsamo sufficiente per lenire le nostre sofferenze; avete presente quando da piccoli avete la febbre e la mamma vi spalma un panno umido e caldo sulla schiena e sul corpo? quella sensazione lì si prova ogni tanto, senti il potere del balsamo, l'amore che sta "dentro la cura", perchè una cura presuppone sempre che qualcuno ti curi.
Ora ho letto molti libri in questo periodo e ho scelto di parlarvi di questo.
Ho letto come molti tutto di Alessandro Baricco.
Quando da molto giovane l'ho scoperto in tv è stato un terremoto di emozioni. Lo seguivo nei programmi "L'amore è un dardo" e "il circolo Pickwick". Come raccontava le scene delle opere liriche, quando raccontava dei libri. La pelle d'oca per come ti trascinava in mondi lontani, con un fascino irresistibile di chi conosce il potere della cura dell'arte.
Quando ho saputo che aveva poi deciso di scrivere libri mi sono ritrovato un poco deluso. Anche lui cavalcava l'onda del successo in tv per scrivere, così anche lui come tutti gli altri? ma che libri scriveva?
Poi, un giorno, durante una lezione di teatro, un mio compagno ci legge un brano di Novecento, quando non era nemmeno uscito il film. Bum. Bum, bum, bum. Ma come si fa a scrivere una storia così? come si fa? Puoi avere mille problemi, soffrire mille pene, ma non puoi non piangere tutta quella bellezza che c'era in quella storia. Niente è perduto, niente è mai perduto quando qualcuno ti regala una storia così. Una rivelazione, qualcosa che ancora oggi mi rende elettrico se solo penso a come mi sentivo mentre un amico leggeva le pagine di quel libro.
Ho letto tutto di Baricco e certe invenzioni letterarie saranno sempre chiuse dentro di me:
l'uomo che benedice il mare in Oceano mare, il binario di Castelli di Rabbia, il pugile e il cowboy di City, le lettere dell'amante in Seta, la guerra in Questa Storia, la Chiesa di Emmaus.
Poi leggo Mr Gwin.Sembrano così facili i libri di Baricco, sembrano scritti da un matto o da un bimbo. Invenzioni che a nessuno verrebbero in mente perchè troppo assurde, troppo prive di significato, troppo infantili. Senza assolutamente voler dirvi una parola di questo libro, vi dico solo che Baricco in quest'ultimo romanzo ci svela il segreto, il vero segreto delle sue storie, e lo fa descrivendo il colore di alcune lampadine:
- Che colore vuole che abbiano queste lampadine Mr Gwyn?
- Infantili rispose Mr Gwyn

mercoledì 19 ottobre 2011

Crisi economica: una piccola favola

C'era una volta un'isola felice.
In quest'isola esisteva un'unica fabbrica. Il proprietario aveva un macchina d'argento mentre tutti gli altri abitanti che vi lavoravano avevano macchine normali. In questa fabbrica si produceva di tutto: da mangiare, vestiti, pentole, letti, qualsiasi cosa gli abitanti avessero bisogno. Il proprietario era un privilegiato certo, ma era apprezzato dalla popolazione perchè era stato in grado di assicurare a ciascuno un lavoro, un lavoro che permetteva a chiunque di avere una famiglia, una casa, e di mantenere i figli in maniera dignitosa.
Un giorno qualcuno decise di costruire un ponte, un ponte capace di collegare quest'isola al resto del mondo. Fu così che improvvisamente apparve un ricco signore con una macchina d'oro zecchino. Costui decise di costruire una nuova fabbrica dove i prezzi erano la metà di quelli proposti dal proprietario con la macchina d'argento. Fu così che tutti gli abitanti dell'isola decisero di acquistare quei nuovi prodotti, a loro in fondo conveniva di più. A poco a poco la prima fabbrica vide calare in maniera consistente gli acquisti e dovette chiudere. Gli abitanti che lavoravano nella prima fabbrica si videro senza lavoro e chiesero al proprietario con la macchina d'oro zecchino di lavorare presso di lui. Ben presto costoro si accorsero che il loro salario non era più quello che percepivano nell'altra fabbrica, lì il personale prendeva esattamente la metà. Il vantaggio economico di cui avevano beneficiato acquistando i prodotti della nuova fabbrica ben presto si annullò completamente, facendo conoscere a ciascuno di loro lo spettro terribile della fame. Con il passare degli anni molti se ne andarono da quell'isola e nemmeno alla seconda fabbrica conveniva più rimanere aperta. Quella che un tempo era un'isola felice divenne solo un'isola deserta.

Era un po' che avevo in mente questa favola, se dovessi spiegare a un bambino perchè tutti parlano di crisi economica credo che gli racconterei questa favola inventata da me per l'occasione. Le multinazionali a cui abbiamo concesso di aprire le loro filiali nel nostro paese hanno devastato il nostro tessuto economico e noi che abbiamo comprato da loro non ci siamo accorti che le aziende presso le quali lavoravamo stavamo morendo per le nostre scelte di acquisto (Ikea, Leroy Merlin, Mac Donald's, Burger King, Tommy Hilfiger, Nespresso, Nestlè, Tnt, Dhl, e chi più ne ha più ne metta). La crescita senza morale delle multinazionali ha depredato il nostro territorio e quello di tutti i paesi d'Europa, una concorrenza spietata dove le sole vittime sono gli umili e gli ultimi. Non si può pensare di crescere in continuazione a scapito di tutti.

giovedì 6 ottobre 2011

Inno alla carità

Sto per concludere anche la lettura del Nuovo Testamento.
Mi ha fatto un certo effetto imbattermi in questo inno alla carità di San Paolo. Un certo effetto dovuto al fatto che letto così, quai alla fine della Bibbia, mi sembra davvero il vertice di un cammino lungo e anche tortuoso che mi ha portato a leggere fino in fondo questo testo infinito. Parole che spesso ti scuotono, immagini che ti assalgono, rappresentazioni a volte violente e senza sfumatura alcuna.
Questo testo prende davvero il suo senso più alto solo se ci si arriva dall'inizio, un po' come scalare una montagna, attraversare un deserto, al di là di una tormenta, al di là delle paure, fuori dall'ipocrisia, via dai luoghi comuni, lontano dai limiti di ogni uomo.
E' un testo che la tradizione moderna ha saccheggiato, basti pensare a Nicholas Spark nel libro amatissimo dalle teenager nate negli anni ottanta: "I passi dell'amore". Un testo rapito al suo senso vero per trasmigrare alle funzioni di scritta da cioccolatino. RIcordiamo anche la canzone di Neck "se non ami" che cita praticamente tutto il testo.
Dobbiamo sempre prendere da ogni cosa il significato che ci fa più comodo, il testo non parla di amore, ma di carità. Eppure tutti in questa era gonfia di amore romantico hanno voluto chiaramente intepretarlo come più faceva comodo. E' carità infatti il significato vero del termine agape usato da San Paolo. E' un testo che anche un laico ed agnostico come me inchioda e ispira. Quello di cui parla San Paolo potrebbe essere intepretato come il senso a cui la vita in un mondo ideale dovrebbe tendere: la cura incondizionata verso il prossimo, come strumento unico per dare senso alla vita.
Sarebbe proprio bello saper vivere così, ve lo riscrivo qui, anche se molti lo ricordano a memoria ormai:

" Se anche parlo le lingue degli uomini e degli angeli, ma non ho la carità, sono un bronzo sonante o un cembalo squillante: E se anche ho il dono della profezia e conosco tutti i misteri e tutta la scienza; e se anche possiedo tutta la fede, si da trasportare le montagne, ma non ho la carità, non sono niente. E se anche distribuisco tutte le mie sostanze, e se anche dò il mio corpo per essere bruciato, ma non ho la carità, non mi giova a nulla. La carità è magnanima, è benigna la carità, non è invidiosa, la carità non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità; tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine; le profezie scompariranno: il dono delle lingue cesserà; la scienza svanirà; conosciamo infatti imperfettamente e imperfettamente profetizziamo. Ma quando verrà la perfezione sarà abolito ciò che è imperfetto. Quando ero bambino parlavo da bambino, pensavo e ragionavo da bambinio. Ma quando mi sono fatto adulto ho smesso ciò che era da bambino. Adesso vediamo come in uno specchio, in immagine, ma allora vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in parte, ma allora conoscerò perfettamente,come perfettamente sono conosciuto. Ora esistono tre cose: la fede, la speranza e la carità; ma la più grande di esse è la carità."

mercoledì 28 settembre 2011

Il grande Gatsby - non sarò mai Robert Redford!

Avevo letto questo romanzo molti anni fa. Mi ricordavo pochissimo della trama e il film non ero mai riuscito a vederlo. Ieri, dopo l'ennesima pesantissima giornata di lavoro, ho deciso di cimentarmi nella visione di questo vecchio film.
La storia è quella di un ufficiale che, finita la guerra, diventa un multimiliardario con l'ossessione di riconquistare la donna che aveva perso appena prima della guerra. Decide di comprare la villa affacciata sulla tenuta di Daisy, la quale intanto, incapace di aspettarlo, ha deciso di sposarsi con un altro uomo, proprio mentre Gatsby se la doveva vedere con il campo di battaglia.
Mirabile la risposta di Daisy quando Gatsby le chiede perchè non ha saputo aspettarlo dopo la sua partenza per il fronte
"Non lo sai che le ragazze ricche non sposano i ragazzi poveri?"
Ho capito una cosa guardando questo film, una cosa che non c'entra niente con la trama, nulla con il valore artistico del romanzo, assolutamente una mazza con la bravura degli attori. Insomma non voglio farvi una critica del film, non mi interessa essere il Mereghetti della situazione.
Cazzo, non c'è niente da fare, non sarò mai Robert Redford. Sono perfettamente consapevole di aver passato tutto la mia vita nel cercare di affascinare gli altri a tutti i costi: sai mi piace scrivere, sai suonavo il violino, sai cantavo, sai leggo molto, sai sto leggendo la Bibbia, sai ho visto tutti i film di Pasolini, sai mi piace la poesia.... sai questo, sai quello. Le persone interessanti, quelle che affascinano davvero, non hanno bisogno di parole, non hanno bisogno di farti sprofondare nel loro passato, nelle loro aspettative. Le persone che ti sanno conquistare sono come il Grande Gatsby, sono quelle persone che hanno tutto negli occhi, e questo è un dono che solo la natura ti può consegnare. Non c'entra la bellezza, nè l'intelligenza, non dipende dai muscoli, dall'altezza e dal colore della pelle. E' tutto al di là degli occhi: guardate la scena quando Robert Redford rivede la sua amata dopo otto anni, non si dicono nulla, la sceneggiatura è scarnificata all'essenzaile, eppure lui solo con gli occhi sa dire tutto. CI ho provato ad essere così, ma io non sono così. La devo smettere di rincorrere quello che non sono, credere di conquistare il mondo, immaginare che certe persone si incanteranno sentendomi parlare, perchè a nessuno frega molto di nulla, a meno che tu non abbia un mondo negli occhi. E io non sarò mai Robert Redford.
Credo che in fondo in questi lunghi mesi ci sia stata una sola persona che avrei voluto tanto conquistare, e se fossi stato come il Grande Gatsby forse ci sarei riuscito davvero. Ma in fondo la vita è fatta anche di questo: le anime belle che incontri sulla via sono doni preziosi e come tali devono essere considerati, il disegno è sempre talmente nebuloso che non vale la pena leggergli un significato. Ho tentato di conquistarti ma ora so di non esserci riuscito. E se lo scrivo è perchè so che mi leggi.
Viva Robert Redford !

giovedì 22 settembre 2011

Adele - Someone Like you a Massenet

Mezzanotte e ventinove.
E' da una settimana che mi è piovuta addosso a mo di pietra questa canzone. Non conosco benissimo l'inglese ma queste parole vengono pronunciate talmente bene che il senso mi è arrivato subito preciso.
Ed è pazzesco se penso che proprio in questi giorni ho ascoltato per la prima volta una delle opere che mi mancavano: il Werhet di Massenet. Pur essendo mondi lontanissimi, mi è sembrato quasi che Massenet e Adele parlassero a distanza di quasi cento anni.
E' incredibile come certi temi si ripetano nel corso dei secoli; sono temi che nonostante gli sconvolgimenti che il mondo ha subito, nonostante la crisi e tutte quelle che seguiranno, non potranno mai tramontare. L'uomo troverà modi sempre più avanzati per comunicare:  telefono, cellulare, internet, facebook, ma continuerà sempre e comunque a soffrire per amore. Perchè possiamo essere un centurione romano, un pubblicano, un fariseo, un beduino del deserto, possiamo essere uno schiavo, un vassallo, un servo della gleba, un feudatario, un repubblicano, un trovatore, un menestrello, possiamo crederci imprenditori, ingegneri, direttori, dirigenti, artisti, parlamentari, presidenti, amministratori; ma tutti, tutti noi, tutti e nessuno escluso, saremo per sempre costretti e magari anche per fortuna a soffrire per amore.
Nella canzone "Someone Like you" Adele in un testo ispirato parla al lui che non è più il suo lui. Qualcuno le ha riferito che adesso lui sta con un altra. E lei gli augura tutto il bene del mondo e si ricorda con serentià i momenti vissuti insieme. Spera che la nuova lei sappia dargli tutto quello che lei non ha saputo donargli. Ci sono quattro versi ad un certo punto della canzone che mi hanno assolutamente tolto il respiro: sembrano la traduzione letterale del testo francese di Massenet. Nell'opera Werther non può avere Charlotte: la donna che ama perchè promessa sposa ad un altra persona, rammenta allora il primo momento in cui i loro sguardi si sono incrociati e a quei momenti del loro primo incontro in cui tutto sembrava ancora possibile.
Sentiti i versi di Adele:

Sai, il tempo vola
Solo ieri vivevamo le nostre vite insieme,
Eravamo nati e cresciuto nella foschia estiva,
Uniti dalla sorpresa dei nostri giorni di gloria,

E ora queste le parole di Wether nell'opera di Massenet, e stiamo parlando di cento anni fa:


Ah! Com'è distante quel giorno di intimità e dolcezza
quando i nostri occhi si incontrarono
per la prima volta...
quando fummo soli insieme
per un tempo così lungo ... così vicini uno all'altro ... senza dirci una sola parola.
... a ancora come sentimmo su di noi dai cieli un raggio
di luce suprema che sembrava sorriderci
al di sopra della nostra muta emozione.
Non c'è proprio niente da fare che capolavoro l'essere umano!



giovedì 15 settembre 2011

A cena da amici

Solo una domanda in questo post.
Come mai le tipe di milano quando qualcuno chiede loro cosa fai stasera rispondono tutte allo stesso modo ??
"A cena da amici", "Stasera sono a cena da amici"
Ci avete mai fatto caso?
Chiedetelo a una bresciana, a una bergamasca, a una napoletana, anche solo a una ragazza della provincia di milano che non vive a milano, ma non chiedetelo a una calabrese che si è trasferita a milano da più di un anno perchè anche lei per ogni sera della settimana vi risponderà sempre
"Sono a cena da amici"
Lo snobismo di questa frase è disarmante.
Ma sapete cosa significa?
C'è tutto un mondo tipico della Milano da bere, che oggi come oggi, sinceramente mi fa solo un gran ridere.
Se traducessimo quello che stanno pensando quando ti dicono sono a cena da amici ecco quello che verrebbe fuori
"Come fai a chiedermi cosa faccio stasera ? Credi che una come me non abbia impegni ogni sera della settimana? e poi credi che io sia la classica persona che gira i soliti locali, le solite discoteche, i soliti ristoranti come se non avesse niente di meglio da fare? Io non ho bisogno di quello che il mondo mi offre perchè io ho già il mio mondo: ho i miei amici, le case dei miei amici, miriade di persone che mi vogliono da loro, pronte a sporcare fornelli, e a infornare di tutto solo per me, pronte a sudare dalle cinque del pomeriggio per preparami una cena zeppa di soprese. Credi davvero che nella mia agenda ci sia spazio anche per te ? hai presente cosa bisogna fare per entrare nel mio universo ? Il mio universo è già pieno, il mio spazio è sold out ! "
Poi ditemi voi se non vi è mai capitato di sentire questa frase e che il tono nascondesse in realtà quello che ho appena descritto

mercoledì 7 settembre 2011

Mare

Ogni estate penso che lo rivedrò dopo un anno.
Per me credo sarebbe pazzesco pensare di trascorrere un altro anno senza vederlo, senza sentire la sua presenza vicino a me.
Quest'anno io e i miei amici abbiamo affittato una piccola barca, si poteva guidare facilmente con una normale patente di guida; presi dalla foga dell'esperienza non abbiamo fatto caso al livello del carburante; ci siamo ritrovati in mezzo al mare con il serbatorio vuoto. Il gasolio di riserva non è servito a far ripartire il motore. E' in quel momento che te ne accorgi, ti accorgi come la natura contempla dei mondi che non sono adatti all'uomo, così seducente, così spietato. Preda dell'ondeggiare della barca, stretti su quella barchetta, già dopo dieci minuti mi sono sentito pervadere dall'ansia. Quello spazio vitale per noi si stava già dimostrando angusto per tutti e sei. Fortunatamente è bastata una telefonata al porto per capire come far ripartire il mezzo.
Non esiste un luogo dove i ricordi della mia adolescenza siano più vivi, dove gli amori vissuti non si moltiplichino d'intensità nel riportarli alla luce. Come si fa a non rabbrividere quando pensi alle passeggiate fatte a quindici anni con la prima ragazza a cui hai fatto brillare gli occhi? tutto lì è maledettamente diverso. Credo che il segreto in fondo sia nel rumore delle onde. Voglio dire leggi un libro o parli con un amico o baci una ragazza (è un po' che non bacio una ragazza sulla spiaggia, quest'anno è andata così mannaggia) e quel rumore ti fa apprezzare tuttto di più, ogni emozione è moltiplicata dall'incessante canto della natura, e quella sensazione, quel piacere delicato al cuore ti fa credere che sarebbe proprio bello immaginare che quella sia la voce di Dio.
Per J.

domenica 4 settembre 2011

I-phone e nuovi idoli

Mentre mi appresto a concludere la lettura del Vecchio Testamento, mi rendo sempre più conto della ricchezza di questo testo. Della sua capacità in primis di parlare in ogni tempo e in ogni luogo. Una lettura attenta, infatti, è capace di scandagliare il puro significato letterale e riconoscersi continuamente. Anche in questi giorni ci sono state pagine che hanno letto la mia vita di tutti i giorni.
Un mio amico qualche giorno fa mi ha guardato sconsolato mentre aveva in mano il suo I-phone da cui non sapeva staccarsi un secondo. "Ho deciso di venderlo Gio, è una malattia, non riesco a staccarmi, lo guardo in continuazione; facebook è sempre lì, ogni secondo può esserci una notifica o qualcosa di nuovo".
Proprio quel giorno avevo letto un brano dal libro di Baruc. Lettera di Geremia agli esiliati in Babilionia. Uno dei temi più ricorrenti nella Bibbia è l'accusa potente nei confronti degli idoli. Fin dal libro dell'Esodo dove il popolo si costruisce un vitello d'oro mentre Mosè se ne sta sul monte a parlare con Dio, questo aspetto della debolezza dell'uomo viene ripetuto e sottolineato in continuazione. Nei libri dei profeti, in particolare, è un tema dominante e in esso i profeti leggono il segnale più evidente della decadenza del popolo di Israele.
Sentite questi passaggi. Geremia metti in guardia i deportati in Babilonia dagli idoli che troveranno in quel paese e che la popolazione locale venera come fossero degli dèi.
"Ora, vedrete in Babilonia idoli d'argento, d'oro e di legno, portati a spalla, i quali infondo timori ai pagani. State attenti a non imitare gli stranieri, il timore dei loro dei non si impadronisca di voi. Alla vista di una moltitudine che prostrandosi davanti e dietro a loro li adora, pensate <>
Essi hanno una lingua limata da un artefice, sono indorati e argentati, ma sono simulacri falsi e non possono parlare. Come dunque si può ammettere e pensare che essi siano dei?
L'oro di cui sono adorni per la bellezza non risplende se qualcuno non ne toglie la patina; perfino quando venivano fusi, essi non se ne accorgevano. Furono comprati a qualsiasi prezzo, essi che non hanno alito vitale. Senza piedi, vengono portati a spalla, mostrando agli uomini la loro condizione vergognosa; arrosiscono anche i loro fedeli perchè, se cadono a terra, non si rialzano più".
Insomma quello che Carl Marx chiamerà "feticismo delle merci" e Packard ai giorni nostri "I persuasori occulti" qui è già anticipato.
Cos'è cambiato in fondo dai tempi degli dèi pagani?
I-phone, I-pad, Facebook, Dolce e Gabbana, TT, Serie 1, Z-4, Prada, Twitter, Converse, Papete, Milano Marittima, Francesco Coco, Grande Fratello, Milan, Inter, Juve, Champions, Mac Donald, Mc Chicken, Pdl, Pd, Silvio Berlusconi, Rubi, Escort ....
Il culto mediatico è l’unico culto dominante.
Conta gli amici, conta il numero degli amici nel tuo profilo, ma non quelli che si alzerebbero nel cuore della notte per venirti incontro. È pazzesco osservare quanta gente passa il suo tempo con un i-phone in mano, ognuno spera in un messaggio nuovo, una notifica, una richiesta di amicizia, un tag, un poke. Un bip che dà scarica di adrenalina solo per qualche secondo. La speranza di un messaggio che possa cambiare le nostre vite per sempre. Ed anche quando quel messaggio arriva, ne serve subito un altro e un altro ancora. Non la qualità del rapporto ma la moltiplicazione delle relazioni.

martedì 30 agosto 2011

31 e riflessioni sulla fede (scusate il caldo dà alla testa)

Oggi sono 31
Non ci puoi scappare dal tempo. Quando arrivi a 30 ti senti un po' mancare il fiato ma non pensavo che mi sarei sentito così una volta superata quella soglia.
Ero convinto che avrei vissuto un'altra vita, eppure eccomi qui, ancora qui, nella casa dei miei, terrorizzato all'idea di vivere da solo, terrorizzato all'idea che un giorno l'azienda per la quale lavoro vedrà me al posto di mio padre. Alle volte mi sembra davvero di non possedere la forza, quella dello Jedi in guerre stellari, quella del bambino in Karate Kid, perchè penso che alla fine basterebbe non avere più paura di nulla, o per lo meno avere l'abilità di governarla questa maledetta paura.
Lo vedo che sto invecchiando cazzo, ho ripreso a fare palestra dopo tre settimane di pausa e facevo fatica, mi sento stanco, più stanco di prima, e certe delusioni faccio sempre più fatica a metabolizzarle, e intanto continuo a dimagrire. Vabè, in fondo tutti siamo depressi, tutti alle volte ci sentiamo infelici, lasciatemi almeno sfogare in questo blog, per quei pochissimi (dai in fondo non pochissimi) che ogni tanto mi leggono.
Ieri ho avuto una bellssima discussione con i miei amici del cuore, quelli senza i quali davvero non avrebbe più senso nemmeno svegliarsi al mattino. Si parlava di fede.
Il mio migliore amico ha una grandissima fede e, in fondo, un pochino l'ho sempre invidiato. Lui fa parte del movimento del "Cammino dei Catecumeni". Mi ha raccontato di Madrid, della folla di gente, dei canti, dell'entusiasmo.
Io però penso una cosa e scusatemi se mi permetto di dirlo.
Credo che sia alle volte fin troppo facile lasciarsi affascinare e sedurre dalle masse in festa, dai canti, dalla musica, dall'amore a tutti i costi e senza sconti. Non vorrei mai arrivare a credere solo perchè mi sento solo, non vorrei mai credere perchè è più bello credere che pensare che la mia vita non abbia senso. Non voglio essere sedotto dal Cammino, da Comunione e Liberazione, da Azione Cattolica. Non voglio entrare in nessun movimento, non voglio farmi trascinare da nessuna folla festante. Queste storie di conversione hanno sempre un limite: sono trascinate dalla spinta di un coro. Avete mai cantato in un coro ? Sapete cosa significa cantare una linea melodica mentre altri ne cantano un altro? Non è come ascoltare la musica da fuori: è come osservare un diamante all'interno: dà alla testa e ai nervi. Ti fa volare. Ecco questo per me è il limite di queste storie anche affascinanti di conversione.
Sarebbe bello pensare di vivere la propria vita spinta all'unico scopo di arrivare alla radice pura di se stessi. Come la penso davvero? Rimane in fondo solo San Paolo fulminato sulla via di Damasco.

martedì 23 agosto 2011

Quando finisce l'amore, Bellini docet

Ogni giorno, da qualche parte, una storia d'amore finisce.
E' una cosa che non può darci pace; la donna che credevamo ci avrebbe amato per sempre, senza nessuna spiegazione, ci annuncia una volontà inaspettata: vuole lasciarci, vuole abbandonarci, vuole qualcun altro. Il sentimento, all'apparenza solido e incontrastato, tale per il quale ogni altra persona ci sembrava in bianco e nero, si frantuma distruggendo la nostra vita. Allora si riprendono le lettere, quelle lettere dove le promesse sono nero su bianco, ci sembrano un contratto che non può essere sciolto. Eppure niente dura.
La caducità del sentimento umano è una dei drammi più incomprensibili: ci danniamo la vita per incontrare qualcuno che ci amerà per sempre e quel sempre diventa una parola vuota, impossibile da reggersi nel tempo. Perchè il tempo muta il nostro animo? perchè il susseguirsi dei giorni è capace di spegnere un fuoco? Il tempo può fare più di un errore, più di una scelta insensata. E quando ci soprende, così, senza spiegazione, senza un campanello di allarme, senza la possibilità di rimediare, la certezza su cui abbiamo costruito i nostri giorni ci butta diretti nell'ossessione che niente abbia senso.
Allora l'arte, come al solito, ci viene sempre in aiuto.
C'è un autore che amo moltissimo. Ho scoperto da poco questo pezzo, grazie ad una bellissima edizione che ho acquistato da qualche mese. Sto parlando di Vincenzo Bellini.
Anche nella musica classica esistono gli effetti speciali: Rossini e Verdi erano maestri incontrastati nell'uso degli effetti speciali. Se li smonti la vedi dove si nasconde la bellezza: crescendi sempre più improvvisi e veementi, marce trionfali, velocità insostenibili per la voce umana, altezze irragiungili per le ugole di comuni mortali.
Poi ci sono autori come Bellini, in questo vicinissimo a Mozart, che con poco, con davvero poco, intessono motivi di una commozione travolgente.  Non si capisce da dove arrivi tanta bellezza, non si comprende come facciano a travolgerti con la loro melodia così essenziale, eppure loro ci arrivano alla pura radice della bellezza.
Allora eccola Amina, la protagonista della "sonnanmbula", che si dispera perchè il suo amore è finito all'improvviso, incredula di poter mirare così poco la rosa del loro amore. Ho scelto ancora lei per questo pezzo: Maria Callas. Una voce che non c'è mai stata e che non ci sarà mai più: dea incontrastata del canto.
Vi lascio il link e qui di seguito il testo.

Ah, non credea mirarti sì presto estinto, o fiore;
passasti al par d'amore, che un giorno sol durò.
Potria novel vigore il pianto mio recarti
ma ravvivar l'amore il pianto mio, ah nò, non può.

http://www.youtube.com/watch?v=VRhBY0X4sv8

giovedì 18 agosto 2011

My Life

Ultimamente in un periodo di enorme fragilità, mi capita di rivedere film vecchi, grazie alla programmazione sky per lo più.

"Lo sai che giorno è oggi?"
"No che giorno è?"
"E' il giorno zero"
"?"
"Oggi avrei dovuto morire, da qui in poi sono tutti giorni regalati"

Questo dialogo è uno di quelli che senza nessuna spiegazione si infilano nella tua memoria per anni e anni. Avevo visto questo film da bambino e mi aveva commosso un sacco; inutile dire che nel rivederlo mi stavo per mettere a piangere di nuovo.
Un uomo, oltrepassata la soglia dei quaranta, scopre di avere un tumore ai polmoni. Considerate le scoperte scientifice del tempo si rende conto di non avere più molto tempo a disposizione; nel frattempo sua moglie sta per avere un bambino. Allora gli viene un'idea geniale: decide di registrare su tante videocassette una serie di video dove si presenta al figlio che verrà: gli racconta la sua vita, come farsi la barba, come cucinare gli spaghetti, come presentarsi con le persone, come ha conosciuto la mamma.
E' un film semplice e pur con mille limiti ti sa strappare l'anima. Sono film sempre più rari ormai, in un cinema che tende solo a macinare incassi e a stupire con effetti speciali. Amo questo genere di film perchè sono film piccoli, fatti con cura, con amore, dove si sente la mano dedicata del regista a proporre un sentimento. Si vede e si percepisce quando la cura non è fine a se stessa ma è un atto incondizionato.
Cito una frase sopra tutte; nel cuore della notte il protagonista che non riesce quasi più nemmeno a camminare parla con il figlio neonato dicendogli che non ha certo voluto lui morire ma che:
"la morte è un modo drastico per capire la vita"

martedì 16 agosto 2011

L'amicizia nella Bibbia

Fra i temi più belli che scorrono nelle pagine della Bibbia sicuramente c'è quello dell'amicizia.
Ogni libro sapienziale non manca mai di rivolgersi a questo grande tema. Perchè si può anche nostro malgrado vivere una vita senza necessariamente trovare la nostra anima gemella, incontro che non dipende certamente da noi, ma a tutti è concesso vivere arrichendo i nostro giorni con l'insostituibile balsamo di un sorriso di un amico.
Vivere l'amore vero, quello tra un uomo e una donnna, per quando se ne dica, non dipende mai completamente da noi. L'eventualità che si venga ricambiati da un sentimento d'amore si verifica spesso di rado, e questo mancato incontro è causa di immensa sofferenza. Ma nessuno potrà mai dirsi non ricambiato da un sentimento di amicizia se questo è vissuto in maniera sincera. Nessuno al mondo potrà mai dirsi non amico, e nessuno potrà dire chi eleggerà suo amico.
Ho deciso di citare alcuni passi molto belli:

"Non lasciare il vecchio amico,
perchè quello nuovo non è uguale a lui.
L'amico nuovo è come il vino nuovo:
lo bevi con piacere quando è invecchiato".
Siracide (9;10,11)

"L'olio e il profumo raggrelano il cuore
e la dolcezza di un amico
consola l'anima"
Proverbi (27;9,10)

"Leali sono le ferite di un amico,
ingannevoli i baci di un nemico"
Proverbi (27;6,7)

"L'amico fedele è solido rifugio:
chi lo trova, trova un tesoro.
L'amico fedele non ha prezzo,
non c'è misura per il suo valore.
L'amico fedele è medicina che dà vita,
lo troveranno quanti temono il Signore.
Chi teme il Signore è cauto
nelle sue amicizie:
come è lui, tali saranno i suoi amici"
Siracide (6; 14,18)

"Prima di farti un amico mettilo
alla prova,
non confidarti subito con lui.
C'è chi è amico quando gli conviene,
ma non resiste nel giorno
della tua disgrazia.
C'è l'amico compagno dei banchetti,
che si dilegua nel giorno della tua disgrazia"
Siracide (6; 7,10)



domenica 14 agosto 2011

Salmo 88 - Preghiera dal profondo dell'angoscia

Come ho già accennato in un mio post precedente, in questi ultimi due mesi mi è venuta l'idea di leggere per intero la Bibbia da cima a fondo.
In questa settimana di vacanza mi sono dedicato ai libri sapienziali e anche se a costo di immensa fatica devo dire che l'esperienza si fa entusiasmante. La ricchezza di un testo che anche per un ateo sarebbe indiscutibile, si apre ad una miriade di spunti e credo che, se volessi davvero parlarne, mi servirebbe aprire un altro blog.
Anticipando che altri post saranno dedicati ai miei commenti sulla Bibbia per oggi ho deciso di riscrivere per intero uno dei salmi che più mi hanno colpito. L'intero testo, a partire dal libro di Giobbe, cade ripetutamente in una serie di antitesi, che pur sembrando contraddizioni, in realtà mettono in luce tutta la nostra condizione umana. In molti punti, si sente l'angoscia di chi pur seguendo ogni precetto imposto, pur non deviando mai dalla strada della rettitudine non trova mai la luce. Mai il sogno che avevamo sperato si realizzasse, mai la risposta alla nostre preghiere, mai la corrispondenza fra il desiderato e il reale. Al contrario, sulla strada degli empi (termine che la Bibbia ripete infinitamente) molto spesso non si riescono a contare i successi, coloro che compiono il male raggiungono i più alti traguardi, accumulano smisurate ricchezze. L'urlo e l'invocazione dell'uomo semplice diventa allora quasi un grido di rabbia, di supplica nei confronti di Dio.
E' un tema che angoscia fin dall'inizio dei tempi; un pensiero che ancora adesso non fa dormire la sera, non fa svegliare bene al mattino.

Salmo 88 - Preghiera dal profondo dell'angoscia

Signore, Dio della mia salvezza,
io grido aiuto giorno e notte davanti a te
Giunga al tuo cospetto la mia preghiera;
tendi il tuo orecchio al mio lamento,
perchè la mia anima è sazia di mali
e la mia vita è giunta agli inferi.
Io sono annoverato fra quelli
che scendono nella fossa,
sono come un uomo privo di vigore.
Fra i morti è la mia dimora,
come gli uccisi che giacciono nei sepolcri;
di essi tu non hai più alcun ricordo;
sono tagliati fuori, lontano
dalla tua mano.
Mi hai collocato nella fossa più profonda,
nelle tenebre e nelle profondità
dell'abisso,
Su di me si è abbattuto il tuo furore
e hai fatto venire su di me
tutti i tuoi flutti.
Hai allontanato da me i miei conoscenti,
mi hai reso abominevole per loro,
Sono un recluso, senza via di scampo.
I miei occhi si consumano di dolore;
ti invoco, Signore, ogni giorno
e tendo verso di te le mie palme
Forse tu compi prodigi per i morti?
O sorgono le ombre a celebrare
le tue lodi?
Si parlerà forse della tua bontà,
nel sepolcro?
O della tua fedeltà nel luogo
della distruzione?
Forse nelle tenebre si annunzieranno
le tue meraviglie?
O la tua giustizia, nella terra dell'oblio?
Ma io a te, Signore, grido aiuto
e al mattino la mia preghiera
ti viene incontro.
Perchè, Signore, respingi l'anima mia
e mi nascondi il tuo volto?
Io sono misero e agonizzante
fin dalla giovinezza;
porto il peso dei tuoi terrori, sono sfinito.
Sopra di me è passata la tua ira,
i tuoi spaventi mi hanno annientato;
mi avvolgono come acqua tutto il giorno;
tutti insieme si riversano su di me.
Hai allontanato da me amici e vicini,
miei conoscenti sono le tenebre.

venerdì 5 agosto 2011

Il Postino di Massimo Trosi e la mia prima poesia scritta da me medesimo

E' tempo di ferie e anche io sto per partire.
In un venerdì non molto piacevole , sconsolato e malinconico dedico questo post al me stesso di quindici anni fa, a com'ero rispetto a come sono adesso.
Il mio film del cuore rimane e rimarrà per sempre il Postino di Massimo Troisi. L'ho rivisto per la cinquantunesima volta qualche giorno fa e il l'impronta che ti lascia adosso è sempre la stessa.
I dialoghi con il poeta, la scoperta della poesia, l'immagine del microfono sul cielo stellato con cui il postino vuole registrare il suono "impossibile" del cielo della sua isola da spedire a Neruda, la passeggiata finale di Philip Noiret, interprete impeccabile del poeta con quei primi piani alternati alla finale sequenza drammatica. Sono immagini che rimangono scolpite nella memoria per sempre.
Inutile dire che alla fine del film mi convinsi ciecamente che avrei conquistato qualsiasi donna con la poesia, facendo mia la dichiarazione che Troisi fa a Neruda in una memorabile scena del film:
"Con la poesia posso far innamorare le donne"
ma più memorabile ancora
"La poesia non è di chi la scrive ma di chi gli serve!"
Così in tre notti scrissi la mia prima poesia per la mia compagna di classe.
Scoprii presto quanto fossero illusorie quelle leggi, ma la convinzione e l'innocenza con cui non dormii per scrivere questo testo ancora adesso mi commuovono profondamente.
QUindici anni fa non solo non esisteva facebook, ma non esisteva il cellulare, o per le meno ce l'avevano pochissimi adulti. BIsognava andare all'antica insomma.
Spero solo che da qualche parte nascosto in qualche stanzetta ci sia ancora qualche quindicenne convinto del potere dei versi, profondamente sicuro della possibilità di modificare la volontà di una donna grazie solo al suono di dolci parole.
Ho deciso di scriverla qui, tanto avevo sedici anni quindi tutto è perdonabile!
Buone vacanze a tutti!

Viola, rossa la volta
sassi di sabbia rapiti dal mare
sole che ansima luce
cade, cade nel fondo d'ignoto
Lei,
siede, guarda
fugge estasiata la mente
lei unica sente
lei, sola, al tutto appartiene
Dal silenzio travolta
tu creatura del mare
esprimi in sensi infiniti
quel dono che mi offre lo sguardo
ed io,
infimo aspetto,
spinto da forza nascosta,
m'apro sull'urlo del cuore:
fuochi di notti di stelli,
rivoli caldi,
flutti distorti,
speme, pace, scompare
...
io
sono
spirito
nuovo

martedì 2 agosto 2011

Come Dio comanda, un segno per tutti!

La nostra società è basata sull'idea del segno.
Egoisticamente ognuno di noi è teso a verificare in tutto quelle gli succede la mano divina.
Persino chi si professa ateo, ama definire l'intervento in mille modi diversi: la fortuna, il caso, la sfiga, gli dèi, la sorte, la dea bendata, la ruota che gira.
E' una visione abbastanza egoistica e ipocrita tipica della borghesia che ci contraddistingue: si tende ad evidenziare solo quello che succede a noi, i nostri incontri fortuiti, una telefonata che non ci si aspetta, una coincidenza imprevista. Come se tutto l'universo fosse solo un'enorme cornice dove al centro di tutto ci siamo noi e basta.
Questa discussione è emersa qualche sera fa al tavolo con amici e mi ha fatto a lungo pensare.
In uno dei migliori libri di Niccolò Ammaniti: "Come Dio Comanda" i protagonisti sono tutti convinti di inseguire per forza di cose la volontà divina, generando una serie di sventure e di atroci delitti.
In uno degli ultimi film di Woody Allen "Incontrerai la donna dei tuoi sogni" i protagonisti mettono in discussione la loro vita, le relazioni stabili che hanno da sempre per inseguire il proprio ideale di persona giusta. Quella che ci è stata assegnata dall'Altissimo, quella che da sola può donarci il senso dell'esistere. Le relazioni che hanno sono stabili e pur con mille difetti li hanno accompagnati con serenità ad un presente tutto sommato invidiabile. Eppure gettano all'aria tutto distruggendo completamente le loro vite e quel presente che tanto gli sembrava odioso.
Alle volte credo che sarebbe il caso di smettere di pensare che una forza misteriosa si preoccupi di ogni passo che facciamo, in fondo il mondo è fatto di quante? sette miliardi di persone? possibile che ci siamo sempre e solo noi al centro di tutto?
ma li vedete i commenti che la gente fa nelle loro pagine di facebook?  "ma cosa ho di sbagliato?" "l'universo ce l'ha con me" "Anche io ho diritto alla mia felicità" insomma basta con il protagonismo a tutti i costi. L'ideale borghese inculcatoci dal cinema americano di "vita assegnata" credo sia la ragione fondamentale di questo male di vivere che ci attanaglia ogni giorno.
Io per primo lo sento.

sabato 30 luglio 2011

CentoChiodi Ermanno Olmi

Non avevo mai visto questo film del maestro Olmi. Mi aveva sempre incuriosito il titolo e devo dire che è stata per me un'enorme sorpresa.
Un professore universitario stimatissimo da tutto il mondo accademico effettua una sortita notturna nella biblioteca di testi antichi dell'università, custodita da attenti e devoti prelati. L'immagine che ne scaturirà è una delle immagini cinematografiche più forti che mi sia capitato di vedere. Una metafora così intensa della sete di vivere da farmi accapponare la pelle. I manoscritti sono sparsi in tutta la biblioteca ed ognuno di essi è inchiodato al pavimento con un grosso chiodo di ferro. I libri crocifissi è un'idea che ti sconvolge e affascina allo stesso tempo e ti invita a pensare sul senso dell'arte e della vita riflessa.
Ci sono persone che trascorrono una vita intera senza leggere un solo libro, hanno negli occhi il piacere dei giorni senza necessariamente conoscere nulla di Shakespeare o Dante Alighieri. Il loro tempo è speso nella cura del loro lavoro e nell'amore per la loro famiglia. La loro esperienza etica si costruisce nei racconti dei padri, dei nonni. Ma soprattutto quello che dà senso profondo al loro tempo è il piacere sottile del vivere in comune, il bisogno costante di intessere relazioni da cui far emergere il sentimento di un'amicizia profonda.
Sono spesso affascinato dal vedere come grandissimi menti dopo una vita spesa nella ricerca artistica ad un certo punto si trovino "quasi" ad invidiare l'innocenza della gente semplice. Basti pensare a Pasolini e all'amore profondo che nutriva per la gente comune della periferia romana, fino a ricercarne i tratti per comporre la "pittura" di cui la sua opera cinematografica è intrisa. Persone che Pasolini considerava ancora immuni dalla perversione della cosiddetta cultura borghese.
In un fenomenale dialogo fra il protagonista del film " il professore che inchioda i libri" e il poliziotta che lo arresta; il primo chiede al secondo:
"Mi dica quanti libri ha letto nella sua vita?"
"Ma non saprei ... c'è tanto da fare"
"Almeno dieci?"
"Forse nemmeno..."
"Come giudica la sua vita?"
"Ma credo di essere stato fortunato, amo mia moglie e i miei figli..."
"Ebbene se guardo indietro la mia vita vedo solo una vita fatta di carta"
E poi quella frase che il professore pronuncia, quelle frasi che ti fanno alzare dal divano mentre stai guardando un film, quelle frasi per le quali pensi  che questo è un giorno da ricordare
.... Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico

lunedì 25 luglio 2011

La scuola di Atene e la vita autentica

Se a qualcuno di voi capitasse di andare almeno una volta a Roma nella vita; ho il mio personalissimo consiglio. Ognuno vi dirà cosa non potete assolutamente perdere. Premettendo che non mi considero un profondo conoscitore della città eterna, vi segnalo solo quello che mi ha sconcertato.
Nei musei vaticani, ad un certo punto, si arriva alle sale di Raffaello. E poi eccola lì, davanti a voi: la scuola di Atene. Un'opera talmente famosa che chiunque abbia fatto un liceo la conosce. Probabilmente molti l'avranno pure studiata alle medie. Eppure io non ricordavo il centro del quadro, non ne ricordavo il senso ultimo. Al centro Platone e Aristotele si sfidano: Platone indica il cielo, il luogo delle idee: avverte il compagno della supremazia dell'idea sul mondo. Aristotele indica la terra, la supremazia della realtà e della materia.
Guardate gli occhi dei due personaggi: ognuno è totalmente convinto della validità del suo pensiero, ognuno non ha negli occhi nemmeno un'ombra di dubbio. E' uno scontro eterno che invita tutti noi a fare una scelta.
Ho pensato che un quadro come quello ci mette di fronte alla necessità di una scelta. E' una scelta che ognuno di noi deve fare ad un certo punto della sua vita: cosa è più importante, cosa conta di più? Su cosa basare il percorso del nostro esistere? Cosa è autentico davvero ? Il lavoro, un lauto stipendio, una casa e una macchina che tutti potranno invidiarci, una modella brasiliana al nostro fianco che sta con noi perchè la conseguenza naturale del potere della materia; oppure qualcos'altro, qualcosa che non si può toccare che sta al di sopra di noi, nello spazio che Platone indica fermamente al compagno Aristotele.
Nel finale del film Somewhere di Sofia Coppola il protagonista, attore superquotato di Hollywood che conduce una vita dispendiosa e senza limiti, telefona alla sua compagna in lacrime, disperato e le dice questa frase devastante "Ci sono momenti in cui non mi sento nemmeno una persona".
Il vangelo di Matteo recita questa frase, non mi ricordo nemmeno se ve l'ho già citata; "Là dov'è il tuo tesoro, là sarà il tuo cuore": più alto è il tuo progetto, quello che tu consideri tesoro più tu sarai quel tesoro. Più tu convincerai te stesso a spingersi nello spazio indicato da Platone, più tu abiterai e sarai quella bellezza.
Bene direi che ho scritto abbastanza

giovedì 21 luglio 2011

La casta della politica ? La Bibbia risponde

E' da un mese che mi sono messo in testa di leggere la Bibbia. Non so se riuscirò nell'intento, ma i richiami nella vita quotidiana (dall'arte, al cinema alla letteratura) sono talmente vasti che non posso permettermi di finire questa vita senza averla letta nemmeno una volta !
Credo sia fra i libri che un persona debba leggere per conoscere quello che oggi chiamiamo Sapienza. La Sapienza intesa come lo strumento per discernere la strada giusta: quello che ci fa rendere questa vita autentica.
Quando sento sempre i soliti discorsi sulla casta della politica, quando la gente si lamenta di quello che prendono i politici, sulle loro pensioni, sui loro privilegi, mi verrebbe voglia di urlare loro: ma leggete quello che è scritto nella Bibbia: tutto questo l'abbiamo voluto e deciso noi e non si può pretendere che il mondo cambi all'improvviso, e che dal potere sia attratto esclusivamente l'uomo saggio.
Il profeta Samuele nel "Primo Libro di Samuele" è assillato dal popolo di Israele: anche loro vogliono e pretendono un re, come tutti i popoli intorno. Dio è amareggiato, profondamente: aveva sempre pensato che solo lui bastasse all'uomo, per lo meno a quello che lui ha deciso di eleggere fra la moltitudine dei popoli. Basterebbe che seguissero le sue di leggi, poi potrebbero fare tutto. Ed è proprio così quello che è scritto nella Bibbia : "in quel tempo non esisteva un re sul popolo di Israele, e ognuno faceva quello che più gli piaceva".
Allora Samuele concede tramite Dio al popolo un Re, ma li avverte sui privilegi che questo Re avrà su di loro, sentite quello che dice Samuele, poi vediamo se vi meraviglierete ancora:
"Questo sarà il diritto del re che regnerà su di voi: prenderà i vostri figli per farne degli addetti ai suoi carri e ai suoi cavalli (Auto blu?) e perchè corrano davanti al suo cocchio; se li costituirà capi di migliaia, di centinaia e di cinquantine, li destinerà ad arare i suoi campi e a mietere i suoi raccolti, a forgiare le sue armi e a costruire i suoi carri. (E ora sentite questa e ditemi se non vi ricorda qualcosa) Prenderà anche le vostre figlie come profumerie, cuoche e fornaie.
Si approprierà dei vostri campi, dei vigneti e degli oliveti migliori, per darli ai suoi ministri. Imporrà decime sulle vostre sementi e sulle vostre uve e le darà ai suoi ministri e ai suoi cortigiani.Prenderà ancora il meglio dei vostri servi e delle vostre serve, del vostre bestiame e dei vostri asini, destinandoli alle sue proprie opere (appalti?).
Vi imporrà la decima sul vostro gregge e diverrete suoi schiavi. Allora, in quel giorno, vi lamenterete a causa del re che vi siete voluti scegliere, ma proprio allora il Signore non vi darà retta"
E poi la Bibbia prosegue così:
Ma il popolo non volle ascoltare la voce di Samuele anzi disse (e sentite cosa disse) " No! Vi sia invece un Re su di noi!. Anche noi vogliamo essere come le altre nazioni, che il re ci governi,  vada alla nostra testa a combattere le nostre guerre".
Chi ha voluto questo sistema ?

giovedì 14 luglio 2011

Quer pasticciaccio brutto de via Merulana

I libri sono la mia passione.
Non ho mai ceduto alla tentazione di non finire un libro, anche quando questo si rivelasse difficile o impossibile da concludere. Persino quando mi coglieva la rabbia all'idea di doverlo aprire, di non poter leggere altro fino a che non l'avessi finito. Solo una volta ho chiuso il libro a metà, li libro era "viaggio al termine della notte", e ancora adesso mi pento fortemente di non averlo finito.
Sono riuscito con fatica immane a concludere la letture del Pasticciaccio. Impossibile da leggere credo per definizione. Un labirinto linguistico che non mi era mai capitato di dover intraprendere, non un viaggio ma un incubo letterario, un horror della lingua, una tortura per la mente. Eppure non mi pento di averlo finito: ci sono opere al di là del senso e della motivazione, al di là delle esigenze del commercio. Opere scritte per il gusto primario dell'arte e per l'amore della lingua. Sfide racchiuse in parole che affascinano e stordiscono. Il pasticciaccio è un romanzo che fa eco: eccheggia anche dopo l'ultima pagina, dopo lo stordimento c'è una sensazione di ammirazione, di arricchimento, di piena soddisfazione. Ci si chiede che tipo era Gadda, chissà cosa ci si sarebbe potuti raccontare attorno a un tavolo, di fronte a un bicchiere di vino. Ci sono persone la cui mente deflagrante è racchiusa viva in quello che hanno scritto e leggerli significa spogliarsi di ogni convinzione, di ogni legge della comprensione, di qualsiasi retorica.
Enorme.

domenica 26 giugno 2011

Milano Marittima - Papete

Se vi siete appena mollati con la vostra ragazza, se siete in cerca di un posto di lavoro da una vita, se quello che avete non vi soddisfa e non fate altro che litigare con il vostro capo, se la vita che speravate per voi non risulta ad oggi essersi per niente realizzata, se vi sentiti demoralizzati perchè delusi dagli amici, dai parenti, dai colleghi; insommma se il colore più rappresentativo dei vostri giorni in questo momento è il grigio; ebbene correte in pellegrinaggio in questo posto fantastico che io per primo non conoscevo.
Sembra una spiaggia come tutte le altre, a meno che non sia sabato sera. Bisogna aspettare le quattro e mezza, e i tre chioschi cominciano a popolarsi di strane figure: bellissime ragazze truccate pur essendo le quattro e mezza di pomeriggio, ragazzi talmente palestrati che non riescono nemmeno a piegare le braccia e camminare decentemente. Tutti che si guardano in giro in cerca di nuove prospettive, ognuno che sogna di trovare in quel luogo la distrazione che gli permetterà di carburare nella prossima schifosissima settimana che gli si presenta davanti.
Poi arrivano le cinque: i ballerini si posizionano sul palco, i deejay cominciano ad incitare la folla, la vocalist canta con una voce d'angelo.
Non si tratta della solita discoteca: i ballerini sono professionisti, e non sculettatori professionisti, la vocalist è una cantante formidabile e non una carampana che spesso nelle discoteche dalle mie parti mi è toccato ascoltare.
Ma la cosa più bella sono le persone intorno: tutti che ballano sulla spiaggia e saranno almeno cinquecento persone: chi sulla sabbia, chi sui lettini, sulle sdraio, innaffiati dallo spumante che ogni tanto arriva dall'alto. Insomma tre ore, tre ore piene di divertimento e voglia di non pensare a un cazzo.
Poi arriverà il lunedì ma c'è almeno la domenica per riprendersi.
Milano Marittima - Papete

martedì 14 giugno 2011

Terrence Malick - The tree of Life

Interrompo questo lunghissimo silenzio per parlarvi di un film che ho visto da poco.
Ultimamente sono molto stufo di quello che mi succede intorno: della musica, delle notizie che si accavallano, della gente che urla, tutto è assordante, frenetico, senza respiro.
Sento che ho bisogno di respirare, ho bisogno di silenzio, di accorgermi di essere ancora vivo.
L'arte non c'è più: la stessa musica serve per riempire l'aria dei centri commerciali, in modo da stordirti al punto tale che sei costretto solo a comprare, ti senti spinto, euforico a tutti i costi. Il cinema uguale, I pirati, Checco Zalone, X-Men l'inizio, X-men la fine, Fast and Furios, Transformers, che voglio dire va bene, perchè no? ma poi? poi senti che manca qualcosa: nelle canzoni che ascolti, nei libri che leggi, nei film che guardi vorresti tanto che qualacuno ti parlasse dentro; voglio dire che parlasse solo a te e non ad altri. Ti parlasse in maniera sincera, senza necessariamente fare l'occhiolino al videogioco che esce in contemporanea, alla collezione di pupazzetti che puoi trovare in edicola, all'Happy Meal dove magari ci trovi dentro Johnny Deep.
Insomma poi vado a vedere l'albero della vita e mi si apre il cuore in due.
La gente che sbuffa, alcuni che si alzano, e vedo il narratore che parla a me, solo a me perchè la gente vede venti minuti di immagini senza una parola, senza un senso apparente. Mi rendo conto di me stesso, delle mie mani che si aggrappono ai braccioli della poltrona. Sono consapevole di me stesso, non sono un'automa, il regista non mi lancia in faccia gente che urla, effetti speciali, musica assordante, stacchi repentini di inquadrature.Non c'è insomma nessuna preoccupazione da parte di chi sta dietro la macchina da presa di tenerci inchiodati all'immagine. Malick ci considera persone inteligenti, non da intrattenere ma da illuminare.
Di cosa parla questo film?
Dell'evoluzione sembrerebbe quasi all'inizio con quei venti minuti che dovremmo considerare come una visita nel museo del colore. Della morte, della vita, di Dio. Della famiglia, della figura del padre, dell'ingiustizia sociale. Quanto costa al protagonista del film la morale in ogni gesto? la rettitudine, il non deviare mai dal binario della giustizia quanto costa nella vita di un uomo?
Malick affascina e dà al cinema un senso nuovo, il senso della suggestione ad altro da sè. Cerca di parlare ad ognuno di noi senza usare storie semplici, senza un linguaggio scontato, senza il gusto per l'eccesso. Da rivedere.

giovedì 31 marzo 2011

Consigli utili per dimagrire

Dato che una delle mie passioni è diventata la palestra e il modellamento del corpo, mi sento in grado di dare dei buoni consigli a chi intenda dimagrire seriamente.

1) Non avere fretta di ottenere risultati. Prima di cominciare a buttarsi in mille sport, prima di iscriversi a mille corsi, prima di correre dal dietologo, è necessario domandarsi cosa si vuole veramente da se stessi. Bisogna partire da un obbiettivo, è necessario calcolarlo bene, averlo molto bene in mente. Voglio davvero continuare a pesare come peso adesso? Voglio davvero continuare a sentirmi così maledettamente pesante? Oppure no? Sun Tsu nell'arte della guerra scrive
"Il comandante saggio ama il proprio corpo e si nutre con cibi sani"
Continuare a ripeterselo come un mantra può essere il primo importante punto di partenza.
2) Abituarsi a mangiare meno e apprezzare il senso di fame. Quello che nessun dietologo ammeterà mai è che chi vuole dimagrire prima o poi dovrà fare i conti con quella sensazione che ci avvolge quando cominciamo a mangiare meno: la fame. E' molto facile illudersi che spendendo un sacco di soldi con diete sofisticate riusciremo a dimagrire senza soffrire. In realtà, se non sentite fame durante il giorno nemmeno una volta, significa solo una cosa: non dimagrirete mai amici miei. Bisogna riuscire a guardarla dritta negli occhi la fame e riuscire ad apprezzarne le virtù intrinseche. QUando abbiamo fame abbiamo maggiore consapevolezza di noi stessi, la testa comincia fare un po' male e sentiamo lo stomaco implorare pietà. Queste sensazioni ci aiutano a capire noi stessi, ad annullare per un attimo l'ego, quella parte di noi che antepone il nostro spirito a tutto quanto. Non è un caso che in tutte le religioni la fase della preghiera, nei periodo più importanti dell'anno, sia accompagnata dalla fase del digiuno. Avere fame rafforza la nostra volontà, ci aiuta a tener duro e  non considerare più nulla per scontato. 
3) Aiutiamoci col caffè quando a pranzo il nostro fisico è convinto di avere a disposizione ancora diverse portate per saziarsi. Ho mangiato solo un primo senza secondo, ho ancora fame; ho mangiato una insalata e ho ancora fame. Beviamo subito un caffè e il nostro corpo si convincerà di avere finito il pasto. La fame ci coglierà magari poi a metà pomeriggio, ma a quel punto la nostra mente sarà occupata dalle questioni lavorative. 
4) Abbuffatevi di insalate soprattutto a pranzo. Molti sostengono che sia necessario mangiare di più a pranzo e poco alla sera. In realtà il pranzo quando è consumato fuori casa è l'occasione per non cedere alla tentazione. E' molto difficile dire di no a tua madre quando ti ha preparato dei cannelloni a pranzo, idem quando si tratta di tua moglie. Mangiare fuori casa ti dà la possibilità di scegliere dove andare: magari consumare un'insalata veloce e occuparsi di altro durante la pausa pranzo: una buona lettura o una bella passeggiata.
5) Quando avete imparato a gestire la fame, potete cominciare a darvi allo sport. Non esagerate mai però, altrimenti il vostro fisico si stancherà presto. Abituatevi ad impegnarvi nell'attività fisica due volte a settimana, di modo che diventi una cosa normale, una dipendenza quasi. Cominciate con la corsa durante la bella stagione, o con la palestra d'inverno, ma siate costanti durante tutto l'anno.
Io ora peso meno di 58 kili e sono alto 1,71. L'anno scorso pesavo 67. E ho aumentato molto anche la mia massa magra.
Mettete in pratica questi consigli e poi mi direte!

mercoledì 9 marzo 2011

Limit - Frank Schatzing

Interrompo questo lunghissimo silenzio per parlarvi dell'ultimo libro che ho appena finito di leggerlo.
Solo leggerlo è un'impresa titanica, figuratevi scriverlo: 1325 pagine, un mostro di carta difficile da digerire ma che soddisfa la mente e la ricerca di creatività del lettore.
Basterebbe questo numero a descrivere il romanzo: 1325. Sto parlando di Limit, Schatzing l'autore. Un autore che ha sovvertito totalmente le regole del romanzo moderno. Come ha già scritto in altri post il limite del romanzo moderno è la preoccupazione costante, palpabile degli autori di mantenere desta l'attenzione del lettore in ogni modo possibile: sempre un colpo di scena, imprevisti, difficoltà, enigmi da settimana enigmistica, capitoli brevi, a volte brevissimi per far riposare gli occhi del lettore con una pagine bianca e illuderlo di procedere velocemente nella narrazione. Libri come la Biblioteca dei morti o il Simbolo Perduto di Dan Brown, sono romanzi scritti praticamente a tavolino, il Suggeritore per quanto intrigante esaspera in continuazione i toni da thriller, sforando spesso nello splatter e nel cattivo gusto.
Schatzing fonde  (come in Silenzio Assoluto e Il Quinto GIorno) tutti i temi: romanzo di fantascienza in primis, ma anche romanzo d'azione, romanzo romantico, romanzo psicologico, romanzo di formazione, giallo, horror. La fusione dei generi dà vita a capitoli lunghissimi, a volte contorti, fitti di nozionismi, di descrizioni estenuanti di astronavi, hotel sulla luna, costruzioni verosimili solo nel futuro, visioni delle metropoli fra venti, trent'anni. Schatzing se infischia delle regole del romanzo, a lui preme accompagnarci in visioni talmente complesse da non poter essere che vere, così affacinanti da farci credere di essere in altri mondi, in una dimenzione "altra".
La storia non ve la voglia nemmeno accennare, non è importante, ma se volete tuffarvi in una sfida che vi farà perdere la cognizione del tempo e dello spazio cominciate con la pagina numero 1, arrivara alla pagina 1.325 sarà un peccato davvero.

mercoledì 23 febbraio 2011

El Grinta

Mi ricordo continuamente la frase di Michael Cimino durante un intervista vista in televisione anni fa.
"Esistono solo due cose per le quali valga davvero la pena accendere l'occhio di una macchina da presa:
- Una montagna e un cavallo che corre"
El Grinta dei fratelli Coen non delude. Mi fa impazzire l'idea che un genere su cui nessuno avrebbe più puntato un centesimo in America, riviva in maniera così intensa nella pellicola di questo remake. Come avranno fatto a decidere di scegliere di riprendere questa storia nonostante lo scetticismo diffuso dei produttori? la voglia di credere in una storia a dispetto di tutto, mi fa pensare che finchè ci sarà voglia di raccontare senza aspettarsi per forza di essere compresi ci sarà speranza per il cinema.
I fratelli Coen sono il cinema, si respira sempre nei loro film il gusto corale della visione, della narrazione, dell'ambientazione. La mano del regista non tenta di dissimularsi ma si esterna nella scelta dei campi lunghi alternati a primi piani strettissimi, nella cura dei volti, delle espressioni, del carico espressivo dei silenzi. El Grinta è il cinema. Jeff Bridges contempla in un occhio solo un ventaglio di emozioni, Matt Damon fa vivere un personaggio tutto di un pezzo, sicuro e immutabile nella sua visione morale del mondo; la ragazzina è la forza trascinante di tutta la storia, il dirompere della volontà ad ottenere giustizia. L'importanza essenziale dell'attore, inteso non come maschera, ma come parte integrante della macchina cinematografica caratterizza da sempre il cinema dei Coen.
Anche qui dietro la scelta di un film di genere si celano i temi già noti: primo fra tutti il gusto della descrizione rituale della lotta, dello scontro fra l'uomo giusto e l'uomo votato al male.
Come dimenticare la frase di Jeff Bridges mentre spiega alla bambina come si fa ad affrontare sette uomini se si è da soli?
"Quando affronti sette uomini con decisione e forza, gli uomini dimenticano di essere in gruppo, ma si sentono soli di fronte alla valanga che li sta per travolgere"

domenica 20 febbraio 2011

Roberto Vecchioni Superstar

Vittoria direi. Dedico questo post a Roberto Vecchioni, tifato e sostenuto nel mio post precedente Fallisce il mio pronostico ma sono ben lieto di questo.
Risulta sorprendente che i figli dei reality vengano sopraffatti dalla potenza della canzone d'autore che è riuscita a spingere i voti verso il ritratto di un Italia che non vuole rassegnarsi a spengere il pensiero.
Vecchioni infatti in questa sua canzone non fa altro che accarezzare i più deboli, convincendo tutti che bisogna sempre credere in un domani più sereno. Come si fa a non alzarsi dalla sedia quando si sente una frase come "il bastardo che sta sempre al sole?". C'è tutta l'amarezza di chi si sente sconfortato nel vedere premiata costantemente l'Italia nel nostro paese. Fare un lavoro onesto, pagato il giusto, costruire una famiglia, raccolgiere un po' di amore intorno a sè (amore vero con condito a suon di euro) può risultare in certi momenti la scelta sbagliata, la scelta che uno non avrebbe mai dovuto fare. In certi momenti può contare di più l'apparenza, il gusto del vizio, l'egoismo, la furbizia. L'idea che per sopravvivere, per raggiungere il vertice del successo conti soli la misura della nostra spregiudicatezza.
Ebbene Con"Chiamami ancora amore" ripetuto un'infinità di volte Vecchioni ci urla la voglia di purezza che da qualche parte all'interno di ognuno di noi riposa sempre. Quella legge morale che non può essere spenta con la facilità con cui il mondo dell'economia, della politica, della televisione ci vuole tramsettere. La fiamma viva è sempre lì e i cantautori sono lì apposta per ribadirlo in continuazione.

mercoledì 16 febbraio 2011

Festival di Sanremo

Da quando ho coscienza di me stesso e ho sviluppato la capacità di fermare gli avvenimenti nei ricordi, sono assolutamente certo di non aver mai perso una prima puntata di SanRemo. Per quanto possa essere considerato anacronistico questo mio interesse, la ricorrenza è sempre stata rispettata. Il festival è una fotografia del mio paese in costante evoluzione, mi permette di capire, di incontare i cantanti di domani, di essere consapevole di quello che è cambiato. Mi ricordo l'anno in cui tra le nuove proposte si muoveva una incerta Laura Pausini, una spregiudicata Giorgia, un intenso Andrea Bocelli. Ho visto nascere tante stelle e ne ho viste altrettante spegnersi con dignità.
Quest'anno io sto dalla parte di Roberto Vecchioni. Tifo per lui anche se so perfettamente che la partita è già vinta dai bravissimi Modà con Emma: il televoto non lascia scampo.
Mi sconvolge vedere un uomo di sessantasei anni capace di interpretare un brano con una capacità che nessun altro è stato in grado di dimostrare. E' indubbio che un cantante abituato ai concerti dal vivo abbia sempre un passo in più, ma è pure chiaro come la capacità dei cantautori di cantare le parole si stia mano a mano spegnendo eVecchioni è uno degli ultimi leoni. Non è necessaria un'estensione di voce senza limite, non è necessario una bellezza accecante, una melodia complicata, un'orgia di strumenti e di assoli. E' l'uso della parola, l'abilità di parlarla, di inciderla come Vecchioni ha fatto con una semplicità sconvolgente. Una semplicità che solo lui riesce a dosare senza invadere mai lo spazio del banale, navigando a vele spiegate nell'emozione poetica.

giovedì 10 febbraio 2011

No work : too slow

Ciao a tutti;
oggi una notizia personalissima.
Un mio amico molto giovane, persona buona come io credo non potrò mai essere, nemmeno se avessi la possibilità di vivere la mia vita mille volte, ha avuto una notizia che mi ha sconcertato.
Definirlo bravo ragazzo sarebbe davvero riduttivo. Bravo in qualsiasi piccola attività mi sia capitato di vederlo. Dallo sport, all'impegno in cucina, alla volontà di aiutare gli amici, all'interesse per le parole degli altri, per la capacità di non invadere con la sua opinione quella degli altri.
Per farla breve, dopo due contratti a sei mesi lo lasciano a casa, dopo averlo per un anno illuso con la speranza golosa di un tempo indeterminato. Ciò che mi sconcerta però è il motivo.
Queste sono state le parole
"Sei un bravo ragazzo, proprio un bravo ragazzo. Però per noi non vai bene. Sei troppo lento"
Troppo lento,
troppo lento
troppo lento.
Ma che motivazione è ?
Io non l'ho mai visto lavorare, ma per una volta voglio dare un giudizio. Gli imprenditori di oggi sono persone spregiudicate, senza nessun interesse per il valore delle persone. Cosa c'è di più essenziale dei valori morali di una persona che lavora per te? Uno così non potrà tradirti, uno così starà a casa solo se è malato davvero, non cercherà mai di fregarti. Troppo lento è una motivazione che misura le persone in maniera deviata. Le persone nel mondo del lavoro si misurano fra troppo lente e troppo veloci. E' una ragione ridicola volta a cancellare l'illusione velatamente concessa all'inizio del contratto.
Ve lo dice uno che lavora come figlio di un imprenditore che va in giro a cercare clienti perchè vuole confermare l'ultimo contratto a tempo determinato che la nostra azienda ha sottoscritto. Io lavoro per consegnare un futuro a chi lavora per me che ho sempre considerato come un collega. Senza di loro noi non saremmo niente.
A questa gente io dico solo vergogna.
Non c'è legge contro il precariato che saprà cambiare il modo di pensare nella gente. Guarire le coscienze è l'unico sistema per distruggere la ricerca di ricchezza a scapito degli altri.

martedì 8 febbraio 2011

A come Amicizia

Fantastico week-end in montagna!
partenza dubbia, molto dubbia sabato
la casa del mio amico si presentava dalla descrizione ricevuta inadatta ad accogliere sei persone. Sei persone da suddividere poi nel seguente modo:
3 in un letto
2 in un altro letto
1 in un letto.
Ovviamente a me è toccato quello in tre.
Nessuna forma di riscaldamento tradizionale, l'unica cosa che trasmetteva calore in tutta la casa era una piccola stufa a legna che ha prodotti risultati esclusivamente dopo due ore dal nostro arrivo, lasicandoci in balia del gelo e delle nostre pizze raccattate dalla pizzeria del centro.
Eppure...
erano anni che non ci riunivamo tutti e sei presso lo stesso focolare, in un modo poi desueto, senza riscaldamento, senza televisione, senza distrazioni. Solo noi. A dormire con il fuoco che scoppiettava e senza riuscire a dormire !
l'amicizia la senti tutta in quei momenti lì.
Il valore di quel sentimento che non conosce interessi e gelosie e che soprattutto è capace di sopravvivere a tutto. Non c'è ragione perchè tutti noi ci siamo eletti così intimi da condividere una notte in un modo così speciale, eppure è successo, ed è un vero miracolo.
L'amicizia è la mia ragione di vita, la più sincera e la più preziosa.

sabato 5 febbraio 2011

Rileggersi - Paga e sarai pubblicato

Oggi rileggevo i miei vecchi racconti: quelli che ho scritto fra i miei 20 e 30 anni, 87 pagine in tutte. Ognuno di questi racconti ha un'età, ad ognuno infatti ho associato gli anni che avevo quando li ho scritti.
Fra questi una sceneggiatura cinematografica di un film mai finito e un racconto epistolare.
Penso ai tentativi che ho fatto per pubblicarlo, alle case editrici a pagamento che si sono offerte per la pubblicazione, richiedendomi un appoggio economico per contribuire alla pubblicazione. Tutte fandonie. Non accettate mai di pubblicare il romanzo a vostre spese, a meno che la casa editrice possa contare su un canale di distribuzione effettivo. Di tutte le case editrici a pagamento che si sono offerte con cifre fra i 600 e i 2.000 euro non c'era nessuna che avesse un titolo disponibile in una qualsiasi libreria. Come si può pensare di recuperare del denaro se non si è in grado di appoggiarsi ad un canale distributivo?
Ripenso a quanta gente ha riletto con effettivo interesse le mie pagine: forse uno.
Un mio amico per il quale tutto quello che scrivo ha effettivo valore, alle volte credo di scrivere perchè a lui interessa davvero.
Molta gente come me si scoraggia e smette di scrivere perchè la possibilità di pubblicare non arriverà mai, e magari non per colpa delle case editrici ma anche per limiti effettivi nostri: per non essere capaci di scrivere qualcosa di valido, per non essere in grado di intessere una rete di conoscenze significativa.
Eppure vale sempre la pena tentare, continuare a farlo, perchè la vita è talmente lunga in fondo che l'occasione prima o poi può sempre arrivare.