martedì 26 giugno 2012

La più bella poesia d'amore mai scritta!

E' assolutamente ovvio che il titolo di questo post sia un po' provocatorio. La più bella poesia d'amore? e chi mai potrebbe azzardarsi a consegnare tale titolo? a chi poi? quale autore? morto o vivente?
Qualche mese fa sono stato per la prima volta offeso duramente durante una sosta in una libreria milanese. L'ho anche scritto in un mio post precedente. Ma le vere librerie, non quelle che si trovano dentro i centri che vendono anche elettrodomestici, quelle vere insomma sono sempre una sorpresa. Una poesia può farti svoltare una giornata, e in questo periodo riesco ad accontentarmi anche di poco, mi basta questo, incontrare sulla mia strada una bella poesia. Eppure questo non è stato un incontro come tutti gli altri, è stata una specie di rinascita. Immaginate la scena: mezzo depresso decido di entrare in questa libreria, senza aspettativa alcuna. La mia mano procede in un lungo e in largo per gli scaffali; poi, con un moto quasi sprezzante coglie queto volume: le più belle poesie d'amore. L'ennesima sfilza di poesie per persone che si accontentano di vedere nella poesia null'altro che amore, sempre e solo amore. Come se la poesia non servisse ad altro che a far innamorare la gente. Lo apro. A caso. Ed ecco. BANG BANG BANG.
La più bella poesia d'amore che avevo letto nella mia vita, anni fa, quando avevo quindici anni, quando sapevo commuovermi per dei versi, cosa che ora non sono certo più capace di fare. Cesare Pavese. Ho aperto un'altra volta lo scrigno di Pandora. Sono tornato ragazzo, e quei versi ora li voglio imparare a memoria. E' grande la lezione del grande poeta argentino Borges quando consigliava ai poeti: non cercate chissà quali parole per descrivere i vostri sentimenti, non abbiate paura di usare quei vocaboli che parlano più speditamente al cuore, usate le stelle, il cielo, l'azzurro, il cuore, usate la primavera e i suoi fiori. Ok non diceva proprio così ma il senso era questo.
C'è tutta la vicinanza e la distanza in questa poesia di Pavese. La sente parte di lui la persona che ama: vive la sua stessa stagione, anche lei è fata di carne, di sorrisi come lui. Lei ha parlato con lui come ha fatto con altri, lei condivide i sapori e i medesimi risvegli. Eppure dietro ogni vicinanza, dietro ogni appartenza c'è sempre un enorme distanza: lei ha giocato sotto un cielo diverso, c'è un silenzio e una nube che si porta appresso, la sua forza è proprio un silenzio che nessuno potrà mai spezzare. E poi l'immagine finale: erba viva nell'aria che rabbrividisci e ridi. C'è qualcosa di più tenero al mondo di una donna che rabbrividisce per il primo freddo che arriva in autunno? Quando il brrr si trasforma in un largo sorriso?

Hai un sangue, un respiro.
Sei fatta di carne
di capelli di sguardi
anche tu. Terra e piante,
cielo di marzo, luce,
vibrano e ti somigliano -
il tuo riso e il tuo passo
come acque che sussultano -
la tua ruga fra gli occhi
come nubi raccolte -
il tuo tenero corpo una zolla nel sole.

Hai un sangue, un respiro.
Vivi su questa terra.
Ne conosci i sapori
le stagioni i risvegli,
hai giocato nel sole,
hai parlato con noi.
Acqua chiara, virgulto
primaverile, terra,
germogliante silenzio,

tu hai giocato bambina
sotto un cielo diverso,
ne hai negli occhi il silenzio,
una nube, che sgorga
come polla dal fondo.
Ora ridi e sussulti
sopra questo silenzio.
Dolce frutto che vivi
sotto il cielo chiaro,
che respiri e vivi
questa nostra stagione,
nel tuo chiuso silenzio
è la tua forza. Come
erba viva nell'aria
rabbrividisci e ridi,
ma tu, tu sei terra.
Sei radice feroce.
Sei la terra che aspetta

sabato 23 giugno 2012

Canto XXV del Purgatorio, il Papa a Bresso,

Complice il caldo di Scipione di questi giorni,  complice il fatto che mi sto dedicando più spesso al mio romanzo che credo di riuscire a finire per la fine dell'anno, complice l'apatia insana che mi coinvolge in questo periodo e che non mi lascia proprio sereno, ho un po' trascurato il mio blog. C'è anche da dire che il fatto che non ci siano mai commenti, non aiuta. Per lo meno ci sono le visualizzazioni ad aumentare e tant'è.
Un mese fa ormai sono stato con il mio amico Luca a vedere il Papa a Bresso. Come al solito lo seguo nell'attesa di un'illuminazione celeste che ovviamente non arriva mai. Eppure stavolta c'è stata una cosa detta dal Papa ad avermi particolarmente colpito. Una bambina gli ha fatto una domanda a proposito della sua famiglia, e lui, rispondendo a braccio, mi ha lasciato di sasso.
Mi ricordo proprio queste parole: "Io non so come possa essere il Paradiso, ma alle volte spero che sia un po' come tornare alla mia infanzia: passeggiare nei boschi con i miei genitori e, alla sera, riunirsi tutti insieme per ascoltare Mozart e Bach". Mi ha davvero sconvolto questa umanità della massima carica spirituale: come? nemmeno il Papa sa cosa ci sarà dopo la morte? Quindi anche lui nella massima sua conoscenza teologica può solo sperare in uno stato di cui non conosce nè i modi nè i tempi. Eppure la visione che ha dato della vita dopo la morte mi è sembrata fantastica, molto semplice e capace di far emergere una componente della vita che non sappiamo mai apprezzare. Il modesto, il piccolo, il poco. Una passeggiata nella natura, con i genitori, accompagnati nella foresta, ascoltare musica classica, come si faceva una volta con un disco, tutti insieme. Semplice. Una dimensione che abbiamo tutti completamente dimenticato. Mi è venuto in mente una delle immagini più belle che abbia letto quest'anno. Nel XXV canto del Purgatorio Dante si chiede come sia possibile che le anime purganti provino fame, dolore, sofferenza dato che il corpo è rimasto nell'aldiqua. Stazio che si è da poco aggiunto a Virgilio descrive tutti gli stadi della vita: dal concepimento alla morte, dalla creazione dell'anima fino alla salvezza o alla dannazione. In un brano da brividi Dante descrive il momento in cui l'anima genera una forma incorporea attorno ad essa che gli permette di provare una sensibilità molto simile a quela indotta dal corpo:
come il calore del sole colpendo il vapore acqueo genera un arcobaleno che possiamo sensibilmente vedere, così l'amore divino colpendo l'anima che ha abbandonato il suo corpo determina attorno ad essa un'aurea sensibile che l'occhio mortale non è capace di vedere.