venerdì 28 dicembre 2012

San Francesco

E' una delle figure storiche più amate nel mondo. Cosa appassiona un laico, un cristiano, un ateo, un musulmano, un agnostico nella figura di San Francesco?
Mi sono riavvicinato a questa figura, così cara alla mia infanzia, sicuramente grazie ai film di Zeffirelli e Cavani. Il motivo è presto detto: sto leggendo la terza cantica della Commedia. E' praticamente impossibile leggere più di un canto al giorno, considerata la portata mentale di questi brani. Mi sento accecato dalla parole di Dante e la luce, in tutte le sue sfumature, metafore e gradazioni, è vissuta dal poeta in ogni canto, teso e complesso. Ma che pace nella figura di San Francesco, che ritratto, da rileggere davvero. C'è un post che non ho mai avuto il coraggio di scrivere, forse perchè non sono la persona più adatta a scrivere a proposito di questo tema.  Era a proposito del coraggio delle idee. Che coraggio deve averci uno per sbattere in faccia al padre tutti i suoi vestiti, per abbandonare la vita che qualcuno ti ha cucito addosso, per mettere in discussione l'educazione non sono della tua famiglia, ma di tutta la civiltà che ti sta intorno?
 
Intra Tupino e l'acqua che discende
del colle eletto dal beato Ubaldo,
fertile costa d'alto monte pende,
onde Perugia sente freddo e caldo
da Porta Sole; e di rietro le piange
per grave giogo Nocera con Gualdo.
Di questa costa, là dov' ella frange
più sua rattezza, nacque al mondo un sole,
come fa questo talvolta di Gange.
Però chi d'esso loco fa parole,
non dica Ascesi, ché direbbe corto,
ma Orïente, se proprio dir vuole.
Non era ancor molto lontan da l'orto,
ch'el cominciò a far sentir la terra
de la sua gran virtute alcun conforto;
ché per tal donna, giovinetto, in guerra
del padre corse, a cui, come a la morte,
la porta del piacer nessun diserra;
e dinanzi a la sua spirital corte
et coram patre le si fece unito;
poscia di dì in dì l'amò più forte.
Questa, privata del primo marito,
millecent' anni e più dispetta e scura
fino a costui si stette sanza invito;
né valse udir che la trovò sicura
con Amiclate, al suon de la sua voce,
colui ch'a tutto 'l mondo fé paura;
né valse esser costante né feroce,
sì che, dove Maria rimase giuso,
ella con Cristo pianse in su la croce.
Ma perch' io non proceda troppo chiuso,
Francesco e Povertà per questi amanti
prendi oramai nel mio parlar diffuso.
La lor concordia e i lor lieti sembianti,
amore e maraviglia e dolce sguardo
facieno esser cagion di pensier santi;
tanto che 'l venerabile Bernardo
si scalzò prima, e dietro a tanta pace
corse e, correndo, li parve esser tardo.
Oh ignota ricchezza! oh ben ferace!
Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro
dietro a lo sposo, sì la sposa piace.
Indi sen va quel padre e quel maestro
con la sua donna e con quella famiglia
che già legava l'umile capestro.
Né li gravò viltà di cuor le ciglia
per esser fi' di Pietro Bernardone,
né per parer dispetto a maraviglia;
ma regalmente sua dura intenzione
ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe
primo sigillo a sua religïone.
Poi che la gente poverella crebbe
dietro a costui, la cui mirabil vita
meglio in gloria del ciel si canterebbe,
di seconda corona redimita
fu per Onorio da l'Etterno Spiro
la santa voglia d'esto archimandrita.
E poi che, per la sete del martiro,
ne la presenza del Soldan superba
predicò Cristo e li altri che 'l seguiro,
e per trovare a conversione acerba
troppo la gente e per non stare indarno,
redissi al frutto de l'italica erba,
nel crudo sasso intra Tevero e Arno
da Cristo prese l'ultimo sigillo,
che le sue membra due anni portarno.
Quando a colui ch'a tanto ben sortillo
piacque di trarlo suso a la mercede
ch'el meritò nel suo farsi pusillo,
a' frati suoi, sì com' a giuste rede,
raccomandò la donna sua più cara,
e comandò che l'amassero a fede;
e del suo grembo l'anima preclara
mover si volle, tornando al suo regno,
e al suo corpo non volle altra bara.

martedì 25 dicembre 2012

The artist - da vedere a Natale

Il mio maestro di teatro diceva sempre che le idee migliori arrivano sempre quando alla nostra immaginazione poniamo un limite preciso. Ci faceva sempre l'esempio di un romanzo di cui non sono mai riuscito a trovare traccia, un romanzo interamente scritto senza la vocale E.
E' facile vedere quanto avesse ragione osservando bene questo film. Nell'era in cui la tecnologia ci permette di oltrepassare qualsiasi limite, l'uso del muto ci riporta all'essenza non solo del cinema, ma dell'arte stessa. Quando l'ispirazione è a briglie sciolte senza limiti e senza obbiettivi, è facilissimo cadere nella retorica e nel cattivo gusto. Ma poniamoci un limite come quello di non poter parlare, cosa emerge alla fine?
Una donna che esplora una pellicola e si rivede con il suo lui ballando lentamente fotogramma per fotogramma, un uomo che cerca di urlare a uno specchio mentre tutto intorno a lui fa rumore, un occhio che piange in una sala vuota che ha rifutato l'ultima opera dell'artista.
Infiniti colpi di genio, diletto per la mente e per il cuore. Da vedere a Natale.  

giovedì 20 dicembre 2012

Avatar e John Carter

 
Poi dicono che la psicanalisi è piena di baggianate.
Qualche giorno fa ho visto John Carter, un film che sembrava dalla storia la fotocopia di Avatar. Poi ho capito perchè non ha avuto per niente successo nelle sale. C'erano gli stessi ingredienti a prima vista: omini verdi, un passaggio da un regno all'altro, potenzionamento dei poteri fisici, una storia d'amore, due mondi paralelli.
Perchè Avatar ha funzionato così tanto? Cosa c'è di totalmente diverso in questo film? Qual è la sua forza?
Mi cimento in un interpretazione psicoanalitica.
Jung è stato il primo a teorizzare l'esistenza degli archetipi. Secondo lui, in un certo senso, nessuno nasce al tempo zero. Nella nostra coscienza, al di là del temperamento, al di là dell'educazione, al di là dell'ambiente, sono depositate immagini e simboli, frutto della storia di tutti i tempi. Immagini mitiche, simboli atavici che ritroviamo in ogni cultura del pianeta.
Bè Avatar ha un elemento fondamentale, il fulcro narrativo attorno al quale tutto si sviluppa. L'albero. Come è possibile che ci viene da piangere quando abbattono l'albero? In fondo è un albero e ne vengono abbattuti chissà quanti ogni giorno. Perchè ci commuove così tanto? L'albero è simbolo della vita, della madre, dell'inizio del tempo, della nascita, dell'eterno e dell'immutabile. La sua caduta fa leva sulle nostro subconsio, facendo emergere le nostre paure e il mondo della nostra infanzia perduta.
Il protagonista di Avatar non entra nel suo "equivalente verde" in un attimo, solo toccando una pietra, come avviene in John Carter. Quella specie di bacello in cui viene rinchiuso non può essere altro che un ventre materno, emblema della rinascita e di un nuovo inizio.

domenica 16 dicembre 2012

Il Requiem di Mozart e uno spartito ritrovato

Ho ritrovato per caso questo spartito. Non so chi me l'abbia stampato. Ogni tanto succede di imbattersi in alcuni oggetti e non capire da dove provengano. Chi ce l'ha regalato? L'abbiamo comprato noi? Da dove è saltato fuori?
Bè qualche giorno fa ho trovato lo spartito di tutto il requiem di Mozart. Un centinaio di fotocopie. Era una vita che non lo riascoltavo. All'inizio ho avuto qualche difficoltà a seguire la musica, ma dopo che magia!
Basta avere un'infarinatura di solfeggio per seguire la musica su uno spartito. Che differenza di ascolto. Uno spartito ti ancora la mente alle note, non ti permette di sfuggire con i tuoi pensieri, ti fa arrivare dritto lì, alle porte del mistero.
Poi è arrivato il mio pezzo preferito, Lacrimosa. L'ho sempre adorato. Avevo già il presentimento che la linea melodica principale non fosse altro che una scala cromatica. Eppure, è come se un passo dopo l'altro, tu arrivi sulla vetta di un montagna incantata: una cima innevata e un paesaggio da mozzare il fiato.

http://www.youtube.com/watch?v=k1-TrAvp_xs

domenica 9 dicembre 2012

The grey - Sopresa dell'anno

Ogni tanto ci si aspetta qualcosa da un film, e questo film ti soprende completamente.
Avevo in mente di vedere il solito film di azione, una di quei soliti film a cui ci ha abituati ultimamente Liam Neeson. Qualcosa tipo "Io Ti troverò". Il demiurgo che attraversa le avversità, qualcuno capace di ricomporre la realtà secondo il suo personale e infallibile disegno. Invece, che sopresa!
La lotta infinita fra il bene e il male, fra la razionalità dell'uomo e le forze oscure della follia, fra la certezza di una fede e l'impossibilità di affidarsi a un volere Divino. L'incomprensibile senso della vita e l'assoluta evidenza di dovere combattere per guadagnarsi quel senso.
Devo dire qualcosa sulla trama? E a cosa serve? Un film d'azione, un film horror, un film spirtuale, un film teleogico, un film sulla poesia?
Sì forse tutta la storia è una grande metafora e il vero al di là del velo, come direbbe il nostro amico Dante, sta tutto nella potenza di quattro versi di una piccola poesia:
 
"Ancora una volta in lotta,
nell'ultima battaglia che conti, di cui ho mai saputo,
 vivere e morire in questo giorno...
vivere...e morire...in questo giorno…"

domenica 18 novembre 2012

Michele Mari - Verderame

Consiglio questo piccolo romanzo, prestato da un amico.
L'ho già detto in tanti altri post, ma lo ripeto: se un amico vi consiglia di leggere un libro, leggetelo! Se ve lo presta con desiderio, significa che non potete perderlo, vi sta facendo un regalo prezioso!
Troppo spesso non lo facciamo, ma ho imparato da tempo ad esaudire questo desiderio che ci arricchisce presto.
E' un romanzo che colpisce soprattutto per l'uso della lingua. Mai scontata, alternata al dialetto, forte e barocca, potente nell'uso di immagini mitiche e potenti, a volte disgustose ma pregnanti nella loro capacità di imprimersi nella memoria.
E' un romanzo che narra un'amicizia. Anche se sto osservando i miei amici a poco a poco sparire per le vicissitudini dell'esistenza, anche se alle volte penso che il cavallo dell'amicizia sia stato quello sbagliato su cui puntare, come uno scommettitore cieco e scapestrato mi ostino ancora oggi a puntare tutto lì. E anche se mi accorgo in certi momenti di ritrovarmi da solo, l'amicizia resta sempre il valore più incredibile che la vita ci offre.
Questa è l'amicizia fra un vecchio e un bambino. Un romanzo sulla memoria, che una nuova generazione dovrà essere in grado di riportare di nuovo alla luce

martedì 13 novembre 2012

Esiste l'anima?

Consiglio a tutti di leggere i dialoghi di Platone dove, a farla da padrone, è la figura di Socrate. Simposio, Apologia, Critone e Fedone. Alla fine, quando Socrate si congeda dagli amici, che sono venuti a trovarlo per l'ultima volta in cella, una lacrima l'ho versata. Prima di bere la pozione che lo condurrà alla morte, Socrate fa la cosa più incredibile: dice ai suoi amici di farsi coraggio. Non sono loro a rincuorare lui che sta per morire, non sono lui ad accarezzargli la testa prima dell'ultimo saluto. E' lui che li avverte: non piangete per me, perchè io non vedo l'ora di liberare la mia anima dalle costrizioni della carne. Ma esiste l'anima? Nell'ultimo monologo, il Fedone, Socrate mette a nudo e smonta ogni teoria che vuole l'anima una semplice appendice del corpo, una illusione pronta a sparire con il venir meno dell'impalcatura del corpo. In questi ultimi anni, alle domande esistenziali, mi risulta sempre più difficile credere in un Dio o in un'anima. E' il nulla a farsi strada, l'Ombra Junghiana. Però la poesia di Platone ti si scioglie dentro, e anche se non ci credi, non puoi fare a meno di avvertire calore ed emozione per queste parole. Come fa un bambino ad avvertire con tale falicità il senso dell'uguale, del più, del meno, del diverso? Come fanno certe categorie, certe teorie ad essere già pienamente dominate dalla sua mente? Semplice, l'anima è eterna, e lui c'era prima che il suo corpo venisse ad esistere. L'anima insomma esiste, e più è lontana dai desideri del corpo, maggiore sarà la possibilità che vada a coricarsi al fianco dei più grandi personaggi del pensiero.
 
E che altro è la pulizia dell'anima, di cui ragionamo, e ragionammo da tempo, se non il ritirarsi estremo dell'anima dalla carne, l'addestrarsi a un isolamento sovrano e assoluto dal corpo, in integro dialogo con se stessa, l'abitare in perfetta solitudine, nei limiti umani, oggi e in futuro, slegata, quasi, dalla trappola della carne?
 
 

martedì 6 novembre 2012

Si può stare insieme tutta la vita? Facciamo un po' di Simposio

Questa eterna domanda cade in continuazione. Direi quasi che ci perseguita. Nella era delle occasioni, di facebook, delle tentazioni perenni, dove conta desiderare più che onorare gli impegni. Non voglio fare il predicatore. Però questa cosa qui ce l'abbiamo dentro tutti. Ma questo che provo adesso durerà per sempre? Ne ho parlato anche in un mio vecchio post. Parlava della fine degli amori. Ma stavolta voglio parlare di quelli che durano, quelli che durano per sempre. Come quelli dei miei genitori, dei nonni e di molti altri. Come ce l'hanno fatta loro?
Come si fa?
Io a livello di esperienza sono un totale fallimento. Però ascolto chi ne sa più di me. Da un mese circa ho scoperto questo "divulgatore filosofico", si chiama Galimberti. In suo intervento mi ha fatto venir voglia di leggere i dialoghi di Platone, a partire dal Simposio.
Nel Simposio tanti filosofi discutono, durante una cena, sul tema dell'amore e, alla fine, Socrate dice la sua. Come al solito, le sue parole mettono in discussione tutto quello che gli altri avevano detto fino ad ora. Eros non è figlio di Afrodite e Ares, il dio della guerra. Altro che bellezza assoluta e indomita fierezza. Amore è figlio di Povertà e Coraggio. Amore è fame, mancanza, assenza. Amore è un semidio. L'anello di congiunzione fra noi e gli dei. Amore è insomma il linguaggio con cui la nostra parte razionale entra in contatto con quella irrazionale. Con la nostra follia, con la nostra debolezza. E allora, dice Galimberti, non bisognerebbe dire all'altro "amo te", ma "io amo il modo in cui entro in contatto con la mia follia grazie a te". Ecco perchè si dice "mi fai impazzire", "solo tu mi capisci", "ti amo da matti".
Quindi come si fa a stare insieme tutta la vita? Semplice, non dicendosi sempre tutto. Bisogna conservare un'attezione su se stessi, preservare ogni giorno la parte più intima di noi stessi, lasciare che una parte insondabile del nostro essere maturi, permettere che non venga mai davvero completamente a galla, che qualcosa ci sia sempre da scoprire in noi, ogni giorno. Perchè, se l'altro sa già quello che vogliamo dire prima ancora che apriamo bocca, allora possiamo dire che l'amore è proprio finito.

giovedì 1 novembre 2012

Musica per dimenticare - per rilassare i nervi - per entrare in paradiso

Questo post, come al solito, è volutamente provocatorio.
Se avessi scritto nel post esclusivamente il titolo dell'opera che voglio postare, credo che non intercetterei manco una visualizzazione. Purtroppo bisogna fare di tutto per attirare l'attenzione!
In questo ultimo periodo sto riprendendo in mano i vecchi cd. Quelli che non ascoltavo più da anni. La musica classica, insomma, in tutte le sue forme e generi. La musica classica ti inchioda a te stesso, è questo il suo potere. Non ti penetra nei nervi come la musica elettronica o pop. Non ti cuoce nel sentimentalismo della musica leggera. Ti avvolge lentamente, ti rende consapevole, arricchendo il tuo io, fino a farti abbandonare le tue angosce, le tue paure, i tuoi desideri inespressi.
Insomma la musica classica davvero ti fa dimenticare, non è un beneficio momentaneo, ti dura.
Se dovessi mai entrare un giorno in Paradiso e ascoltare la musica che sente Dante quando supera quella soglia, vorrei che ci fosse questa negli altoparlanti del cielo. E' il quarto movimento della serenata per archi di Dvorak, poi ditemi se non vi sembra di vederlo un pochino di Paradiso.
 

sabato 27 ottobre 2012

Io e Te - Bernardo Bertolucci

Quando ho saputo che da questo film sarebbe stato tratto un film, sono rimasto un tantino scettico. Un libro così piccino, tutto ambientato in uno spazio così angusto. Ma cosa poteva venirne fuori?
In un mio post precedente ho parlato di Ammaniti. La paura era che venisse fuori una versione cinematografica mal riuscita di questo piccolo capolavoro (forse anche memore della delusione di Come Dio Comanda, del ahimè sfortunato Salvatores).
Bertolucci è un grande regista e in questo film compie un miracolo assoluto. Succede una volta all'anno forse, magari ne passano due prima che un film arrivi lì, nel profondo inconscio del piacere emotivo. A toccarti i processi primari dell'Io. A fare emergere l'irrazionale che è in noi. A farti piangere e ridere. A suonare quella corda che per tanto tempo non vibra.
Bertolucci ci insegna l'ingrediente fondamentale per demolire la corazza dello spettatore. Per trascinarlo dentro la storia. Non ci sono grandi paesaggi in questi film, non ci sono grandi movimenti macchina che pure hanno contraddistinto tanto il suo cinema (da Novecento all'Ultimo Imperatore). Non ci sono grandi dialoghi. Non ci sono molti colpi di scena.
Qual è quindi la materia primaria su cui si fonda il cinema? Bastano due attori, due sguardi dalla potenza incontenibile a scatenare l'inferno. Gli occhi di Olmo, questo attore dal viso Pasoliniano in ogni primo piano. Uno sguardo feroce e fuori dal tempo. E poi lei, sofferta e urlata, diafana e incandescente. Un'attrice che non recita solo con la voce ma con tutto il corpo. Uniscili e farai un capolavoro.
Una gemma del nostro cinema.

giovedì 25 ottobre 2012

La frutta: antidepressivi naturali.

C'è un film di Kiarostami di cui non so assolutamente il titolo. Ho provato a cercarlo in internet, ma senza fortuna.
L'Ombra dentro di me in certi momenti sembra prendere il sopravvento. Sto leggendo un libro di Jung per quello uso questo termine, giusto per darmi un po' delle arie. Bisogna sempre cercare qualche antipressivo naturale nella vita. Senza esagerare, il cibo offre molto aiuto in questo senso. Per molti, il miglior antipressivo al mondo è da sempre il cioccolato. Peccato che a me proprio non piaccia, ho sempre trovato il cioccolato, di qualsiasi tipo e forma, troppo "cioccolatoso". Il mio antidepressivo preferito è da sempre la frutta. Non ce ne sono di storie.
In quel film senza titolo un personaggio recita più o meno questa frase.
"Osserva la tua tavolta nel trascorrere di un anno. Ad ogni stagione, un frutto diverso. Più di un frutto diverso dall'altro. Elementi che si completano nel trascorrere di un anno. E ora dimmi quale padre riempirebbe la tua dispensa con più cura di quanto Dio non faccia con noi?"
Che bella questa frase... quando arriva il primo inverno mi piace assaporare il sapore dei primi mandarini, delle prime arance. Quel succo così meraviglioso. Un gusto quello del mandarino che rende superfluo l'uso di qualsiasi spazzolino dopo il pasto. Che bello non è annusarsi poi le dita in continuazione? mi annuso le dita profumate del mandarino e mi sento già meglio. E l'uva poi? mi sento un imperatore romano e immagino file di ancelle che mi guardano assaporare quel sapore celeste. Allora viva l'uva, l'arancia, il mandarino, viva la pesca che ci ha lasciato in questa torride estate, viva la mela sempre presente, viva la pera dolce e delicata.

mercoledì 24 ottobre 2012

Finire un romanzo

Ieri ho finito il mio romanzo.

L'ho riletto un sacco di volte e adesso direi che è pronto per farlo leggere a qualcuno. Già, ma a chi?
Ho trascurato tantissimo questo blog, solo perchè mi ero dedicato intensamente al libro. Avevo la possibilità di farne stampare qualche copia da una fotocopisteria dove ci lavora una carissima signora. Una delle persone più in gamba e gentili che abbia mai conosciuto. Era l'unica che aveva questa macchina. Una tipografia ti farebbe pagare carissimo per avere almeno un migliaio di copie. Era disposta a farmi un lavoro per poco. Pochissime copie. Giusto un bel pensiero da fare agli amici. La copertina con il mio disegno che ho fatto da bambino, una rilegatura elegante in fogli A5. Un bel regalo insomma. Peccato che oggi arrivo e il negozio è chiusto. Questa angelo è stato colpito da un lutto terribile. Perchè certe sciagure? Non voglio dire nulla per rispetto. Del mio libro pazienza, ora non so a chi rivolgermi. Ma possibile che sono le persone migliori ad affrontare certe disgrazie?

mercoledì 12 settembre 2012

Il primo bacio

In questi mesi ho trascurato molto il blog. So di non avere molta voglia di scrivere. Soprattutto perchè sono concentrato sull'ultimo capitolo del mio libro che inizierò a breve. Così ho deciso di pubblicare questa parte del mio libro. A me non pare così male.


Quei secondi, quei secondi prima del primo bacio, come si possono descrivere? C’è mai stato un momento in cui il tuo cuore ha cavalcato un mare così tempesta? Che ti sembra di dover annegare, di non esistere poi, almeno non più come prima? Puoi descriverlo in mille poesie e immaginarlo per anni come se lo vivessi davvero, ma nessun momento della tua vita si inciderà più profondamente nel tuo scorrere lento. Il primo bacio è una nuova nascita, un contatto che sembrava proibito diventa essenziale alla vita, come chi ha sete senza conoscere l’acqua, come chi non sa dove andare senza mai aver visto la luce. Prima del primo bacio è un precipitare lento, dove il tempo si ferma. Puoi avere tredici anni come trenta. Ma prima del primo bacio, in quei pochi secondi dilatati dal cuore, ognuno di noi vive la stessa stagione.

sabato 18 agosto 2012

Le Metamorfosi di Ovidio

Ho letto questo volume semplicemente perchè rileggendo le prime due cantiche della commedia di Dante mi sono accorto di quanto il sommo poeta fosse stato influenzato e affascinato dalle parole di Ovidio. Quest'opera ha attrasversato i secoli suggestionando personaggi come Dante appunto, o il nostro più vicino Italo Calvino, o addirittura T.S. Eliot.
Mi sono anche in un certo senso reso conto del motivo per il quale Freud avesse visto nei miti greci, qui rispolverati dal poeta latino, un germe nascosto della sua psicoanalisi.
Gli dei soddisfano pienamente il loro lato oscuro, se vogliono una donna se la prendono, se odiano qualcuno fino a volerne la morte lo uccidono, loro insomma, possono qualsiasi cosa. Se Nettuno vede una ninfa bagnarsi sulle sue coste, lui si manifesta, e se lei non vuole concedersi la violenta. Quando Giunone vede suo marito tradirla con una mortale, non si fa problema alcuno: scende sulla terra e la punisce o con la morte o trasformandola in un vegetale.
Tutto ciò ai mortali non è concesso, le loro pulsioni, i loro desideri più nascosti, se soddisfatti portano a tremende conseguenze. Se per le divinità non esiste praticamente mai una pena da scontare per le colpe che commettono, i mortali devono in continuazione fare i conti con la coscienza morale che si portano appresso.
Una delle storie che mi ha colpito di più è sicuramente quella di Biblìde e Cauno. Innamorata del suo fratello di sangue, presa da una passione colpevole, non verrà mai ricambiata di questo insano amore. Disperata, si traformerà in una fonte, dato che infinite saranno le lacrime che verserà.  
E' impressionante le parole che usa per descrivere il sogno con cui si congiunge a suo fratello, sembra di leggere Freud.
"Povera me, che cosa vorrà dire questa visone nel silenzio della notte?Perchè ho fatto questo sogno? Lui certo è bello, anche ad occhi malevoli, e mi piace; e se non fosse mio fratello, poteri amarlo; e sarebbe stato degno di me. Ma il guaio è che sono sua sorella! Nel sogno, nessuno ti vede, e c'è anche il piacere simile a quello vero. Che libidine manifesta mi ha scosso! Come mi sono abbandonata, spossata fino al midollo! Che bello il ricordo, anche se breve è stata quella voluttà e la notte troppo veloce, invidiosa di quel che facevamo"

venerdì 10 agosto 2012

La memoria del cuore

Quando ho visto il trailer di questo film, uscito in America già qualche mese fa, sono rimasto davvero folgorato."Minchia che storia". Perdonate la volgarità. Poi ho scoperto guardando il film l'altro giorno che non si tratta di una storia inventata, ma di una storia accaduta realmente. Come al solito, la vita è sempre più imprevedibile e originale della fantasia più sfrenata.
Una donna perde la memoria, cancellando completamente gli ultimi cinque anni della sua vita, in una parola, cancella dalla sua mente l'uomo della sua vita.
Ora, già è difficile conquistare la donna dei propri sogni, ma immaginate di doverci provare per la seconda volta, ma non vi viene proprio la pelle d'oca?
Ok, a 32 anni dovrei smetterla con la passione per questo genere di cinema, ma non ci posso fare nulla: adoro le storie d'amore, adoro il cinema, adoro immaginare una vita che non ho. Adoro credermi quel maschio alfa con i suoi bicipiti bene in primo piano e amo certe frasi assurde che si dicono solo nei film e che, se provi a dire nella realtà, una donna ti cancellerebbe dalla rubrica del telefono. Tipo questa:
"Quando finii di parlare, lei non disse niente per pochi secondi, fece soltanto... fece soltanto un sospiro, dicendo, quasi tra sè e sè: "ti amo" e rimaneva sospeso là, era la prima volta che lo diceva e io non volevo rispondere, solo continuare a sentirlo. È successo due settimane dopo che ci siamo conosciuti, ci ha messo due settimane per innamorarsi di me!"

domenica 29 luglio 2012

Il momento è delicato - Niccolò Ammaniti

So che molti non la pensano come me, probabilmente sto scrivendo una vera eresia, ma, personalmente, se mai in Italia ci fosse un narratore da candidare al Nobel per la letteratura, questo sarebbe sicuramente Ammaniti. Ok, sto esagerando? Può darsi ma il suo romanzo più famoso - Io non ho Paura - è stato citato in moltissime Antologie Internazionali. Mi è capitato più volte nelle librerie di imbattermi in titoli come "I cento libri da leggere prima di morire", "I romanzi che uno non può permettersi di non leggere", cose così ...
Amo moltissimo i suoi romanzi, ho letto tutto di Ammaniti, anche se il mio preferito resta in assoluto Ti prendo e ti porto via. Ammetto di non amare molto il genere pulp-fantascientifico-nero-horror di alcuni suoi racconti. Questa antalogia non mi ha molto entusiasmato, ho avuto un po' la stessa sensazione del suo penultimo romanzo "Che la festa cominci". Ma credo che si tratti esclusivamente di gusti. Incantevole invece la raccolta "Rane e girini", presente in questa raccolta.
Ma qual è il segreto di questo autore? Cosa in lui ci piace così tanto ?
Credo fondamentalmente che il primo ingrediente sia la capacità di descrivere personaggi totalmente convinti di essere sempre migliori degli altri. Anche in questi racconti i protagonisti si credono più furbi, più sgamati, più belli, più interessanti, più meritevoli di successi. Sono personaggi per i quali la società si divide in due classi fondamentali: da una parte i primi e dall'altra tutti gli gli altri: i coglioni. Peccato che i loro progetti e i piani che costruiscono per la supremazia siano sempre destinati a naufragare. Quante perone riusciamo a riconoscere in questa descrizione?
L'altro ingrediente è certamente la capacità di descrivere con arte assoluta il mondo  dell'adolescenza ... un regno lontano e incomprensibile per gli adulti, con regole precise, governato da autorità insospettabili: maschi alfa, ragazze desiderate da tutti, prepotenti, corrotti. L'innocenza, abbandonato l'idillio del proprio ego vezzeggiato dalla famiglia, viene a poco a poco manipolata e sporcata dalla dura realtà.

martedì 24 luglio 2012

Un mercoledì da leoni

Proprio non si finisce mai di scoprire i vecchi film. Questo è un titolo che mi è girato in testa per anni e, per anni, ad ogni passaggio, glissavo su ogni proezione in tv. Per caso, in una pigra mattina di Domenica gli ho dato cinque minuti e non mi sono più scollato dallo schermo. Pensavo fosse il solito tributo di muscoli e luoghi comuni: surfisti, belle donne, spiagge bianche. Che errore ! Rivedetelo o vedetelo se, come me, non l'avete mai fatto. L'amicizia è uno dei temi più belli da trattare al cinema: non c'è la retorica inevitabile della storia d'amore. Difficilmente viene trattato in maniera esclusiva in un film perchè solo una storia forte è capace di trascinarci nei nostri ricordi d'infanzia e gioventù. Se il più bel film dell'amicizia per me (e per tanti) rimane marrakech express questo arriva subito dopo. Tre surfisti passano insieme la loro giovinezza e, piano, la vedono sparire. Uno di loro viene condotto lontano per via della guerra in Vietnam e quando torna tutti si accorgono che il tempo è passato. Solo il grande Mercoledì della marea che non si era mai vista farà loro provare il brivido degli anni perduti. Incredibile la parte del vecchio Bear, il saggio irsuto omone che costruisce le tavole per i ragazzi e che legge in loro il dono più bello che la vita ti può dare: un'amicizia senza tempo.
Una su tutte arriva questa frase del vecchio Bear:
"E' quando hai torto che hai bisogno di un amico, quando hai ragione non ti serve a niente"

mercoledì 18 luglio 2012

Ma quando gli amici si fidanzano, si rimbecilliscono tutti?

Non ho mai nascosto i miei vizi capitali. Fra questi di certo annovero l'invidia e l'ira. Certo dovrei essere contento quando un amico si fidanza e non prendermela, non essere invidioso. Ma quello che mi dà ai nervi non è tanto l'invidia ma il fatto che di fronte a me ci sia una persona totalmente diversa. Perchè diventiamo tutti così imbecilli quando cominciamo a frequentare qualcuno?
Oggi ero a pranzo con un mio amico. Quello che si mette nella cinquina della mano, diciamo pure al primo posto. Siamo andati a pranzo e non abbiamo praticamente detto niente. Gli arriva un messaggio dalla tipa al mare e per rispondere impiega circa un quarto d'ora soppesando parola per parola; questa situazione si è ripetuta tre volte. Al terzo messaggio mi ero rotto i maroni: vado un attimo in bagno gli dico. Non mi ha neanche cagato: era perso nella ricerca poetica, morso dal demone dell'ispirazione, impegnato ad abbeverarsi alla fonte del Parnaso. Fanculo. Me ne sono andato, sono uscito dal centro commerciale. L'ho lasciato lì convinto che sarei ritornato. Mi ha chiamato più tardi, mentre ero in macchina:
"Ma si può sapere dove sei finito?"
Bè lo so, probabilmente mi comporterei anche io così al suo posto!

lunedì 16 luglio 2012

S. Freud - Introduzione alla psicoanalisi

Ho provato a tuffarmi in quest'opera monumentale da un mese a questa parte. Finita oggi. La psicanalisi è sempre stata qualcosa di cui avrei voluto saperne di più. L'ho a lungo bisfrattata e derisa ed è pazzesco leggere che persino Freud era consapevole del disprezzo che molti intellettuali nutrivano verso questa disciplina. Quello che mi rimane di questa intensa disanima dell'animo umano è innanzitutto la tecnica linguista che Freud adotta per spiegare tutte le sue tesi. La divulgazione procede per gradi, con un uso affascinante della logica della sintassi. Introduzione, primo concetto, ripetizione del concetto, sviluppo della tesi, ripetizione della tesi, possibile antitesi, contestazione dell'antitesi. Freud prevede sempre la contestazione alle sue frasi, al suo modo di porsi con il pubblico, non ne fa un problema, ma cerca con calma di convincerci e di condurci passo dopo passo nei meandri inaccessibili della mente umana.
Mi rimane l'inevitabile ammissione da fare sui suoi concetti: Freud è stata il primissimo intellettuale della storia del pensiero a tentare di dimostrare scientificamente che in tutti noi esiste una parte che è totalmente oscura e al di là della nostra percezione. L'inconscio. A lungo si è cercato di nascondere il potere di una parola che per tutti è sempre stato un taboo: la libido. Il desiderio di vedere soddisfatti i nostri bassi istinti sessuali e fisici che molto spesso la realtà ci impedisce di soddisfare. Un animo maturo è capace di "superare" il "principio di piacere" attraverso il "principio di realtà". Forse è stato uno dei primi a dare una possibile soluzione alla nostra infinita ricerca della felicità.
Per Freud "la vita è una dura impresa" e l'unico maniera per raggiungere l'equilibrio è trovare la capacità di mediare fra le tre più grandi forze che scandiscono i giorni di ogni essere umano:
Il desiderio (passione, libido, pulsione, sesso, ambizione; in una paola l'es) - la coscienza morale (l'educazione, i precetti, i dogmi, le leggi, la società; in una parola il Super-Io) e il mondo esterno, ossia la cruda realtà che vedi i sogni infrangersi quasi sempre su un muro di cemento.

lunedì 9 luglio 2012

I 5 monologhi più belli nella storia del cinema

C'è qualcosa che sta completamente sparendo dalle sceneggiature cinematografiche. Spinte dall'esigenza di non perdere mai, nemmeno per un solo secondo, l'attenzione dello spettatore i montaggi si fanno sempre più movimentati, veloci e improvvisi. Cambi di scena continui, epilettici quasi: colpi di scena, lotte, effetti speciali, voli pindarici. Ma dove sono finiti i monologhi?
Il monologo nasce essenzialmente dal teatro e solo pochi registi abili sono capaci di portare sul grande schermo questo salto narrativo. Nel monologo la storia si ferma, c'è una persona che parla, sparisce l'azione, perfino l'immagine e l'attenzione si sposta sulla parola. Non una, ma molte parole. E' uno dei momenti che amo di più nel cinema ed è stato per tanto tempo presente nel cinema americano anche se oggi è praticamente scomparso. Come si fa a reggere una ripresa fissa sugli occhi di un attore per più di un minuto? Come fare a concentrare la tensione nella voce e nell'espressione di un volto che concentra su di sè, per così tanto tempo, le fila e il senso di tutto quello che abbiamo visto fino ad ora?
Era tanto tempo che volevo scrivere questo post e questa è la mia personale classifica dei migliori monologhi nella storia del cinema:

Numero cinque: Woody Allen, Manhattan: Allen descrivere tutte le cose per cui vale la pena vivere

Numero quattro: Woody Allen, Basta che funzioni: il protagonista proprio all'inizio del film spara a zero sul modo di vivere dei propri contemporanei, concentrati su preoccupazioni futili e senza sensa.

Numero tre: Smoke. Il racconto di Natale più bello della storia del cinema, camera che si avvicina lentamente agli occhi del narratore Harvey Keitel

Numero due: Robin Williams in Will Hunting. Discorso da pelle d'oca che lo psicologo Robin Williamsn fa al ragazzao genio disadattato. "Puoi aver letto tutto sulla Cappella Sistina ma non puoi sapere che profumo si respira là dentro"

Numero uno: Al Pacino in Profumo di Donna. La difesa grandiosa che il tenente fa del ragazzo nella scuola che lo vuole espellere. Rivisto mille volte.

Provate voi a fare la vostra classifica! E' solo un gioco, la lista sarebbe infinita, per quanto mi riguarda questi sono i miei monologhi del cuore


martedì 26 giugno 2012

La più bella poesia d'amore mai scritta!

E' assolutamente ovvio che il titolo di questo post sia un po' provocatorio. La più bella poesia d'amore? e chi mai potrebbe azzardarsi a consegnare tale titolo? a chi poi? quale autore? morto o vivente?
Qualche mese fa sono stato per la prima volta offeso duramente durante una sosta in una libreria milanese. L'ho anche scritto in un mio post precedente. Ma le vere librerie, non quelle che si trovano dentro i centri che vendono anche elettrodomestici, quelle vere insomma sono sempre una sorpresa. Una poesia può farti svoltare una giornata, e in questo periodo riesco ad accontentarmi anche di poco, mi basta questo, incontrare sulla mia strada una bella poesia. Eppure questo non è stato un incontro come tutti gli altri, è stata una specie di rinascita. Immaginate la scena: mezzo depresso decido di entrare in questa libreria, senza aspettativa alcuna. La mia mano procede in un lungo e in largo per gli scaffali; poi, con un moto quasi sprezzante coglie queto volume: le più belle poesie d'amore. L'ennesima sfilza di poesie per persone che si accontentano di vedere nella poesia null'altro che amore, sempre e solo amore. Come se la poesia non servisse ad altro che a far innamorare la gente. Lo apro. A caso. Ed ecco. BANG BANG BANG.
La più bella poesia d'amore che avevo letto nella mia vita, anni fa, quando avevo quindici anni, quando sapevo commuovermi per dei versi, cosa che ora non sono certo più capace di fare. Cesare Pavese. Ho aperto un'altra volta lo scrigno di Pandora. Sono tornato ragazzo, e quei versi ora li voglio imparare a memoria. E' grande la lezione del grande poeta argentino Borges quando consigliava ai poeti: non cercate chissà quali parole per descrivere i vostri sentimenti, non abbiate paura di usare quei vocaboli che parlano più speditamente al cuore, usate le stelle, il cielo, l'azzurro, il cuore, usate la primavera e i suoi fiori. Ok non diceva proprio così ma il senso era questo.
C'è tutta la vicinanza e la distanza in questa poesia di Pavese. La sente parte di lui la persona che ama: vive la sua stessa stagione, anche lei è fata di carne, di sorrisi come lui. Lei ha parlato con lui come ha fatto con altri, lei condivide i sapori e i medesimi risvegli. Eppure dietro ogni vicinanza, dietro ogni appartenza c'è sempre un enorme distanza: lei ha giocato sotto un cielo diverso, c'è un silenzio e una nube che si porta appresso, la sua forza è proprio un silenzio che nessuno potrà mai spezzare. E poi l'immagine finale: erba viva nell'aria che rabbrividisci e ridi. C'è qualcosa di più tenero al mondo di una donna che rabbrividisce per il primo freddo che arriva in autunno? Quando il brrr si trasforma in un largo sorriso?

Hai un sangue, un respiro.
Sei fatta di carne
di capelli di sguardi
anche tu. Terra e piante,
cielo di marzo, luce,
vibrano e ti somigliano -
il tuo riso e il tuo passo
come acque che sussultano -
la tua ruga fra gli occhi
come nubi raccolte -
il tuo tenero corpo una zolla nel sole.

Hai un sangue, un respiro.
Vivi su questa terra.
Ne conosci i sapori
le stagioni i risvegli,
hai giocato nel sole,
hai parlato con noi.
Acqua chiara, virgulto
primaverile, terra,
germogliante silenzio,

tu hai giocato bambina
sotto un cielo diverso,
ne hai negli occhi il silenzio,
una nube, che sgorga
come polla dal fondo.
Ora ridi e sussulti
sopra questo silenzio.
Dolce frutto che vivi
sotto il cielo chiaro,
che respiri e vivi
questa nostra stagione,
nel tuo chiuso silenzio
è la tua forza. Come
erba viva nell'aria
rabbrividisci e ridi,
ma tu, tu sei terra.
Sei radice feroce.
Sei la terra che aspetta

sabato 23 giugno 2012

Canto XXV del Purgatorio, il Papa a Bresso,

Complice il caldo di Scipione di questi giorni,  complice il fatto che mi sto dedicando più spesso al mio romanzo che credo di riuscire a finire per la fine dell'anno, complice l'apatia insana che mi coinvolge in questo periodo e che non mi lascia proprio sereno, ho un po' trascurato il mio blog. C'è anche da dire che il fatto che non ci siano mai commenti, non aiuta. Per lo meno ci sono le visualizzazioni ad aumentare e tant'è.
Un mese fa ormai sono stato con il mio amico Luca a vedere il Papa a Bresso. Come al solito lo seguo nell'attesa di un'illuminazione celeste che ovviamente non arriva mai. Eppure stavolta c'è stata una cosa detta dal Papa ad avermi particolarmente colpito. Una bambina gli ha fatto una domanda a proposito della sua famiglia, e lui, rispondendo a braccio, mi ha lasciato di sasso.
Mi ricordo proprio queste parole: "Io non so come possa essere il Paradiso, ma alle volte spero che sia un po' come tornare alla mia infanzia: passeggiare nei boschi con i miei genitori e, alla sera, riunirsi tutti insieme per ascoltare Mozart e Bach". Mi ha davvero sconvolto questa umanità della massima carica spirituale: come? nemmeno il Papa sa cosa ci sarà dopo la morte? Quindi anche lui nella massima sua conoscenza teologica può solo sperare in uno stato di cui non conosce nè i modi nè i tempi. Eppure la visione che ha dato della vita dopo la morte mi è sembrata fantastica, molto semplice e capace di far emergere una componente della vita che non sappiamo mai apprezzare. Il modesto, il piccolo, il poco. Una passeggiata nella natura, con i genitori, accompagnati nella foresta, ascoltare musica classica, come si faceva una volta con un disco, tutti insieme. Semplice. Una dimensione che abbiamo tutti completamente dimenticato. Mi è venuto in mente una delle immagini più belle che abbia letto quest'anno. Nel XXV canto del Purgatorio Dante si chiede come sia possibile che le anime purganti provino fame, dolore, sofferenza dato che il corpo è rimasto nell'aldiqua. Stazio che si è da poco aggiunto a Virgilio descrive tutti gli stadi della vita: dal concepimento alla morte, dalla creazione dell'anima fino alla salvezza o alla dannazione. In un brano da brividi Dante descrive il momento in cui l'anima genera una forma incorporea attorno ad essa che gli permette di provare una sensibilità molto simile a quela indotta dal corpo:
come il calore del sole colpendo il vapore acqueo genera un arcobaleno che possiamo sensibilmente vedere, così l'amore divino colpendo l'anima che ha abbandonato il suo corpo determina attorno ad essa un'aurea sensibile che l'occhio mortale non è capace di vedere.

sabato 26 maggio 2012

Nel mezzo del cammin di nostra vita

Queste mese ho voluto prendermi una pausa dal blog. Non è facile trovare delle motivazioni e molti che scrivono come me lo sanno bene. 
Questo mese voglio parlare di un'attività che mi sta affascinando, una di quelle attività che a mio modo di vedere prenderanno piede in quest'eta tecnologica. 
Imparare a memoria. 
Chi ha letto qualche mio post precedente sa che sto rileggendo la Divina Commedia e ora che sono arrivato a metà del purgatorio, riprendendo i commenti che avevo scritto ai tempi del liceo e quelli che mia sorella ha sovrascritto poi negli anni sono tornato a rileggere il primo canto. 
Ho capito che il primo canto della Commedia lo capisci davvero quando al mezzo della vita ci arrivi davvero. Sto cercando di impararlo a memoria, di entrare in una parola dietro l'altra. Imparare a memoria una poesia e leggerla semplicemente possono essere paragonate a suonare una sonata e ascoltarla in un cd. Quando impari a memoria il primo canto della Divina Commedia, riesci a vederlo da dentro. Come guardare un diamante da fuori e osservare un miracolo di luce come quello stando al centro del prisma. 
Ho quasi 32 anni ormai, molti genitori dei miei amici se ne sono andati, mi rimane un nonno, e tanti amici hanno già dei figli. Cosa fare? Dante nei primi versi ripete in continuazione la parola io, i', tanto ch'i, po che i', fui. L'io narrante ci urla la sua presenza, sembra il suono di un tamburo che voglia farci catapultare nel disordine della sua mente. GIà cosa fare? Lasciarsi sbranare da una lince, da un leone, da una pantera? Permettere al vizio, al non senso, all'apatia, al consumismo, al sesso di scavare dentro tutti i giorni che mi restano da vivere, o cominciare ad intraprendere un viaggio con la guida di un Virgilio? 
Sarebbe bello che arrivasse...

domenica 29 aprile 2012

La piaga dei portatili

Da un numero di anni che non riesco a valutare la mia casa è stata invasa da una lenta ma inesorabile avanzata di computer portatili.
Avevamo cominciato con un piccolo portatile che usavamo a turno, ma poi, lentamente, ora ne abbiamo tre.
Quando non c'erano, la sera ci si riuniva davanti la televisione e si guardavano dei bei film in famiglia, alle volte erano programmi di intrattenimento, a volte fiction. La televisione può avere tanti difetti, ma ho sempre trovato affascinante l'idea di condividere storie, idee, valutazioni nello stesso momento. Una cosa così con un libro non la puoi fare. Era bello insomma, ma adesso non mi riesce più di stare in sala con i miei familiari.
Mia madre osserva il suo pc con attenzione maniacale, persa in giochini diabolici: da solitari a tetris impossibili, mio padre osserva le cartine geografiche metereologiche, mia sorella chatta con il suo moroso. Ma che senso ha guardare la televisione insieme in quel modo? Quando provo a sedermi fra di loro, sento una minaccia entrarmi dentro, sento il rumore dei ventilatori dei portatili, il calore delle batterie, le luci degli schermi, le tessere colorate dei giochi di mia madre, i tasti colpiti con foga. Ognuno è perso, perso nel suo mondo senza condivisione, con dei muri tracciati in maniera precisa. Il mondo ha un contorno definito: quello di uno schermo chiaro.
Una volta si accendeva il computer e si aspettava un po', si navigava un pochino, poi si spegnava e si tornava in sala tutti insieme, ora non più. Tra poco arriveranno i tablet, internet anche sul cellulare. Facebook pronto ogni secondo. Poi è sempre la stessa storia: ci si apre su un mondo che comunque ci è indifferente: la tipa che amiamo da una vita su facebook non ci scrive un cazzo, gli amici si fanno i fatti loro, e su libero e tgcom  si leggono le solite notizie di politici avidi e corrotti.
 Ma non valeva la pena guardarsi un bel film tutti insieme?

sabato 21 aprile 2012

Habemus Papam

Ho capito una cosa oggi, guardando questo film.
Un regista come Michael Cimino diceva che ci sono due cose per cui vale la pena  davvero accendere una macchina da presa: una montagna ed un cavallo che corre.
Il film di Moretti che ancora mi mancava si affaccia a un terzo elemento, fondamentale e intenso. Sto parlando del volto del pratogonista, uno struggente Michel Piccoli. Cosa c'è di più bello e drammatico del volto di una persona anziana? Guardiamo solo i nostri nonni. Basta che accennino un sorriso e la gioia si espande come i centri concentrici di un lago quando lanciamo un sasso. E' sufficiente che la tristezza e il rammarico si affacci sul loro volto perchè i dolori di una vita si manifestino ai nostri occhi.
Il volto di una persona anziana è un amplificatore naturale e il terrore di questo periodo di invecchiare  (non vi nascondo mi sta abbattendo ogni giorno che passa sempre di più) si attenua un attimo se penso che mi rimane la speranza di raggiungere dentro di me la pace che molti nonni sanno esprimere quando sorridono a un bambino. Guardateli quando osservano un nipote che gioca e che ride: hanno la pace dentro, riuscirò a raggiungerla anche io?

mercoledì 18 aprile 2012

Cazziatone in libreria con Dante Alighieri

Io lo sapevo che, prima o poi, il momento sarebbe arrivato. Sono vent'anni che sosto ore nelle librerie, quasi mai nelle biblioteche, ma proprio nelle librerie, dove i libri per lo meno sono nuovi. Profumano. Hanno un odore che ti invade la mente e il cuore. L'odore della carta, di un'avventura nascosta, del chissà. Sosto per ore, li apro, li visito, e poi il risistemo al loro posto. Alle volte riguardo gli stessi libri che avevo già analizzato, avevo già annusato. E' una specie di danza che mi tiene lontano dalla vita, mi rassicura, una mia oasi dal mondo così crudele, come lo è un po' per tutti. Non è mai successo nulla, in vent'anni nulla è mai successo. Fino ad oggi 18/04/2012. Sono stato all'euronics di San Giuliano, dico anche il posto, che mi denuncino se vogliono. Ho preso la Divina Commedia di Dante, l'inferno e mi sono messo a leggere il canto XXVII: i consiglieri fraudolenti. Ero perso nella lettua, convinto che anche stavolta, come sempre, la vita non mi avrebbe risvegliato da quel dolce torpore. Anche lì nelle pagine di Dante dopo vent'anni qualcuno mi ha riscosso.
- Scusa.
Mi giro e dietro di me c'è una guardia
- E' già un po' che sei lì o lo compri o la appoggi.
O lo compri o lo appoggi, se lo apri si sciupa.
C'erano oggetti, cose intorno a me che valevano migliai di euro: televisori, elettrodemistici, cellulari, schermi al plasma, navigatori ultrasatelittari, ma la guardia mi ha accusato di deturpare qualcosa che valeva ben 10 euro. Peggio di un ladro perchè avevo aperto un libro. Probabilmente avrà avuto anche ragione ma non sono riuscito a stare tranquillo tutta la giornata. Mi sono sentito offeso, avvilito e affranto. La mia oasi felice, quell'odore di carta nuova, la sensazione di pace mi aveva tradito per la prima volta. Forse quest'episodio mi ha così fatto incazzare perchè mi ha riportato alla vita, alla realtà che non è e non avrà mai la musica di quelle pagine, non avrai mai la purezza di un verso di Dante. Ed è proprio su questo verso che la guardia mi ha risvegliato alla vita:

Oh me dolente! come mi riscossi
quando mi prese dicendomi: "Forse
tu non pensavi ch'io loico fossi!"

mercoledì 11 aprile 2012

Cose che nessuno sa

Come al solito uso i libri che leggo come pretesto per parlare di altro.
"Cose che nessuno sa" è un libro che mi è stato più e più volte consigliato dal mio migliore amico. Quante volte lasciamo sul comodino i libri che ci prestano gli amici ? Quante volte alla domanda - dove sei arrivato - storciamo il naso, inventiamo scuse, pur sapendo che non leggeremo mail il libro che ci è stato prestato?.
In fondo tutti siamo convinti di sapere quello che che è giusto leggere, siamo assolutamente convinti dei nostri gusti, dei nostri interessi. A cosa servono davvero i libri? A passare il tempo? A immaginare vite che non ci appartengono? A sognare ? A smettere di pensare ai nostri problemi? A rilassarci?
Può darsi, ogni motivo può essere valido. Ma ho cominciato a immaginare qualcosa di diverso. E se i libri consigliati fossero davvero i libri che dovremmo leggere per primi? Quando ho letto "cose che nessuno sa" ho capito perchè a Luca, il mio migliore amico, questo libro sia piaciuto così tanto. Gli è piaciuto perchè racconta una parte intima di lui, momenti precisi, momenti che solo io che lo conosco così bene ho saputo interpretare.
Quando un amico ci consiglia un libro ci sta dicendo "ti prego leggi questa parte di me, aiuta te stesso a comprendermi meglio, a leggermi meglio, perchè se capirai qualcosa di più su di me la nostra amicizia prenderà un volo nuovo, un passo diverso.

giovedì 22 marzo 2012

22/11/1963 King è sempre the King

Ammetto di non essere un profondo conoscitore di Stephen King, quindi non ambisco a paragonare questo libro ad altre sue opere. PErsonalmente ho letto tre romanzi lunghi di King:
- It
- The Dome
- 22/11/1963
Pochi per dare una definizione dell'autore, per recensirne lo stile, per dire meglio il prima o meglio il dopo.
Bè non mi importa, io parlo solo di questo libro. Non dirò nulla sulla trama come al solito, se non che si tratta di un viaggio nel tempo. Quello che voglio sottolineare è che forse la bellezza di tutto il romanzo c'entra poco con la trama, di per sè abbastanza lineare. Quello che mi ha travolto è stata la storia d'amore. Ragazzi ma com'è che le storie d'amore sono sempre le più belle? Com'è che ci commuovono tanto? Forse dobbiamo, dico dobbiamo passare la nostra vita a sognarne di viverne una così, e non viverla mai, per forza non viverla mai, altrimenti non sarebbe più possibile sognare?
Io ho pianto alla fine, anche se ormai piango anche quando guardo una tribuna politica.
E' una storia bella perchè insegna una cosa: che non si può forse amare davvero qualcuno se non si attraversa la fase del sacrificio: l'amore si avverte solo quando sei disposto a prenderti cura. Nella buona e nella cattiva sorte. E' tutto qui. Mia madre si porta appresso un tumore da sei anni, sette terapie, sette volte ha perso i capelli, sette volte le sono ricresciuti. Mio padre è sempre lì. E' questo l'amore, tutto il resto sono solo cazzate.
Un giorno mi ricordo che ha detto questa frase:
"Anche se i nostri corpi possono smettere di parlarsi, i nostri spiriti rimarrano intrecciati per sempre".
Bravo pà, te sì che sei un vero poeta!

domenica 18 marzo 2012

Essere o non essere - al giorno d'oggi

Oggi rileggevo i miei vecchi racconti. Fra questi mi è capitato di leggere una sceneggiatura di un film che non sono mai riuscito a girare per intero con i miei amici, un po' per colpa della voglia, un po' per la scarsità dei mezzi a disposizione.
Ad un certo punto della sceneggiatura la protagonista rilegge essere o non essere riscritto in chiave moderna. E' una cosa che ho scritto quando avevo 23 anni e mi ha fatto tenerezza. Ve la metto qui. Sono proprio triste in questo periodo, michia non riesco a ripigliarmi, la nostalgia alle volte ci salva:

Cosa deve essere, cosa non deve essere, oh! Quanti problemi; come se sapessi io se è meglio subire oppure provare a cambiare; rompersi il culo contro gli insulti e le offese e dire che finalmente “Tutto è a posto”. Invece a me vien proprio voglia di dormire, che sembra un po’ morire; sì, quasi morire; ho detto quasi, tranquilli, perché ci sono sempre i sogni. Quel senso di piacere che ovatta l’angoscia ed i pensieri peggiori,
Basta! Proprio così, siamo sicuri che sia solo un basta? Dato che se dicessimo basta… se cercassimo davvero la parola fine, totale o parziale che sia, apparente o effettiva; forse davvero dovremmo fare i conti con i sogni.  In quel momento: dopo l’azione che avremmo voluto sempre fare, dopo il silenzio che abbiamo voluto il coraggio di spezzare. Dopo la paura che non c’è più, dopo che non c’è che presente e presente, dopodopodopodopo… quali saranno i sogni? Quali?

E’ questo pensiero che ci arresta, perché dimmi… per quale motivo vorresti continuare a subire i torti del tempo e di chi ti opprime? Perché continuare ad accorgersi che la vicina di casa non si è accorta di te, che non sarai mai in grado di passare un’ esame, che il tuo capo ti ha classificato idiota e che risalire classifiche è uno sforzo al di là di te stesso? Perché sopportare il rumore di una sveglia che ti impone di immergerti in strada quando nemmeno la luce può accoglierti ancora? Perché offendere te stesso una vita lavorando per chi non sa nemmeno che esisti? Dimmi…
Ciò che non si conosce, la forma inesplorata corrompe la volontà. La coscienza è una forma di viltà. La risoluzione di un attimo diventa pigro riflesso l’attimo dopo. L’impresa una pazzia. La ragione non fa che piegarci ad essere uguali. Un giorno dopo l’altro, la paura divora la speranza.

lunedì 12 marzo 2012

Remare contro

Remare contro. L'avete mai sentita voi quella forza?
Sto leggendo l'ultimo libro di Stephen King, dove il protagonista tenta di modificare un passato che però non ha intenzione di farsi cambiare e, allora, tenta in tutti i modi di mettere i bastoni fra le ruote al protagonista. E ho pensato, ma non capita a tutti questa cosa?
Alle volte sembra che ci sia una mente dietro le cose che ci succedono, una mente anche perfida che ci impedisce di andare in una direzione.
Io mi chiedo non sembra anche a voi?
Succede sempre qualcosa che impedisce a due persone di vedersi anche se si amano da morire, qualcosa che impedisce a qualcuno di fare un lavoro che adorerebbe compiere, un viaggio che si è organizzato da una vita che improvvisamente salta. Voler imparare qualcosa che non c'è verso di imparare. Volere un figlio che non arriva mai senza ragione. Litigare con tuo padre senza capire il motivo quando vorresti solo andare d'accordo. Farsi volere bene dagli altri ma suscitare solo indifferenza. Voler piacere senza mai piacere.
E' una senzazione che nella mia vita ho visto di continuo, puoi remare tutta la vita contro una corrente, ma se lei ha deciso di non farti arrivare dove vuoi, meglio assecondarla e cambiare la meta.

domenica 26 febbraio 2012

Capelli bianchi

Alla fine è successo. Sono arrivati.
Mi sono sempre ritenuto di aspetto più giovane della mia età, molto più giovane. Almeno fino a qualche tempo fa. Eppure le cose stanno lentamente cambiando: ho superato da poco la soglia dei 30 anni, è ora quest'anno saranno già trentadue.
Un giorno delle settimana appena trascorsa mi sono visto riflesso nello specchietto della macchina mentre facevo retromarcia, ed eccoli lì che spuntavano con fare aggressivo: i primi capelli bianchi. Com'è che a un certo punto il nostro corpo decide di punto in bianco di invecchiare ? Forse vuol dirci che dobbiamo muoverci? Che dobbiamo trovare la donna giusta, sposarci, mettere su famiglia ?
Ebbene spuntino pure quei maledetti capelli bianchi e le rughe che verranno. Non credo nel futuro soprattutto in questo momento, mi lascio vivere ogni giorno di più, qui in casa dei miei lasciandomi appassire poco a poco: non ho ottenuto quello che volevo dalla vita e non voglio considerare questa vita qualcosa da prendere sul serio. La risucchio proprio come lei ha fatto con i miei sogni e le mie aspettative. Si sposino pure i miei amici, si cerchino un mutuo, facciano affidamento su un lavoro che ormai non può dare sicurezza più a nessuno.
Io me ne resto qui accampato e sereno.

martedì 21 febbraio 2012

L'alchimista e Serendipity

Moltissimo che non aggiorno.
E' proprio vero che alle volte ci mettiamo da soli paletti che non vogliamo oltrepassare, recinti da cui ci guardiamo bene dal varcare. Sono i pregiudizi: quel libro non lo leggerò mai, quel film non lo guarderò mai. Questo mese ho fatto due cose che mi ero da sempre ripromesso di non fare: leggere l'Alchimista e vedere Serendipity. Erano sempre stati due taboo per me inaccessibili. "Non leggerai mica l'Alchimista? pacchianata da tutti considerata New Age? Non guarderai mica Serendipity? mielosa commedia amata dalle ragazzine in cerca del principe azzurro?"
Sono proprio orribili i pregiudizi, non c'è nulla da fare; ed è incredibile come entrambe le forme un film e un libro parlino entrambi della stessa cosa: i segnali.
Non ho mai amato la teoria dei segnali, in altri post l'ho anche bisfrattata e insultata, ma in fondo perchè prendersela tanto? Perchè non mi rilasso un attimo? Anzi, perchè non ci rilassiamo tutti un attimo? In questa vita che Celentano, giustamente secondo me, ha descritto con l'epiteto: Che cazzo di vita è questa?
L'alchimista racconta la storia di un ragazzo che insegue il suo sogno e per farlo si affida ai segnali che la vita gli lancia, in Serendipity due persone si incontrano per caso e quando si lasceranno dopo il primo incontro senza sapere nulla dell'altro si chiederanno se il destino li farà rincontrare: insomma se il caso non è caso, se sono l'anima gemella che Dio ha voluto per loro.
Insomma come lo chiami lo chiami e sempre Dio che si chiama. Credere ai segnali significa nutrire speranza nel mondo e nel futuro, quindi perchè mi devo sempre arrabbiare e vedere sempre il nero oltre il confine? Beati quelli che hanno tanta tenerezza nel cuore da sperare sempre che una forza li accompagna e che voglia solo e soltanto tutto il bene per loro.

Godetevi questo simpatico necrologio

http://www.youtube.com/watch?v=KoI0xTTQCC4&feature=related

lunedì 30 gennaio 2012

Scrutatio

Spero si scriva così. L'altro giorno il mio amico di sempre mi porta a fare questa esperienza. Chi ha letto qualche post sa già di questo mio amico, e soprattutto conosce la differenza enorme che, forse, ci fa essere così amici. Lui ha la fede e io no, e credo che mai ce l'avrò!
Nonostante questo durante l'estate mi sono letto tutta la Bibbia, dunque mi sono detto perchè no?
L'esperienza in questione verteva infatti su un concetto molto affascinate che non conoscevo: scrutare.
C'erano 300 ragazzi fra i 20 e i 34 anni; tutti fedelissimi, a parte me. Si partiva da un passo, un passo del vangelo. Ogni passo nel testo sacro ha delle note che richiamano ad altri e il gioco consisteva in questo: leggere tutti i richiami ad altri passi e da questi ad altri ancora, come una carambola infinita. Più ci si addentra in questa specie di gioco più ho scoperto quanto sia  "mistico" in senso laico, addentrarsi in un testo, un qualsiasi testo. E' un po' come leggere qualcosa tenendo per mano qualcuno che da lì ci è già passato, come attraversare un museo con una guida esperta, come guadare un fiume con chi conosce i sassi giusti su cui appoggiare i piedi. Una sensazione amica e intensa; una certa esperienza di pace che mi ha reso sereno, almeno fino ad oggi: un altro terribile Lunedì.
CIao a tutti

sabato 28 gennaio 2012

Delitto e Castigo - la febbre di Dostoevskj

Mi sono sempre chiesto perchè i personaggi di Dostoevskj mi abbiano sempre così tanto affascinato. Nella mia vita ho sempre precorso i tempi, e credo di aver completamente sbagliato nel leggere questi romanzi prima che maturassi a pieno. Ho iniziato con l'Idiota, i Demoni, i Fratelli Karamazov e ora ho da poco finito quello che è considerato un po' la pietra miliare: Delitti e Castigo. Avrei dovuto davvero cominciare da qui, da questo romanzo, perchè è proprio qui dentro che è nascosto il segreto dei suoi personaggi. C'è una linea sottile che unisce tutti i personaggi di Dostoevskj, che li rendi così particolari e diversi dagli altri: non solo per i dialoghi infiniti, privi di nesso con la realtà, ma è come se fossero animati da una forza irrazionale, come se fossero tutti "matti" in un certo senso (tanto per legarmi al mio post precedente). In realtà è proprio in questo romanzo che leggiamo la chiave per poterli capire. I personaggi sono costantemente preda di una febbre, una febbre mentale così forte che si riflette nel loro modo di agire e di comportarsi, nel loro modo di parlare e sentire, di relazionarsi con gli altri e con il mondo. Per quasi tutto il romanzo Raskolnikov ha la febbre, addirittura il termine febbre compare con mille sinonimi, lo stato di confusione fisico viene descritto e ribadito con le diagnosi più diverse. E' Zosimov, un conoscente dottore degli amici di Raskolnikov a descriverci con precisione le caratteristiche di questa malattia umana:
"E' un fenomeno molto noto: gli atti sono compiuti a volte in modo magistrale, con grande accortezza, ma il governo delle azioni, il principio regolatore delle azioni è sconvolto e dipende da varie impressioni morbose. E' una cosa che si può paragonare al sonno. Tutti noi, e molto spesso, siamo quasi uguali ai matti, ma c'è una piccola differenza: i malati sono un po' più matti di noi. Ma di persone perfettamente equilibrate, in realtà, non c'è n'è quasi nessuna"
Cos'è quindi questa malattia che tormenta Raskolinov ? Certo non è il senso di colpa, perchè è questo stesso principio virale che lo conduce a commettere il delitto: uccidere una vecchia usuraia con un colpo di accetta.
Questa febbre è quella che sa soprenderci in ogni momento della nostra vita: il male che ci illude di chiamarsi bene; azioni negative commesse a fin di bene. Sentiamo sempre che il mondo sia diviso in privilegiati e in condannati; che solo chiudendo ogni tanto un occhio, se non entrambi, possiamo regalarci un passo nell'eliseo degli esseri superiori. E' la febbre che ci fa offrire denaro per ottenere un lavoro, la febbre che ci fa dire una bugia a nostra moglie perchè la vita è una e va vissuta in pieno,  quella febbre che ci fa mettere la carriera davanti ad ogni cosa, è quel ma sì dai per una volta, ma sì lo fanno tutti, ma sì dai non sarò mica io più coglione degli altri? Devo pagare le tasse che non le paga nessuno? Devo dire di no a una segretaria quando nessuno lo verrà a sapere ? Perchè non pago ? se pago tutto è sistemato, tutto sarà a posto, io sarò a posto.
Sentite cosa dice dice l'ufficiale Porfirj per convincere il colpevole a costituirsi e vediamo se uno non ce la fa ad essere chiamato in causa
"Sapete che cosa penso di voi? Vi ritengo uno di quegli uomini che si lascerebbero strappare le budella, in piedi, guardando con un sorriso i loro carnefici, purchè avessero trovato una fede o un Dio. Ebbene trovatelo e vivrete. So che non avete la fede - ma non mettetevi a sottilizzare, abbandonatevi al corso della vita, rinunziate al ragionamento; non abbiate paura; esso vi porterà alla riva e vi rimetterà in piedi. Che vi importa di passare in un'altra categoria di uomini ? Un cuore come il vostro può forse rimpiangere il benessere? DIVENTATE UN SOLE, E TUTTI VI VEDRANNO

venerdì 20 gennaio 2012

Il matto dal dito medio

Un bel po' che non aggiorno! Le visite salgono ma purtroppo in due anni non sono ancora riuscito a ricevere un commento. Qualcuno lascerebbe perdere, ma io ho la testa dura e ogni tanto scrivo anche se chissà a chi.
In ogni caso dedico questo posto ad un matto. In questo periodo ho dovuto fare avanti e indietro dall'ospedale, purtroppo sono cose della vita, anche se non serve a nulla, non ci si sente meglio comunque, anche se quello che di brutto succede, succede a tutti.
Da Cassano a Treviglio saranno 10, 15 chilometri; bè con -4 gradi c'è un matto qui dalle mie parti, vestito con un berretto rosso, una giacca da domatore da circo, una bandana a mò di rambo che con una biciclietta sgangherata, da anni va avanti e indietro per questa strada. Ormai lo conoscono tutti e devo dire che mi fa una certa tenerezza e mi induce ad un gran rispetto. Sbanda da una parte all'altra rischiando di essere tirato sotto dalle macchine che passano e quello che ama fare è urlare contro ogni automobilista che passa indicando il suo dito medio.
Ho pensato che alle volte è quello che tutti noi vorremmo fare, mandare a quel paese un po' tutti, senza sconti e senza eccezioni. Per quello che ci succede e per quello che non ci succede. I matti sono personaggi che hanno sedotto i più grandi scrittori della storia della letteratura: Dostoevskj e Gogol in primis, ma sicuramente anche Kafka, Flaubert, Pirandello, Pasolini e chi più ne ha più ne metta.
Mi chiedo perchè? Basta pensare al tizio con il dito medio: loro solo hanno il coraggio di mostrarci quello che si nasconde dentro di noi: quella volontà inespressa, una rabbia, uno sforzo, una delusione perenne, un dolore dalla radice così profonda che non si può strappare. Non fanno altro che urlarlo, farlo salire alto al cielo. Ho pensato che forse dentro di loro si nasconde una specie di megafono, forse  hanno un compito, assegnato loro da un Dio: raccogliere e registrare tutto quello che succede intorno e riferirlo dritto a qualcuno più in alto. Cari matti, vi abbraccio!