venerdì 20 febbraio 2015

La voce più bella nella storia del cinema: Lei.


Ok l'ho visto doppiato. Ok non sarà la stessa cosa. Ma quanto bella è questa voce? Nella versione originale l'attrice che recita la parte dell'OS è Scarlett Johanson ma anche la nostra doppiatrice non è niente male. 
Il fatto è questo punto: cosa serve per innamorarsi di qualcuno? E' necessario un corpo? O basta una voce? L'amore più sublime è quello che manca di un pezzo, quello che non puoi raggiungere pienamente, quello mancato, quello che vedi lontano mentre un fiume in piena ti divide. 
Un uomo in un futuro non molto lontano si innamora di un sistema operativo, un marchingegno che ti può vedere e può parlare, ma non ha un corpo. Per il resto è identico a una donna. Emozioni, difetti e gelosie. 
Film così mi rapiscono sempre e non so il perchè. Forse perchè l'amore è l'esperienza più indecifrabile e assurda della nostra esistenza, chissà. 
Ma come è bello guardare l'attore protagonista reagire alle parole di una voce in estasi? 
Quando tutto manca come in questa coppia assurda, allora emerge la voglia di colmare, la spinta infinita dell'uomo a raggiungere la metà della mela. E' questa corsa infinita a rendere tutto struggente e potente. 
La voce più bella nella storia del cinema: LEi

venerdì 6 febbraio 2015

Il romanzo più difficile da finire: "Storia di Genji: il principe splendente".

Nella mia vita ci sono solo due titoli che rimangono una specie di sconfitta, due romanzi che non sono riuscito a finire. "Moby Dick", e "Viaggio al termine della notte". Tutte le volte che ne sento parlare, qualcosa dentro di me brucia, come una specie di ferita. Avrei potuto tener duro, mi dico, pazientare e ultimare la lettura. Da allora non c'è libro che non riesca a non finire. Soprattutto perché sono proprio i libri più difficili da leggere, quelli per così dire lenti che si depositano più a lungo nella nostra memoria. Il principe Genji è stata una prova durissima, non tanto per la scrittura che è in sè semplice; ma per la lentezza della storia. Nella letteratura giapponese, che ammetto di non amare più di tanto, i cinque sensi si amplificati a dismisura. Non c'è colore, profumo, rumore, sapore che non venga descritto nei minimi particolari.
Il particolare diventa un vero microcosmo in cui i personaggi si perdono. Il principe ama incondizionatamente tutte le donne che all'inizio lo respingono o che hanno qualcosa che lo incuriosiscono, magari sono brave a danzare, a cantare, a suonare la cetra. A volte sono simpatiche, a volte nemmeno tanto carine. Quando ama, lui ama per sempre, accogliendo ogni responsabilità nella sua grande casa, assegnando ad ogni dama un'ala del suo enorme palazzo. Le persone si scrivono poesie, e sono tenute a rispondere. Gengji verifica la bellezza della calligrafia, lo spessore della carta, il profumo di cui è impregnato il biglietto. Verifica la bellezza delle vesti, del portamento, la capacità di dialogare della dama. Attraversa ogni esperienza con una sensibilità gigantesca, sopportando spesso la morte delle persone che ama. La colpa per i suoi desideri che non riesce a reprimere viene sempre espiata nel corso della sua vita. Ma sarà solo una la donna della sua vita: la bellissima principessa Murasaki, capace di sopportare qualsiasi peso, persino di accettare l'incontentabile sete di amare del suo adorato Principe Gengji. Questo romanzo, scritto nell'anno mille, è una specie di grande albero della vita, che si ramifica e dipana, con una eleganza incredibile. Anche se le passioni si ripetono, così come le feste, le danze, i riti, le stagioni, le morti, e le nascite, ogni cosa è sempre vissuta come un nuovo inizio, come una rinascita, nell'infinito ondeggiare del mare della vita.