domenica 14 agosto 2011

Salmo 88 - Preghiera dal profondo dell'angoscia

Come ho già accennato in un mio post precedente, in questi ultimi due mesi mi è venuta l'idea di leggere per intero la Bibbia da cima a fondo.
In questa settimana di vacanza mi sono dedicato ai libri sapienziali e anche se a costo di immensa fatica devo dire che l'esperienza si fa entusiasmante. La ricchezza di un testo che anche per un ateo sarebbe indiscutibile, si apre ad una miriade di spunti e credo che, se volessi davvero parlarne, mi servirebbe aprire un altro blog.
Anticipando che altri post saranno dedicati ai miei commenti sulla Bibbia per oggi ho deciso di riscrivere per intero uno dei salmi che più mi hanno colpito. L'intero testo, a partire dal libro di Giobbe, cade ripetutamente in una serie di antitesi, che pur sembrando contraddizioni, in realtà mettono in luce tutta la nostra condizione umana. In molti punti, si sente l'angoscia di chi pur seguendo ogni precetto imposto, pur non deviando mai dalla strada della rettitudine non trova mai la luce. Mai il sogno che avevamo sperato si realizzasse, mai la risposta alla nostre preghiere, mai la corrispondenza fra il desiderato e il reale. Al contrario, sulla strada degli empi (termine che la Bibbia ripete infinitamente) molto spesso non si riescono a contare i successi, coloro che compiono il male raggiungono i più alti traguardi, accumulano smisurate ricchezze. L'urlo e l'invocazione dell'uomo semplice diventa allora quasi un grido di rabbia, di supplica nei confronti di Dio.
E' un tema che angoscia fin dall'inizio dei tempi; un pensiero che ancora adesso non fa dormire la sera, non fa svegliare bene al mattino.

Salmo 88 - Preghiera dal profondo dell'angoscia

Signore, Dio della mia salvezza,
io grido aiuto giorno e notte davanti a te
Giunga al tuo cospetto la mia preghiera;
tendi il tuo orecchio al mio lamento,
perchè la mia anima è sazia di mali
e la mia vita è giunta agli inferi.
Io sono annoverato fra quelli
che scendono nella fossa,
sono come un uomo privo di vigore.
Fra i morti è la mia dimora,
come gli uccisi che giacciono nei sepolcri;
di essi tu non hai più alcun ricordo;
sono tagliati fuori, lontano
dalla tua mano.
Mi hai collocato nella fossa più profonda,
nelle tenebre e nelle profondità
dell'abisso,
Su di me si è abbattuto il tuo furore
e hai fatto venire su di me
tutti i tuoi flutti.
Hai allontanato da me i miei conoscenti,
mi hai reso abominevole per loro,
Sono un recluso, senza via di scampo.
I miei occhi si consumano di dolore;
ti invoco, Signore, ogni giorno
e tendo verso di te le mie palme
Forse tu compi prodigi per i morti?
O sorgono le ombre a celebrare
le tue lodi?
Si parlerà forse della tua bontà,
nel sepolcro?
O della tua fedeltà nel luogo
della distruzione?
Forse nelle tenebre si annunzieranno
le tue meraviglie?
O la tua giustizia, nella terra dell'oblio?
Ma io a te, Signore, grido aiuto
e al mattino la mia preghiera
ti viene incontro.
Perchè, Signore, respingi l'anima mia
e mi nascondi il tuo volto?
Io sono misero e agonizzante
fin dalla giovinezza;
porto il peso dei tuoi terrori, sono sfinito.
Sopra di me è passata la tua ira,
i tuoi spaventi mi hanno annientato;
mi avvolgono come acqua tutto il giorno;
tutti insieme si riversano su di me.
Hai allontanato da me amici e vicini,
miei conoscenti sono le tenebre.

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