domenica 29 luglio 2012

Il momento è delicato - Niccolò Ammaniti

So che molti non la pensano come me, probabilmente sto scrivendo una vera eresia, ma, personalmente, se mai in Italia ci fosse un narratore da candidare al Nobel per la letteratura, questo sarebbe sicuramente Ammaniti. Ok, sto esagerando? Può darsi ma il suo romanzo più famoso - Io non ho Paura - è stato citato in moltissime Antologie Internazionali. Mi è capitato più volte nelle librerie di imbattermi in titoli come "I cento libri da leggere prima di morire", "I romanzi che uno non può permettersi di non leggere", cose così ...
Amo moltissimo i suoi romanzi, ho letto tutto di Ammaniti, anche se il mio preferito resta in assoluto Ti prendo e ti porto via. Ammetto di non amare molto il genere pulp-fantascientifico-nero-horror di alcuni suoi racconti. Questa antalogia non mi ha molto entusiasmato, ho avuto un po' la stessa sensazione del suo penultimo romanzo "Che la festa cominci". Ma credo che si tratti esclusivamente di gusti. Incantevole invece la raccolta "Rane e girini", presente in questa raccolta.
Ma qual è il segreto di questo autore? Cosa in lui ci piace così tanto ?
Credo fondamentalmente che il primo ingrediente sia la capacità di descrivere personaggi totalmente convinti di essere sempre migliori degli altri. Anche in questi racconti i protagonisti si credono più furbi, più sgamati, più belli, più interessanti, più meritevoli di successi. Sono personaggi per i quali la società si divide in due classi fondamentali: da una parte i primi e dall'altra tutti gli gli altri: i coglioni. Peccato che i loro progetti e i piani che costruiscono per la supremazia siano sempre destinati a naufragare. Quante perone riusciamo a riconoscere in questa descrizione?
L'altro ingrediente è certamente la capacità di descrivere con arte assoluta il mondo  dell'adolescenza ... un regno lontano e incomprensibile per gli adulti, con regole precise, governato da autorità insospettabili: maschi alfa, ragazze desiderate da tutti, prepotenti, corrotti. L'innocenza, abbandonato l'idillio del proprio ego vezzeggiato dalla famiglia, viene a poco a poco manipolata e sporcata dalla dura realtà.

martedì 24 luglio 2012

Un mercoledì da leoni

Proprio non si finisce mai di scoprire i vecchi film. Questo è un titolo che mi è girato in testa per anni e, per anni, ad ogni passaggio, glissavo su ogni proezione in tv. Per caso, in una pigra mattina di Domenica gli ho dato cinque minuti e non mi sono più scollato dallo schermo. Pensavo fosse il solito tributo di muscoli e luoghi comuni: surfisti, belle donne, spiagge bianche. Che errore ! Rivedetelo o vedetelo se, come me, non l'avete mai fatto. L'amicizia è uno dei temi più belli da trattare al cinema: non c'è la retorica inevitabile della storia d'amore. Difficilmente viene trattato in maniera esclusiva in un film perchè solo una storia forte è capace di trascinarci nei nostri ricordi d'infanzia e gioventù. Se il più bel film dell'amicizia per me (e per tanti) rimane marrakech express questo arriva subito dopo. Tre surfisti passano insieme la loro giovinezza e, piano, la vedono sparire. Uno di loro viene condotto lontano per via della guerra in Vietnam e quando torna tutti si accorgono che il tempo è passato. Solo il grande Mercoledì della marea che non si era mai vista farà loro provare il brivido degli anni perduti. Incredibile la parte del vecchio Bear, il saggio irsuto omone che costruisce le tavole per i ragazzi e che legge in loro il dono più bello che la vita ti può dare: un'amicizia senza tempo.
Una su tutte arriva questa frase del vecchio Bear:
"E' quando hai torto che hai bisogno di un amico, quando hai ragione non ti serve a niente"

mercoledì 18 luglio 2012

Ma quando gli amici si fidanzano, si rimbecilliscono tutti?

Non ho mai nascosto i miei vizi capitali. Fra questi di certo annovero l'invidia e l'ira. Certo dovrei essere contento quando un amico si fidanza e non prendermela, non essere invidioso. Ma quello che mi dà ai nervi non è tanto l'invidia ma il fatto che di fronte a me ci sia una persona totalmente diversa. Perchè diventiamo tutti così imbecilli quando cominciamo a frequentare qualcuno?
Oggi ero a pranzo con un mio amico. Quello che si mette nella cinquina della mano, diciamo pure al primo posto. Siamo andati a pranzo e non abbiamo praticamente detto niente. Gli arriva un messaggio dalla tipa al mare e per rispondere impiega circa un quarto d'ora soppesando parola per parola; questa situazione si è ripetuta tre volte. Al terzo messaggio mi ero rotto i maroni: vado un attimo in bagno gli dico. Non mi ha neanche cagato: era perso nella ricerca poetica, morso dal demone dell'ispirazione, impegnato ad abbeverarsi alla fonte del Parnaso. Fanculo. Me ne sono andato, sono uscito dal centro commerciale. L'ho lasciato lì convinto che sarei ritornato. Mi ha chiamato più tardi, mentre ero in macchina:
"Ma si può sapere dove sei finito?"
Bè lo so, probabilmente mi comporterei anche io così al suo posto!

lunedì 16 luglio 2012

S. Freud - Introduzione alla psicoanalisi

Ho provato a tuffarmi in quest'opera monumentale da un mese a questa parte. Finita oggi. La psicanalisi è sempre stata qualcosa di cui avrei voluto saperne di più. L'ho a lungo bisfrattata e derisa ed è pazzesco leggere che persino Freud era consapevole del disprezzo che molti intellettuali nutrivano verso questa disciplina. Quello che mi rimane di questa intensa disanima dell'animo umano è innanzitutto la tecnica linguista che Freud adotta per spiegare tutte le sue tesi. La divulgazione procede per gradi, con un uso affascinante della logica della sintassi. Introduzione, primo concetto, ripetizione del concetto, sviluppo della tesi, ripetizione della tesi, possibile antitesi, contestazione dell'antitesi. Freud prevede sempre la contestazione alle sue frasi, al suo modo di porsi con il pubblico, non ne fa un problema, ma cerca con calma di convincerci e di condurci passo dopo passo nei meandri inaccessibili della mente umana.
Mi rimane l'inevitabile ammissione da fare sui suoi concetti: Freud è stata il primissimo intellettuale della storia del pensiero a tentare di dimostrare scientificamente che in tutti noi esiste una parte che è totalmente oscura e al di là della nostra percezione. L'inconscio. A lungo si è cercato di nascondere il potere di una parola che per tutti è sempre stato un taboo: la libido. Il desiderio di vedere soddisfatti i nostri bassi istinti sessuali e fisici che molto spesso la realtà ci impedisce di soddisfare. Un animo maturo è capace di "superare" il "principio di piacere" attraverso il "principio di realtà". Forse è stato uno dei primi a dare una possibile soluzione alla nostra infinita ricerca della felicità.
Per Freud "la vita è una dura impresa" e l'unico maniera per raggiungere l'equilibrio è trovare la capacità di mediare fra le tre più grandi forze che scandiscono i giorni di ogni essere umano:
Il desiderio (passione, libido, pulsione, sesso, ambizione; in una paola l'es) - la coscienza morale (l'educazione, i precetti, i dogmi, le leggi, la società; in una parola il Super-Io) e il mondo esterno, ossia la cruda realtà che vedi i sogni infrangersi quasi sempre su un muro di cemento.

lunedì 9 luglio 2012

I 5 monologhi più belli nella storia del cinema

C'è qualcosa che sta completamente sparendo dalle sceneggiature cinematografiche. Spinte dall'esigenza di non perdere mai, nemmeno per un solo secondo, l'attenzione dello spettatore i montaggi si fanno sempre più movimentati, veloci e improvvisi. Cambi di scena continui, epilettici quasi: colpi di scena, lotte, effetti speciali, voli pindarici. Ma dove sono finiti i monologhi?
Il monologo nasce essenzialmente dal teatro e solo pochi registi abili sono capaci di portare sul grande schermo questo salto narrativo. Nel monologo la storia si ferma, c'è una persona che parla, sparisce l'azione, perfino l'immagine e l'attenzione si sposta sulla parola. Non una, ma molte parole. E' uno dei momenti che amo di più nel cinema ed è stato per tanto tempo presente nel cinema americano anche se oggi è praticamente scomparso. Come si fa a reggere una ripresa fissa sugli occhi di un attore per più di un minuto? Come fare a concentrare la tensione nella voce e nell'espressione di un volto che concentra su di sè, per così tanto tempo, le fila e il senso di tutto quello che abbiamo visto fino ad ora?
Era tanto tempo che volevo scrivere questo post e questa è la mia personale classifica dei migliori monologhi nella storia del cinema:

Numero cinque: Woody Allen, Manhattan: Allen descrivere tutte le cose per cui vale la pena vivere

Numero quattro: Woody Allen, Basta che funzioni: il protagonista proprio all'inizio del film spara a zero sul modo di vivere dei propri contemporanei, concentrati su preoccupazioni futili e senza sensa.

Numero tre: Smoke. Il racconto di Natale più bello della storia del cinema, camera che si avvicina lentamente agli occhi del narratore Harvey Keitel

Numero due: Robin Williams in Will Hunting. Discorso da pelle d'oca che lo psicologo Robin Williamsn fa al ragazzao genio disadattato. "Puoi aver letto tutto sulla Cappella Sistina ma non puoi sapere che profumo si respira là dentro"

Numero uno: Al Pacino in Profumo di Donna. La difesa grandiosa che il tenente fa del ragazzo nella scuola che lo vuole espellere. Rivisto mille volte.

Provate voi a fare la vostra classifica! E' solo un gioco, la lista sarebbe infinita, per quanto mi riguarda questi sono i miei monologhi del cuore