giovedì 14 luglio 2011

Quer pasticciaccio brutto de via Merulana

I libri sono la mia passione.
Non ho mai ceduto alla tentazione di non finire un libro, anche quando questo si rivelasse difficile o impossibile da concludere. Persino quando mi coglieva la rabbia all'idea di doverlo aprire, di non poter leggere altro fino a che non l'avessi finito. Solo una volta ho chiuso il libro a metà, li libro era "viaggio al termine della notte", e ancora adesso mi pento fortemente di non averlo finito.
Sono riuscito con fatica immane a concludere la letture del Pasticciaccio. Impossibile da leggere credo per definizione. Un labirinto linguistico che non mi era mai capitato di dover intraprendere, non un viaggio ma un incubo letterario, un horror della lingua, una tortura per la mente. Eppure non mi pento di averlo finito: ci sono opere al di là del senso e della motivazione, al di là delle esigenze del commercio. Opere scritte per il gusto primario dell'arte e per l'amore della lingua. Sfide racchiuse in parole che affascinano e stordiscono. Il pasticciaccio è un romanzo che fa eco: eccheggia anche dopo l'ultima pagina, dopo lo stordimento c'è una sensazione di ammirazione, di arricchimento, di piena soddisfazione. Ci si chiede che tipo era Gadda, chissà cosa ci si sarebbe potuti raccontare attorno a un tavolo, di fronte a un bicchiere di vino. Ci sono persone la cui mente deflagrante è racchiusa viva in quello che hanno scritto e leggerli significa spogliarsi di ogni convinzione, di ogni legge della comprensione, di qualsiasi retorica.
Enorme.

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