domenica 17 giugno 2018

Il terzo romanzo di Giovanni Pennati: La fiorita e verde etade

Ok. Ne ho finito un altro. Di cosa parla? Non saprei dirlo esattamente. 
Questa è la sinossi che ho pubblicato nei vari store: 


"Questa è la storia di Gemma. Ma è anche la storia di Silvio. Lei crede di capire tutto. Lui è sicuro di non conoscere nulla. Se le storie sono pericolose, allora il pericolo alle volte va vissuto. Di sicuro bisogna spendere tempo per comprendere a fondo gli altri.
E non è mai facile intepretare due occhi. Gemma e Silvio sono Achille e la tartaruga. Più si avvicinano, più si allontanano. Forse è solo la storia di un incontro. E l'unica magia che conta nella vita è sempre quella: un uomo, una donna, e l'universo che esplode."

La malattia di scrivere non si ferma mai. Ora è finito. Si chiama "La fiorita e verde etade". Quasi mi dimenticavo di dire il titolo. Comunque ecco la copertina 

 

domenica 3 giugno 2018

Germinal

La domanda centrale di tutto il romanzo sembra essere una sola. Posta sempre in maniera differente, risuona come una nota minacciosa per tutte le pagine del libro. 
Ma l'uomo è un essere degno di questo pianeta? 
A un certo punto due personaggi del libro si interrogano su quale possibile equilibrio l'umanità potrà mai raggiungere. I grassi smetteranno mai di mangiare alle spalle dei magri? E i forti smetteranno mai di sfruttare i più deboli? 
L'aspirante sindacalista, colui che smosso le coscienze dei minatori contro i padroni, chiede al navigato e più acculturato compagno di origine russa se tutto i loro sforzi saranno efficaci. E se davvero gli operai prendessero il potere non rischieremmo solo di vedere nuovi potenti sostituire quelli vecchi? Allora, se davvero nessuna speranza rimane per l'uomo di vivere in pace uno con l'altro, forse meriteremmo davvero di essere estirpati dalla terra come quelle piante cattive che distruggono tutto quello che c'è intorno. Così risponde il compagno.
Meritiamo di stare qui? O siamo un cancro? 
Non credo sia una domanda stupida, non l'ho mai pensato. E questa parabola paradigmatica sembra formalizzarne l'essenza. 



domenica 27 maggio 2018

Young Signorino

Non mi è mai dispiaciuto il rap italiano. Non che ne vada matto, intendiamoci, però ormai la moda, il sistema, i media, si muovono intorno a loro. E almeno in parte credo vadano capiti. Ma quello di cui voglio parlare esula dal genere musicale. Forse esula addirittura da una particolare forma d'arte come può essere la musica. Viviamo dentro l'era della contaminazione. Non sappiamo nemmeno più cosa dire, come se tutti gli argomenti possibili siano già stati trattati. La narrazione è stanca, le manipolazioni continue e non si fermano mai. In questa bolla di sapone oggi ho visto un video che mi ha fatto fare: BAM. 
Credo che quando si parla di arte bisognerebbe smettere di credere ai buoni e cattivi maestri. L'artista non ti dice mai cosa è giusto e sbagliato, vorrei pensare di lasciare agli altri l'onere di imbustare messaggi positivi, di raccontare a un bambino cosa deve fare e cosa non. L'essere umano avrà perennemente bisogno di evadere, e il limite non è un concetto di cui l'arte deve farsi carico. Le storie sono l'esempio. Medea uccide i figli, per vendicarsi del marito. Euripide è un cattivo maestro? 
Lasciamo da parte la trageda greca, forse un paragone assurdo con quello che voglio dire.
Oggi ho visto il video di questo personaggio che non conoscevo. Se penso ai video di Andy Wharol, o alle installazioni di Marina Abramovich, Young Signorino fa una specie di operazione di fusione che mi ha stupito e affascinato. Le parole si frantumano, si perdono. Si sentono all'inizio dei versi, un operazione dadaista, quasi un atto di accusa nei confronti della parola, come una sorta di incapacità di dire e di ascoltare. Il video è una moltiplicazione di primi piani, e di sguardi persi. Il corpo è sottile e sembra crollare sotto un peso di cui avvertiamo la spietata misura. 
E' un prestare una voce a chi è stufo di ascoltare le solite cose e di dire le solite cose. Credo che sia più arte contemporanea questa che tante semiopere o presunte tali che incontriamo da qualche parte nel mondo oggi.