sabato 25 gennaio 2014

Breaking Bad e Sigmund Freud

E' interessante vedere come certe cose che facciamo si colleghino misteriosamente. 
Sto finendo di leggere Totem e Tabù di Freud e contemporaneamente ho iniziato a vedere la serie televisiva superosannata da tutti: Breaking Bad. Bisogna dire che viene osannata totalmente a ragione. 
Qual è il confine? si chiede Walter White. Qual è il confine fra bene e male? Fra ciò che è giusto e ciò che consideriamo sbagliato? 
S. Freud in questa disanima lucida ci prova a dare un' opinione. Cerca di farsi strada fra bene e male un po' come fa Walter White nel palcoscenico della realtà. L'uomo era in origine dominato dall'istinto: pulsioni che non poteva fare altro che assecondare. Solo il più forte forse, il maschio dominante l'aveva vinta sul resto della popolazione. Poi arrivano i Totem. La prima assoluta forma di religione che nella storia dell'umanità imbriglia la rabbia animale dell'essere umano in leggi precise. L'uomo capisce che non può esserci progresso, senza porre dei limiti all'istinto. A quello che oggi forse chiamiamo male. La specie ne giova se poniamo delle leggi. Ma dei divieti non bastano e allora nascono i demoni. Proiezioni della parte animale che l'uomo getta all'esterno. Se fai questo, se fai quell'altro, allora un demone cattivo ti stritolerà in eterno. 
Walter White sperimenta la progressiva liberazione dei lacci morali che gli impediscono di vivere. Frustrato da ogni genere di vessazione, privato della speranza, cambia le regole del gioco, decidendo che ciò che fin un attimo prima era male può diventare forse non bene, ma magari l'unica strada possibile. 
Ora uno si chiede dove bisogna cercare il male? Cos'è il male se non quello che nascondiamo dentro di noi?

domenica 19 gennaio 2014

Tutto sommato qualcosa mi ricordo. Gigi Proietti


Gigi Proietti è un attore che ha accompagnato la mia adolescenza. E' sempre stata una figura di padre un po' sui generis che mi ha sempre affascinato moltissimo. In televisione ho visto tutti i suoi sceneggiati: "un figlio a metà", "Italian Restaurant" e ovviamente "Il maresciallo Rocca".  Un regalo che ho molto apprezzato questo Natale è stata la sua biografia: "Tutto sommato qualcosa mi ricordo". Gigi Proietti racconta la sua vita approfittando di questa opportunità per porre una lente importante sulla vita dell'attore. Una vera e propria lezione di teatro che dimostra tutto il suo amore per questa forma d'arte così poco considerata nell'epoca in cui viviamo. Proietti è stato uno dei pochi attori capace di rielaborare la sua lunga  esperienza di teatro sperimentale, allo scopo di inventare nuovi strumenti capaci di avvicinare il pubblico a un nuovo linguaggio. Proietti abbandona la torre di avorio degli attori contrapposti al teatro tradizionale per amalgamare le due scuole e costruire un nuovo teatro. Quello più vicino alla gente. 
Al liceo mi sono innamorato del teatro sperimentale, una vera passione: il linguaggio del corpo, l'uso della voce libera dai vincoli della dizione e del significato proprio delle parole, la libertà del montaggio, la costruzione dei personaggi. 
Bisognerebbe rivederlo il suo spettacolo: "A me gli occhi please". Credo che insieme al "Mistero Buffo" di Fo, Gigi Proietti abbia meritato un posto di primo piano nella storia della nostra cultura. Nel vederlo oggi la sua forza rimane intatta. 
Gigi Proietti è una brava persona, mai polemica, mai in contrasto, un soldato al servizio della sua passione e del suo amore verso un modo di concepire l'arte. Una concezione aperta al nuovo e pronta ad avvicinare i giovani a questo difficile mestiere. Una bellissima biografia. 

giovedì 16 gennaio 2014

Il più bel film sulle donne: Tutto su mia madre.


Ecco un altro film sepolto nella mia mente. Che bello rivedere i film che hanno significato tanto, diversi anni dopo. 
Se dovessi scegliere un regista capace di descrivere le donne meglio di chiunque altro sceglierei sicuramente Almodòvar. Questo è un film dove è quasi impossibile non piangere. Non tanto per quello che succede, perché elencare una serie di disgrazie che accadono a un protagonista non basta per colpire l'animo dello spettatore. Sono le reazioni dei personaggi alle difficoltà della vita a impressionare. E' quello che divide un capolavoro da un film di genere. 
La protagonista di Tutto su mia madre è una donna che non va mai oltre i problemi degli altri. Non si scoraggia, e ha il coraggio di reinventarsi. Non lascia nulla di intentato per ricomporre i pezzi della sua identità. Colpita dalla morte del figlio si mette alla ricerca del padre, compiendo un viaggio che la porterà a costruire un'altra se stessa. Manuela come ho già detto è una donna che non va mai oltre. Incontrerà persone con paure, problemi, drammi. Donne ingannate dal mondo le cui sofferenze la protagonista carica su di sè pur rappresentando un estranea. E' impossibile girare la testa da un'altra parte quando la storia di qualcun altro diventa la tua storia. Farsene carico lo richiede la nostra natura di essere umani, ma quasi mai è facile. Io stesso mi dichiaro uno di quelli che cerca di chiudere gli occhi per non farsi troppo coinvolgere. Le donne hanno un altro coraggio, c'è poco da fare. Questa è la canzone del film, quando parte la musica, mi sembra di vederlo il coraggio della protagonista, incurante del male del mondo, prosegue dritta, senza intoppi o stupidi ripensamenti. 

http://www.youtube.com/watch?v=BEZuEalqbD4

mercoledì 15 gennaio 2014

Cloud Atlas

Ho scritto praticamente un post per ognuno dei film di fantascienza che ho visto. Non posso esimermi dal farlo anche questa volta. Cloud Atlas è un film di proiezioni multitemporali. Storie che c'entrano con la fantascienza solo fino a un certo punto. 
Nel mondo ogni tanto ci pare che non sia possibile fare niente. A quanti succede? penso a chiunque. Non posso diventare primario, non posso diventare notaio. I politici continueranno a fare i loro interessi. I ricchi continueranno ad arricchirsi. La terra continuerà ad essere maltrattata. Dalla crisi non usciremo mai. Siamo in troppi, siamo destinati a collassare. Ordini precostituiti contro i quali pare nulla sia possibile. 
Sei storie alternate in epoche diverse, con i personaggi che si ripetono in ipotetiche vite reincarnate. I buoni e i cattivi. Pare che nulla sia possibile, eppure ci sarà sempre qualcuno disposto ad andare contro. Ci sono forze che dicono no. E non possono essere spente da nessuna autorità precostituita. Non si tratta di rabbia, di contestazione, di violenza. C'entra più con la speranza. 

lunedì 13 gennaio 2014

La verità sul caso Harry Quebert.

Dopo qualche settimana ho finito questo giallo mozzafiato. Mozzafiato perché il fiato te lo mozza sul serio. Non si capisce mai cosa succede, i colpi di scena si moltiplicano continuamente, il colpevole potrebbe essere chiunque. L'autore conosce tutti gli ingredienti del giallo, ma, come i grandi giallisti, riesce a reinventarlo. E' un autore giovanissimo, già incensato dal mondo come caso editoriale dell'anno. Vorrei ricordare che ha cinque anni meno di me. E' dell'85 e io, ahimè, sono dell'80. Comunque voglio provare a riassumente i punti forti di questo romanzo, cercando di rubare un po' dello stile dell'autore, così essenziale e fulminante: 
1) Questo romanzo ricorda un po' altri due romanzi: Uomini che odiano le donne e il Cane di Terracotta. Due romanzi che lavorano nel passato, l'omicidio non avviene nell'oggi, ma il caso si perde nel passato, e nessuno fino ad ora è stato capace di risolverlo. Ci piace riannodare i fili del passato, un mistero passato è ancora più difficile da sbrogliare e l'autore ci si tuffa come un sommozzatore esperto. 
2) Questo romanzo non è solo un giallo. E' anche un romanzo sui libri, sul mestiere di scrivere. Pur esagerando sui concetti di fama, denaro, successo, associati alla vita di scrittore, gli aspetti legati alla bellezza dello scrivere sono i più riusciti. Scrivere è un atto che sa suscitare grandi emozioni in chiunque. E' una dimensione che affascina e che affascinerà sempre, ma è anche una fatica, un lavoro, un'esposizione ai flussi della realtà che richiede attenzione e forza d'animo. Bisogna essere convinti, non perdersi, perché si arriva a un punto in cui uno si chiede cosa sto facendo, sto facendo pena. Faulkner diceva che chi scrive deve sentire sulla carta il rischio del fallimento. E' questo il coraggio che ci vuole per arrivare all'ultima pagina. 
3) Questo romanzo è anche un romanzo d'amore. Quegli amori impossibili che tutti sono solo capaci di violare con le loro convinzioni e falsi moralismi. Ci sono regole che l'amore sa demolire, che la ragione non riesce a rispettare. L'amore abolisce quei limiti che vogliamo imporci, e una cosa che sembra assurda diventa comprensibile se sappiamo entrare con rispetto nelle storie degli altri. 
4) Questo romanzo va a tempo di musica. L'autore non si parla mai addosso, ma dà totale precedenza alla storia. Non ci sono tempi in cui la scrittura si annoda su stessa, tutto è sacrificato ai tempi della rappresentazione. I dialoghi serrati, le descrizioni limitate ma precise, gli avvenimenti esposti con cura ma mai allungati nel brodo. Dicker dice tanto ma quel tanto è detto con le parole necessarie, non una di più. Tanto che alla fine di questo labirinto infinito un po' ci dispiace arrivare alla fine. Come si dice nel romanzo "Un bel libro è un libro che dispiace aver finito". 

lunedì 6 gennaio 2014

Puccini è la musica degli innamorati.


Qualche giorno fa ho rivisto il film di Barbara Streisand "L'amore ha due facce". Non so quante volte l'ho visto. So solo che tempo fa l'ho citato fra le 5 scene d'amore più belle nella storia del cinema. Lo so, non è fra i suoi migliori, molti diranno, eppure io adoro quel film, non ci posso proprio fare niente. 
Ad un certo punto la Streisand, che è una professoressa di filosofia, fa tutta una disanima lunghissima sull'amore. Dice una cosa bellissima: 
"Quando ci innamoriamo sentiamo la musica di Puccini nella testa". 
E' sempre quello che ho pensato anche io. O meglio, lo pensavo, ma non trovavo le parole giuste per descriverlo. Non sono un musicologo, ho solo studiato violino per undici anni senza arrivare a nulla. Ho studiato canto lirico per due, abbandonandolo dopo aver compreso di non esservi poi così portato. Sono uno che appiccica delle sensazioni sulla carta per sentirsi vivo. Si scrive per cercare di trasformare le proprie esperienze, per elaborarle, illudendoci di lasciare un piccolo passaggio su questa terra. 
Amo la lirica, fin da bambino. Tutto qui. E dico quello che mi viene. 
Qualche giorno fa ho ascoltato il trittico di Puccini. Mi era sempre sfuggito, forse perché ero convinto stupidamente che appartenesse a un Puccini minore. Quanto mi sbagliavo. C'è sempre quel crescendo a un certo punto, come dire, forse c'entra qualcosa con il tempo dell'amore. Quando due innamorati si cantano il loro amore sapendo che la loro vita è giunta al termine, quel pregare qualcuno di acconsentire a un amore impossibile, quel cercare di ricongiungersi con l'oggetto del proprio sentimento contro ogni natura e contro ogni impedimento. L'uso continuo dei diminutivi nei libretti non è casuale, voglio dire, quando i personaggi delle sue opere esprimono il loro amore, tornano bambini, tornano a quello stato irrazionale tipico delle persone innamorate, e la sua musica è l'unica capace di centrare in pieno quello stato di estasi. Il tempo si ferma, la musica rallenta, si arriva a un attimo che si dilata all'infinito. L'amore non ha prima e non ha dopo. Ed è un po' così nella musica di Puccini.

venerdì 3 gennaio 2014

Francesco Sole

Da qualche tempo mi sto fissando con i video di youtube. 
Quelli fatti da ragazzi molto più giovani di me. Quando sei un bambino pensi che puoi fare qualsiasi cosa: il calciatore, l'astronauta, il pilota, lo scrittore ... insomma potenzialmente sei qualsiasi cosa. 
Prima è stato il turno dei calciatori. Non che abbia mai nutrito la volontà di diventarlo ma, alla fine, i calciatori hanno cominciato ad avere la mia età, poi a diventare sempre più giovani. Ora sta diventando il turno degli scrittori, peccato che si tratti del mio sogno. Come un pazzo prendo i libri e nei risvolti di copertina leggo l'anno di nascita. Prima Paolo Giordano, poi Silvia Avallone, gente che ce l'ha fatta. Più giovani di me. Quando invecchi, anche i tuoi sogni cominciano ad invecchiare, a sbiadire. Cominci a non crederci più. Però io vado comunque avanti. 
Perchè questa premessa? La rete sta dando una possibilità un po' a tutti. E tanta gente è riuscita ad emergere anche grazie a questo canale, che una chance te la dà sempre. Mi piace molto questo nuovo personaggio, forse perché ha il mio stesso accento, e perché ha un modo scanzonato di muoversi, di presentarsi. Ha qualcosa di nuovo. Mi sono innamorato del video che ha fatto su Facebook, mi sono rivisto un sacco. Certo ho una grande invidia verso di lui: è bello, è già famoso, potrà scrivere libri, sedersi sulla poltrona di Fabio Fazio e vendere tanti libri. Però è bravo. E' divertente. Bisogna ammetterlo. Sulla rete si è scatenato un putiferio su questo personaggio, rabbia che trovo ingiustificata. Possiamo conoscere chiunque, ma conoscere è già un primo passo per tentare di emergere. Non basta essere bravi, ma bisogna sapersi vendere. Le conoscenze sono solo uno strumento come un altro. Le grandi aziende sfruttano le loro strategie di marketing sulle conoscenze dei loro manager. Quindi non ci vedo niente di male. Questo video può essere copiato da qualcun altro, da un video francese come tutti dicono, ma l'arte è reinvenzione, lo sanno tutti. "Siamo nani sulle spalle dei giganti" diceva qualcuno. Allora dovremmo andare da Tolkien e bacchettarlo per aver copiato la saga dei Nibelunghi di Wagner? 
Questo video è bellissimo. Provare per credere. Sarà che mi ci sono rivisto così tanto, nudo con tutte le mie illusioni. 
Un augurio a questo ragazzo e chissenefrega di tutte le critiche. Bravo a Francesco Sole.