mercoledì 26 agosto 2015

La ragazza del treno.

Di tutti i libri che ho letto in questo periodo, su questo vale forse davvero la pena che mi soffermi. E' incredibile come la letteratura moderna stia tentando in tutti i modo di avvicinarsi al cinema. 
Frasi sempre più breve, salti temporali continui, montaggio serrato delle sequenze narrative quasi a voler imitare la costruzione cinematografica. Stiamo assistendo ad un annullamento completo dell'autore a favore dei personaggi, della loro mente, della loro visione soggettiva. 
La ragazza del treno è un libro basato sull'io narrante. Chi vede narra, anche parzialmente, istintivamente, irrazionalmente. Contano gli occhi, lo sguardo è solo negli occhi dei personaggi, vinti dalla stessa limitatezza del loro essere umani. E' proprio questa secondo me la chiave che ha permesso a questo libro di ottenere questo enorme successo.  Da sempre ripeto che a contare più di tutto, al di là di una storia che funzioni, è un linguaggio nuovo, davvero innovativo. Qualcosa capace di scardinare le nostre certezze onniscienti. Dalla verità sul caso Harry Quebert, a Cinquanta Sfumature di Grigio a la ragazza del treno. Cosa avvicina questi te libri? Il concetto della velocità, dell'immediatezza del linguaggio, sono avvicinati insomma dalla voglia di tuffarsi nelle connessione sinaptiche dei protagonisti. 
D'altro canto appare incredibile osservare come la televisione e il cinema stia tentando in tutti i modi di avvicinarsi al mondo della letteratura e del teatro. Basti su tutto pensare alla pluriosannata serie televisiva True Detective. 

giovedì 13 agosto 2015

Il fondo del barile. La forza della solitudine.

Ci sono momenti nella vita in cui ti tocca toccarlo il fondo del barile. Il corpo è schiacciato da una indicibile forza di gravità, che va al di là di quella studiata in fisica, la cui formula sono sicuro di averla studiata, anche se purtroppo non la ricordo più. 
Ogni volta è sempre peggio, e adesso sembra difficile essere in grado di risalire la china. 
Il problema vero, segno dei tempi, è che non sappiamo stare maledettamente bene da soli. Si sta sempre male, quando invece da lì dovrebbe sprigionarsi una forza capace di fagocitare qualsiasi cosa. 
Ogni volta che si cerca qualcuno a tutti i costi: un amore, un'amicizia, un lavoro, una soddisfazione, della gratitudine, si viene sempre inesorabilmente scossi e delusi. 
Quando non si viene ricambiati si sta male. Malissimo. Eppure anche in chi cerca si annida la violenza dell'egoismo, si pretende amore prima ancora di darlo. Lo si vorrebbe strappare, quasi succhiare, come sanguisughe esperte. Tutto perchè la solitudine ci violenta, quasi ci sovrasta. Eppure gli altri non dovrebbero essere un modo per stordirci, per non pensare alla finitezza della nostra vita. Sembra sempre che è importante uscire. "Non sei uscito?""Non hai fatto niente stasera?""Sei rimasto a casa, con questa bella giornata?"
Sì cazzo, me ne sto a casa, a guardare il trono di spade, a leggere un libro, a cucinarmi una bella pasta e patate solo per me come mi spiega Alessandro Borghese. Forse in quella beatitudine che non cerca, dentro di noi si crea il vuoto necessario perchè qualcun altro lo riempia. 
Belle parole, certo. Parole che dico a me per continuare a non disperare. Però sarebbe bello che fosse così.