martedì 23 agosto 2011

Quando finisce l'amore, Bellini docet

Ogni giorno, da qualche parte, una storia d'amore finisce.
E' una cosa che non può darci pace; la donna che credevamo ci avrebbe amato per sempre, senza nessuna spiegazione, ci annuncia una volontà inaspettata: vuole lasciarci, vuole abbandonarci, vuole qualcun altro. Il sentimento, all'apparenza solido e incontrastato, tale per il quale ogni altra persona ci sembrava in bianco e nero, si frantuma distruggendo la nostra vita. Allora si riprendono le lettere, quelle lettere dove le promesse sono nero su bianco, ci sembrano un contratto che non può essere sciolto. Eppure niente dura.
La caducità del sentimento umano è una dei drammi più incomprensibili: ci danniamo la vita per incontrare qualcuno che ci amerà per sempre e quel sempre diventa una parola vuota, impossibile da reggersi nel tempo. Perchè il tempo muta il nostro animo? perchè il susseguirsi dei giorni è capace di spegnere un fuoco? Il tempo può fare più di un errore, più di una scelta insensata. E quando ci soprende, così, senza spiegazione, senza un campanello di allarme, senza la possibilità di rimediare, la certezza su cui abbiamo costruito i nostri giorni ci butta diretti nell'ossessione che niente abbia senso.
Allora l'arte, come al solito, ci viene sempre in aiuto.
C'è un autore che amo moltissimo. Ho scoperto da poco questo pezzo, grazie ad una bellissima edizione che ho acquistato da qualche mese. Sto parlando di Vincenzo Bellini.
Anche nella musica classica esistono gli effetti speciali: Rossini e Verdi erano maestri incontrastati nell'uso degli effetti speciali. Se li smonti la vedi dove si nasconde la bellezza: crescendi sempre più improvvisi e veementi, marce trionfali, velocità insostenibili per la voce umana, altezze irragiungili per le ugole di comuni mortali.
Poi ci sono autori come Bellini, in questo vicinissimo a Mozart, che con poco, con davvero poco, intessono motivi di una commozione travolgente.  Non si capisce da dove arrivi tanta bellezza, non si comprende come facciano a travolgerti con la loro melodia così essenziale, eppure loro ci arrivano alla pura radice della bellezza.
Allora eccola Amina, la protagonista della "sonnanmbula", che si dispera perchè il suo amore è finito all'improvviso, incredula di poter mirare così poco la rosa del loro amore. Ho scelto ancora lei per questo pezzo: Maria Callas. Una voce che non c'è mai stata e che non ci sarà mai più: dea incontrastata del canto.
Vi lascio il link e qui di seguito il testo.

Ah, non credea mirarti sì presto estinto, o fiore;
passasti al par d'amore, che un giorno sol durò.
Potria novel vigore il pianto mio recarti
ma ravvivar l'amore il pianto mio, ah nò, non può.

http://www.youtube.com/watch?v=VRhBY0X4sv8

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