venerdì 30 dicembre 2011

10 motivi per essere single

Ormai sono più di nove mesi che sono single.
In questa fine dell'anno faccio un piccolo sfogo, mi perdoneranno le donne, ma comincio a pensare a buone ragioni per essere single. Considerato che in questo periodo sono stato preso in giro da diverse ragazze, e questo solo per dire che una volta erano gli uomini a prendere in giro le donne, che una volta erano gli uomini che volevano solo divertirsi, ebbene sto ragionando sul piano motivazionale riguardo al mio stato. L'altro giorno ero a pranzo e ho assistito ad un litigio di coppia che, come un vaso di Pandora, ha fatto venire a galla tutti gli scontri che ho avuto da accoppiato. Eccole quindi le buone ragione per essere single
1) Non dover per forza placcare ogni cameriere in un ristorante per chiedere un posto libero, o per chiedere il tempo necessario a vederne uno libero "Allora chiedi o no a qualcuno o devo sempre fare tutto io?"
2) Non litigare con qualcuno che magari non ti ha visto e quel posto libero l'ha occupato prima di te "Hai visto quello si è seduto al nostro tavolo e tu non hai fatto niente, ma fatti valere un po' cribbio!"
3) Non implorare al cameriere di fermarsi a prendere le vostre ordinazioni dopo che sono ben cinque minuti che aspetti qualcuno che prenda l'ordinazione "Fatti vedere no? Fatti vedere! Se no non mangiamo più"
4) Non chiedere di cambiare un piatto perchè troppo freddo, troppo crudo, troppo pieno di salsa, senza salsa, troppo scotto, troppo amaro, troppo dolce, troppo secco, troppo insipido, troppo e basta
5) Arrivare in un centro commerciale e scegliere il posto macchina più lontano dall'ingresso semplicemente perchè più comodo e perchè nessuno lì rischia di colpirti la macchina con un carrello. "Ma dove parcheggi? non vedi che ho i tacchi? O la metti vicina o io non scendo dalla macchina" ";a amore ma se poi giriamo due ore nel centro negozio per negozio, com'è che lì i tacchi non ti fanno male?" - e che cazzo
6) Semplicemente essere libero di girare la macchina e andarsene da quel centro commerciale pieno di macchine, perchè chissenefrega se oggi non ci entriamo! "Per forza non chiedi, guarda quella coppia che cammina chiedi se hanno la macchina vicina ! chiedi no, gira qui, ecco dovevi girare lì! No più avanti, nel settore rosso! Nel settore blu dovevi andare! ancora non lo sai?
7) Non essere costretto ad uscire con coppie che non conosci e che dopo che hai conosciuto ti stanno talmente sui maroni che vorresti essere lontano anni luce
8) Non essere costretto a giustificarti per il fatto di avere degli amici cazzoni, ok sono cazzoni e allora? Io vorrò sempre bene a questi cazzoni va bene?
9) Non vedere Step Up 1, 2,3, Twlighit, Eclipse, non dover ballare per forza latino americano perchè la Mary e la Susy, con Mirko a Mango sono bravissimi e io voglio imparare ed essere più bravi di loro
10) Non vedere qualcuno che la quindicesima volta in quindici giorni ti sale in macchina e ti dice che ha litigato con i suoi, con la sua migliore amica, con sua zia, con sua nonna, e non dover dire sempre "Amore mi dispiace" e non sentirsi dire "Sai dire solo mi dispiace! Non mi capisci, non mi comprendi, non mi stai vicino!" poi dopo sei mesi avere un influenza con 40 gradi, non poter uscire e sentirsi questa volta dire "Ma stai sempre male????"

martedì 20 dicembre 2011

Midnight in Paris

I tempi pare davvero stiano cambiando. I cinepanettoni nel loro weekend di uscita hanno registrato dati imbarazzanti, e fino a settimana scorsa il film di Woody Allen era primo nella classifica del box office italiano. Forse davvero la gente ha voglia di sentirsi considerata più intelligente?
Chi segue (c'è qualcuno che segue vero?) i miei post sa quanto adoro Woody Allen! E questo film non ha per nulla smentito le mie aspettative. L'inizio ricorda moltissimo Manhattan.Un overture che è un inno alla città di Parigi, come la musica di Gershwin lo era stata per New York. E' qui che capiamo subito chi è il vero protagonista del film: la città. Solo Allen sa rendere così protagonista una città anche se non la conosciamo, anche se non ci siamo mai stati. E' il caleidoscopio, la girandola attorno alla quale il protagonista decide di rifugiarsi alla ricerca della sua vera identità. Consiglio a tutti di non leggere nessuna recensione e di tentare di immergersi completamente nella bizzarra avventura di Owen Wilson.
Come al solito nemmeno io voglio dirvi nulla riguardo alla trama se non offrivi una particolare emozione.
E' così indifeso il protagonista di questo film e come sono affascinanti le persone che inseguono i loro sogni senza mai realizzarli. Come è innamorato della vita mentre percorre l'assurdità delle sue azioni; ogni istante, ogni visione, ogni segmento della città sono tanti miracoli che non possiamo che accettare.
Woody Allen sembra dirci insomma che non importa in quale epoca viviamo, quale sogno stiamo rincorrendo o quale ambizione speriamo di toccare: non conta il successo, il denaro, la cultura e l'arte fine a se stessa. Niente ti può donare un'emozione più forte del passeggiare fianco a fianco a una donna per le strade di Parigi, magari sotto la pioggia, e chissenefrega di tutti i problemi poi, dei giudizi degli altri o degli impegni irrevocabili che abbiamo contratto. Guardate la faccia di Owen Wilsion quando passeggia con le tre donne che popolano la sua vita e ditemi se un po' di pelle d'oca non si è fatta strada sulla pelle, dentro a un cinema sotto Natale.

domenica 18 dicembre 2011

American Beauty - discorso del sacchetto

Credo che per molta gente sia più saggio rivedere vecchi film che tentare di vederne di nuovi rimanendo costantemente delusi. Mille storie, mille volti, mille lacrime, mille risate. Ma poi alla fine cosa resta? Cosa resta di tutte le pagine che leggiamo, delle storie che ci raccontano in televisione, delle canzoni che ci invadono ogni secondo di vita?
Nel film di Federico Fellini "Prove d'Orchestra" una musicista racconta che una volta un bimbo riuscì a farle una domanda bellissima: "Signora, ma dove va la musica quando finisce?"
Molte immagini ti rimangono nel cuore soprattutto perchè legate a un preciso periodo storico della vita, in particolare dell'adolescenza, faro primario di tutto il percorso che seguiremo in futuro. Ho rivisto American Beauty e quando è arrivata la scena del sacchetto che vola mi stavo mettendo a piangere di nuovo. La conosciamo tutti quella scena: un ragazzo spiega alla sua nuova ragazza un filmato che ha girato tempo fa: un sacchetto che vola nell'aria danzando figure bellissime per quindici minuti. Sono queste le cose che ti rimangono addosso, i veri tatuaggi del cuore: un monologo di una persona che racconta quanto è bello e straziante vedere un sacchetto che vola. "Alle volte c'è tanta bellezza nel mondo che sento il cuore franare, da non riuscire a sopportarla". Una forza benevola che sembra volerci proteggere e dire che nulla è sbagliato, nulla è per caso, che ci urla di non preoccuparci, di non accapigliarci, di non disperare mai.
Mai.



domenica 11 dicembre 2011

Paesaggi in Pessoa

Credo che la frase più bella che ho letto quest'anno sia nel libro che ho iniziato a citare nel post precedente. Il protagonista del libro, vive nella sensazione perenne che nulla accada nella sua vita. Nulla vale la pena fare perchè già nel fare c'è il presentimento che a nulla serva nulla. Gli manca la forza per determinarsi nel mondo, per uscire dalla routine che gli stritola il corpo e l'anima. E' l'ombra che accompagna costantemente il fare di molti di noi. Chi non riesce a trovare un lavoro più dignitoso per la sua persona. L'impossibilità di essere appagati perché anche quando ci sembra di essere appagati qualcosa manca e la meta è sempre un po' più in là. E perfino quando ci sembra di essere indaffarati, persi nella rutilante atmosfera di un impegno senza sosta, il tedio ci assale perché non c'è azione che soddisfi il bisogno dell'anima. In tutto il libro c'è solo una luce che allevia le sofferenze del protagonista, una mano che tende verso di lui, citata in continuazione: il potere dell'immaginazione. La forza del sogno, del vivere una vita che non esiste ma che alle volte è più reale della realtà. E' in noi che i paesaggi hanno paesaggio: una frase di cui mi sono innamorato al punto da ricopiare qui il passo da cui è tratta:

Viaggiare? Per viaggiare basta esistere. passo di giorno come di stazione in stazione, nel treno del mio corpo, o del mio destino, affacciato sulle strade e sulle piazze, sui gesti e sui volti, sempre uguali e diversi come in fondo sono i paesaggi. 
Se immagino vedo. Che altro faccio se viaggio? Soltanto l'estrema debolezza dell'immaginazione giustifica che ci si debba muovere per sentire. In realtà il capo del mondo, come il suo inizio, è il nostro concetto di mondo. E' in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo come vedo gli altri.
La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo. 

giovedì 8 dicembre 2011

Fernando Pessoa "Il libro dell'inquietudine"

Nomino questo libro la sopresa più grande di quest'anno. Mi hanno sempre impressionato i gesti delle persone quando entrano in libreria e cercano un libro; non parlo di quelle che entrano con già in testa un titolo preciso. Solitamente queste ultime si dividono in due categorie: quelle che cercano il best seller in classifica e quelle che vogliono un autore misconosciuto che la negoziante è costretta ad ordinare. Quelli con i titoli in testa non si guardano neppure in torno, sanno già quello che vogliono, sicuri e certi e privi di dubbio alcuno.
Poi ci sono i cercatori come me, quelli che disperatamente cercano qualcosa che parli a loro, delle righe che li possano risvegliare da un torpore, donare loro una speranza, e far sì che si sentano meno soli. Siamo dei viaggiatori tra parole che ci offrano un balsamo all'inquietudine che ci trasciniamo dentro. Noi ci muoviamo insicuri fra gli scaffali, con il braccio sospeso, rimaniamo ore persi nei labirinti costruiti nelle pagine infiniti. Leggiamo i risvolti di copertina, curiamo lo spessore della copertina, ci lasciamo sedurre dal colore delle copertine, ma siamo in cammino verso un sorriso che splenda solo e soltano per noi.
Qualche giorno fa ho trovato questo libro che ho letto avidamente:"Il libro dell'inquietudine" di Fernando Pessoa. E' un libro dove non accade nulla, ma dove i fatti sono le impressioni di un'anima. Il protagonista di nome Soares è un contabile, costui è semplicemente un uomo che "guarda alla finestra" perduto nelle congetture di una vita vuota ma che non ha la forza e la voglia di riempire. Deluso ma soddisfatto delle sue delusioni, triste ma deliziato della sua tristezza, sofferente ma goloso di tutta questa sofferenza. Apatico, muto, si trascina nei giorni scavando dentro di sè le impressioni che si costruisce giorno per giorno osservando il mondo "visto" attraverso le lenti del suo sentire. Ne parlerò in altri post, riportando alcuni pessaggi ma per ora mi fermo qui.

giovedì 1 dicembre 2011

Fabio Volo - le prime luci del mattino

" I libri migliori sono quelli che ci dicono quel che già sappiamo".
Questa è una delle più belle frasi che mi sono cucito in questi anni. E' stata scritta da Orwell in 1984 e molti la ricorderanno. Ho voluto citarla perchè credo sia fin troppo facile liquidare Fabio come un fenomeno mediatico, il cui successo letterario è dovuto esclusivamente alla sua notorietà e alla banalità con cui scrive.
Ho conosciuto Fabio Volo una mattina a radio Deejay, ho partecipato alla festa che aveva organizzato in trasmissione, e mi sono reso conto che, in fondo, è una persona sincera. Non si è risparmiato nel regalarci momenti con lui, nell'assecondarci con le foto, nello scherzare in continuazione come se fossimo amici da sempre. Eravamo molti ma a tutti ha concesso spazio.
In Italia siamo sempre abituati a considerare banale tutto ciò che piace a moltissima gente, come se la massa fosse un'indiscriminata folla dall'intelligenza sottosviluppata. Il pubblico non premia facilmente, e molti personaggi famosi hanno tentato la strada letteraria con scarsissimo successo.
Mi ha colpito il coraggio di Fabio di inserirsi in prima persona nella voce di una donna; questo libro parla di una specie di "discesa" agli inferi, o meglio in quello che la società definisce inferno, in quello che tutti consideriamo peccato ed errore. Il linguaggio di Volo è sempre semplice ma non infantile, lineare ma non prevedibile. Perchè accusarlo sempre? Perchè non cercare di capire un successo che è incontrovertible ? Chi può discutere sul fatto che Fabio Volo è l'unico deejay che riesce a intercettare un milione di persone in radio, parlando loro di poesia e letteratura?
Un giorno ho sentito questa frase, quando l'ha pronunciata dentro di me mi sono data la spiegazione di tutto il suo successo:
"Quando vuoi pescare un pesce cosa usi ? l'esca che piace a te o quella che piace al pesce? All'inizio per prenderlo devi usare quello che piace al pesce! Poi con il tempo, con pazienza, togli quello che piace al pesce e aumenti sempre di più quello che piace a te, o che consideri più valido; e questi signori miei, si chiama comunicazione"