mercoledì 28 agosto 2013

I centri commerciali

Lo ammetto, ne vado matto. Ogni scusa è buona per fermarmi a bere un caffè. Mi rilassano, mi fanno credere che il mondo sia un posto meraviglioso. Senza sporcizia, senza povertà, senza miseria. Sono tutti belli, tutti sorridenti, tutto è colorato e tutti mi vogliono bene. Basta che compro: un caffè ok, ma anche un pantalone, una maglietta, un i-pad, una pizzetta o un hamburger. 
Perchè mi piacciono così tanto i centri commerciali? Non riesco a capire. Eppure il loro fascino per me non ha risposta. Forse mi illudono di avere uno stile che non ho, di essere meglio di quello che sono. Mi piace guardare quelli che mi stanno intorno: le coppiette all'ultima moda, dove lui ha sempre un cappellino colorato e lei un tatuaggio sulla spalla bene in vista. Oppure lui il tatuaggio e lei il cappellino. Si prendono mano per la mano e si vede che hanno l'ansia di apparire diversi da tutte le altre coppiette, e forse sono lì proprio per rintracciare un totem che li distingua. Mi piacciono i padri di famiglia con la pancia ma con la maglietta attilatissima per far risaltare i pettorali, non fa niente se la pancia supera la linea delle tette. Mi piacciono i bambini urlanti incapaci di trattenere la voracità degli occhi che vogliono tutti. Mi piacciono le milf, mogli che tentanto disperatamente di apparire quindicenni. 
Mi piace tutto. Ma sono sicuro? 

lunedì 26 agosto 2013

Antipolitica e anticlericalismo in Ludovico Ariosto.


Mi sono ritrovato da poco a discutere con un caro amico filosofo mentre passeggiavamo in montagna. Secondo lui l'anticlericalismo oggi è quanto mai diffuso. Tutti pronti a prendersela con i preti, la chiesa e compagnia bella. Spesso sono proprio quelle persone che mandano i figli a far battezzare, cresimare e sposare. Va bene puntare il dito su fb, ma quando bisogna approfittare di una bella festa, allora è il momento di mettere in secondo piano tutto, e adeguarsi al tam tam sociale. 
In fondo so che è così. Eppure in un mio vecchio post avevo scritto che certe cose succedono e succederanno sempre, in ogni posto e in ogni tempo. Basta pensare all'antipolitica. Di fronte al potere, l'uomo subisce una tentazione così forte, che solo una cultura etica fortissima può stemperare nel bisogno del bene comune. La rabbia è più forte oggi? 
Forse varrebbe la pena davvero diminuire il tasso di sdegno e aumentare l'educazione in vista di generazioni migliori. 
Possiamo dimenticare la rabbia di Dante nei confronti della Chiesa, Bonifacio VIII e contro il decadimento dei costumi di tutto il clero? Stiamo parlando del 1200. 
Persino in Ludovico Ariosto questo sentimento ritorna, e siamo nel 1500. Stiamo parlando di un poema totalmente differente dalla Divina Commedia, e soprattutto con finalità tutt'altro che profetiche. Tuttavia Ariosto non può esimersi dalla critica della sua società. In questo passo l'arcangelo Michele è alla ricerca del Silenzio, su richiesta di Dio. Il Silenzio dovrà aiutare l'esercito inglese a raggiungere quello Francese per sconfiggere Agramante e il suo esercito. 
L'angelo lo cerca in un monastero ma quello che trova è davvero tutt'altro. 

Vien scorrendo ov’egli abiti, ov’egli usi;
     e se accordaro infin tutti i pensieri,
     che de frati e de monachi rinchiusi
     lo può trovare in chiese e in monasteri,
     dove sono i parlari in modo esclusi,
     che ’l Silenzio, ove cantano i salteri,
     ove dormeno, ove hanno la piatanza,
     e finalmente è scritto in ogni stanza.
Credendo quivi ritrovarlo, mosse
     con maggior fretta le dorate penne;
     e di veder ch’ancor Pace vi fosse,
     Quiete e Carità, sicuro tenne.
     Ma da la opinion sua ritrovosse
     tosto ingannato, che nel chiostro venne:
     non è Silenzio quivi; e gli fu ditto
     che non v’abita più, fuor che in iscritto.
Né Pietà, né Quiete, né Umiltade,
     né quivi Amor, né quivi Pace mira.
     Ben vi fur già, ma ne l’antiqua etade;
     che le cacciar Gola, Avarizia ed Ira,
     Superbia, Invidia, Inerzia e Crudeltade.
     Di tanta novità l’angel si ammira:
     andò guardando quella brutta schiera,
     e vide ch’anco la Discordia v’era.


venerdì 23 agosto 2013

Il colpo di fulmine: la più bella descrizione

Nel lungo mio peregrinare fra testi di ogni genere, ho deciso di leggermi l'Orlando Furioso.
Forse mi era venuta voglia di leggerlo fin dal giorno in cui vidi quel bellissimo film "Pani e Tulipani", dove uno dei personaggi aveva imparato l'italiano leggendo l'Orlando Furioso appunto. Faceva troppo ridere quando diceva di volersi "calare negli Abruzzi" per riconquistare la sua donna.
Bene è proprio un passaggio di due ottave che ho deciso di riportare oggi, in questa serata di fine Agosto.  Capita a tutti prima o poi di subirlo un colpo di fulmine. Pare davvero incredibile, ma ci sono momenti in cui guardi una ragazza per la prima volta e ti chiedi "ma io cosa sarei disposto a fare per conquistare questa donna?". Alle volte varrebbe la pena non provare a rispondere, per non rimanere troppo impressionati!
In queste due ottave l'Ariosto descrive quello che  Oberto prova quando pone gli occhi sulla bellissima Olimpia. L'Orlando Furioso è il libro della passione totalizzante. Quella che si pone in contrasto contro ogni forma di valore razionale. Quella che fa perdere il senno e ci fa smarrire in un mare d'infelicità e dolore. Eppure questo è un colpo di fulmine fortunato: due occhi che il destino congiunge per donare ad entrambi serenità e sano amore.
 
Era il bel viso suo, quale esser suole
da primavera alcuna volta il cielo,
quando la pioggia cade, e a un tempo il sole
si sgombra intorno il nubiloso velo.
E come il rosignuol dolci carole
mena nei rami alor del verde stelo,
così alle belle lagrime le piume
si bagna Amore, e gode al chiaro lume.

E ne la face de' begli occhi accende
l'aurato strale, e nel ruscello amorza,
che tra vermigli e bianchi fiori scende:
e temprato che l'ha, tira di forza
contra il garzon, che né scudo difende,
né maglia doppia, né ferrigna scorza;
che mentre sta a mirar gli occhi e le chiome,
si sente il cor ferito, e non sa come.

martedì 20 agosto 2013

Cristopher Nolan e il suo primo film: Following


 
Interrompo questa lunga pausa estiva. Mi stupisce sempre il funzionamento bizzarro della memoria. Se qualcuno dovesse chiedermi tutti i film che ho visto, non saprei fare mente locale su tutti. Certo sarebbe impossibile per chiunque. Eppure quello che mi fa impazzire è accorgersi di come i ricordi affiorino sempre da qualche parte che non sappiamo di avere dentro il nostro cervellino. Molti anni fa avevo visto questo film, senza immaginare che questo regista sarebbe diventato uno dei più grandi registi viventi, pur riuscendo a rimanere ancorato alla regola numero uno del cinema americano: tanti soldi. Sto parlando di Cristopher Nolan.
Following è il suo primo film, in bianco e nero, e una cellula impazzita del panorama cinematografico mondiale. Credo che Nolan piaccia così tanto perchè è stato capace di intercettare più di chiunque altro oggi la più grande inquietudine moderna: la potenza della mente. Nessuno ne parla ma giorno dopo giorno l'uomo si sta avvicinando sempre di più alla comprensione di se stesso. La psicanalisi prima, le neuroscienze oggi. Più si avvicina a se stesso, più si ritrova smarrito. Con la sensazione della morte di Dio nel cuore.
Se guardi qualcuno a lungo, quel qualcuno non appartiene più a una folla, quel nessuno diventa qualcuno. E' questo il filo conduttore di tutto il film; e tra reminiscenze letterarie: Dostoevskji (una vecchietta e un martello) e Paul Auster (l'inseguito che diventa inseguitore) in primis, Nolan costruisce una trama sottile che colpisce quei nervi nascosti che solo uno sguardo al di là di tutti i nostri sogni può svelare.