giovedì 7 settembre 2017

Il canzoniere di Francesco Petrarca.


L'avevo iniziato tempo fa, po dopo qualche sonetto iniziale l'ho piantato lì per un po'. 
Quest'anno l'ho ripreso ponendomi il sacrosanto scopo di finirlo. 
Il canzoniere di Francesco Petrarca è un'avventura tutta umana. 
Con calma, pazienza, forza d'animo, sono stato travolta dalla forza con cui il poeta decide di fissare per 366 poesie il suo sguardo fisso sul volto di Laura. 
Credo che rispetto a Dante, Petrarca sia più vicino a noi. Credo che sia un poeta a noi più vicino, magari non più grande di Dante, certo, ma sicuramente più moderno, più vicino all'uomo. 
Quasi come fosse una reazione all'ingombrante eredità di Dante, Petrarca si astrae da una lingua complessa, da grandi sovrastrutture, da metafore ardite. In questi 366 passi lunghi tutti la sua vita Petrarca sceglie la via del frammento, del verso limato. Non crea grandi storie, nemmeno effetti speciali, sceglie di usare parole semplici, dal suono chiaro, immediato. Con poche varianti incide nel lettore il viso di Laura come uno scultore che, con pochi tratti, permette allo spettatore di immaginare la potenza dell'immagine solo abbozzata. 
Petrarca è moderno perchè non trova mai un vero senso al suo smarrirsi di fronte all'amore che prova per una donna che all'inizio lo sdegna, lo fugge, si ritrae. E' un amore che lo fa soffrire, ma di cui comunque non riesce a fare a meno. Incolpa la donna dello sdegno che prova per lui ma poi le chiede perdono. Implora un suo sguardo, un'attenzione che non arriva mai, e poi dice che può far benissimo a meno di lei. Corre lontano da lei, misurando la terra che li separa, allontanandosi il più possibile da lei, ma il pensiero torna implacabile alla donna che ama.
Nella contraddizione tutta umana dell'amore c'è la forza di Petrarca, una capacità di avvicinarsi a noi, di essere in un certo modo moderno.