sabato 28 dicembre 2013

Il regalo più brutto della mia vita.

Quest'anno è stato il Natale forse più incredibile. 
Arrivato il momento dei regali, mia sorella mi porge con un largo sorriso un pacco enorme e pesante. C'era un biglietto vicino al pacco, vergato con dolce calligrafia da mia madre. 

Caro figlio,
dici sempre che non vogliamo che tu te ne vada da casa. Qui troverai strumenti utili per la tua nuova vita. Tante care cose, 
Mamma. 

Bene da poco ho preso casa e sto aspettando che finiscano di produrre questo dannato bilocale, in un complesso vicino casa dei miei. Ho trentatrè anni e vivere ancora con i propri genitori è vista ancora come situazione imbarazzante. Per uscire dalla figura di simil sfigato ho preso casa, ma spesso i miei mi rinfacciano questa scelta come ottusa, in quanto andrei da solo e sarebbe una vita alquanto triste e miserrima. Incurante ho fatto il passo. 
Però devo dire una cosa: nell'aprire il pacco si è presentato un set completo di pentole, e devo dire che a momenti mi mettevo a piangere. Ma che regalo è un set di pentole? Mia cugina girava per casa con la sua macchinina lego nuova fiammante e io quelle pentole le avrei volute buttare dritte tutte dal terrazzo. Io vivo in un mondo ancora colorato, fatto di pupazzi e personaggi immaginari, buffi e cicciotti, coccolosi e sonnacchiosi. 
E' proprio vero che a un certo punto bisogna crescere. 

lunedì 23 dicembre 2013

Saper ascoltare. Il segreto di Bach

Mi è sempre piaciuto ascoltare Bach. Voglio dire, la sua musica ha sempre avuto qualcosa di strano che non sono mai riuscito ad interpretare. Pur avendolo studiato tanti anni fa, quando suonavo il violino, qualcosa mi sfuggiva, non riuscivo a spiegarmi questa bellezza. 
La musica romantica, soprattutto certi concerti, danno libero sfogo a una voce sola. Sono una dichiarazione d'amore, una voce potente, un fiume in piena. Monologhi in cui perdersi ed emozionarsi. Ci vedi la passione, il dolore, la vita e la morte. Tutto insomma. Ma tutto parte da una voce, uno strumento, un insieme di strumenti. C'è il protagonista insomma. E il resto è comparsa. 
In Bach scopriamo la magia del dialogo. Questa cosa l'ha detto un musicista una sera nella trasmissione di Fabio Fazio. E' lì che ho capito. Il senso del suo modo di fare musica. Si impara a dialogare con Bach, siamo abituati sempre a prevaricare sugli altri, ogni giorno su Fb c'è gente che vuole parlare, dire la sua su ogni aspetto dello scibile umano: arte, politica, sport, vita vissuta. Siamo importanti noi. Quello che abbiamo dentro. 
Bach ti insegna ad ascoltare. Ho scelto di postare questo link perchè è chiaro qui come le due linee musicali sanno rispondersi. Quando un mio amico mi svela qualcosa di importante spesso non so cosa dire. Di fronte a certe preoccupazioni e sofferenze, siamo muti. Come se la parola non servisse. Eh no, cavolo, qualcosa bisogna dire. Forse non so cosa dire perchè non so ascoltare, se ascoltassi davvero, senza pensare a me, allora le parole giuste le troverei davvero. 
Questo è un concerto per oboe e violino. Uno parla, e l'altro risponde. Ma la risposta non è una risposta qualunque, quando l'oboe risponde al violino è perchè il violino è capace di sentire, di comprendere, e ti dà la risposta, come farebbe un padre o un vero amico. 



sabato 21 dicembre 2013

Alberi erranti e naufraghi. Alberto Capitta

Ho scoperto questo romanzo ascoltando la trasmissione Farhenhit di cui ho già parlato. 
E' una trasmissione di Radio Tre e ogni anno assegnano un premio: il premio libro dell'anno.
Da tempo sono innamorato delle storie degli scrittori che lavorano un pochino nell'ombra, quelli che fanno di questo mestiere una bandiera, un credo, un volerci stare a tutti i costi.
Leggendo della sua biografia scopro che con il suo primo romanzo è stato finalista del Premio Strega,  e vincitore del premio lo Straniero. Eppure Alberto Capitta non è un autore sulla bocca di tutti, uno di quelli che vedi in continuazione nelle classifiche delle librerie, che urlano al mondo che anche la letteratura è per forza una competizione. 
Così ho deciso di comprare questo romanzo, non appena ho saputo del premio. Unica copia presente nella mia libreria di fiducia, porto a casa questo piccolo gioiello con una copertina stupenda. L'ombra di un ragazzo con una sedia legata alla schiena tiene la mano a una bimba, e un altro bambino è al loro fianco. 
Questo romanzo si chiama "Alberi erranti e naufraghi". Per quei pochi che leggeranno questo post dico solo una cosa: andate a comprare questo libro. Cercatelo, ordinatelo, rendetelo presente. Su quegli scaffali dove è sempre qualcun altro a decidere cosa è meglio leggere. 
Alberto Capitta ha una voce che non urla, non ti schiaccia, non vuole impressionarti a tutti i costi. Comincia a parlare piano, lentamente, dosando l'uso di ciascuna parola, andandola a cercare nei meandri di un linguaggio che non sappiamo più usare. Parole che si costruiscono a poco a poco, come un mosaico di tessere ben ponderate. Capitta fa parlare la natura: gli alberi, i fiumi, il mare, il vento, la pioggia. 
I personaggi di questo libro non vengono perdonati dalla società perché a loro basta poco, perché sono troppo felici di vivere, perché non riescono a non ringraziare il creato di questo dono immenso, non sono capaci di trattenersi e abbracciano gli alberi. Non c'è comprensione in una società che sbraita per chi preferisce il silenzio, la cura del mondo piccolo, lo spazio di un sorriso di un bimbo.
E allora eccola che la vedi la forza prima della natura: si fa strada nelle parole, che vengono invase da germogli che crescono, il crepitare dell'acqua, il fragore di un onda sulla riva.
Bellissimo.

giovedì 19 dicembre 2013

Alla fine l'ho pubblicato in rete. "Il Cacciatore di canzoni" on line.

E' stata una sola frase a far per così dire "traboccare il vaso". 
Nella infinita ricerca di case editrici che potessero leggere il mio libro, e dopo aver fatto una serie di assurdità, ho trovato una pagina dove l'editore di turno scrive questa frase nella sezione: INVIO MANOSCRITTI. 
"Non inviateci manoscritti dove non succede un cazzo". Chiedo scusa per la volgarità ma è esattamente quello che ho trovato. Non esiste un serio interesse, e non è colpa di nessuno. Ci sono centri di potere che scelgono su chi puntare, e in fondo sono aziende, fanno bene. Ma quella frase mi ha fatto davvero incazzare. Scusate per la seconda volgarità. Così eccoci arrivati al dunque. Ho scelto Ibookstore come piattaforma perchè è quella che mi sembrava più vicina ad un biblioteca virtuale. Si può scaricare gratuitamente basta cercare il titolo del mio romanzo che ormai ripeto in continuazione. Mi perdonerete anche per questo. Per la prima volta pubblicherò la copertina del mio libro. Eccola qui. 




martedì 17 dicembre 2013

Fahrenhit Radio Tre

Negli ultimi mesi ho scoperto questa fantastica stazione radio. Radio Tre. La programmazione pomeridiana mi andava stretta. Io guido tutto il giorno, e non mi sentivo mai rappresentato da nessuna stazione. Il pomeriggio sembra che la gente voglia rimbecillirsi. Stupidaggini, facezie, scherzi telefonici, canzoni martellanti ... non lo so ... ma avevo bisogno di sentirmi al centro. Qualcuno che parlasse a me. Spesso i deejay mi innervosiscono, su certe stazioni, sembra che ci godano a prendere in giro quelli che chiamano per avere una voce. Anche le persone che chiamano sono prodotti, da mettere uno in fila all'altro. 
Radio Tre va al di là di ogni ragione commerciale. La programmazione spazia dalla letteratura, alla storia, alla poesia e alla musica classica. 
Ho scoperto questo programma che si chiama Fahrenhit. Parla di libri. Non solo di libri, ma di quelli che ai libri ci credono ancora, e questo programma ha la capacità di dar voce ha un'umanità incredibile. C'è una rubrica in questo programma che si chiama "Caccia al libro". Oggi mi stavo per commuovere. Le persone chiamano con la speranza che qualcuno abbia con sè un libro che non riescono più a trovare da nessuna parte. Manuali di grafologia, trattati di psicoanalisi, libri per bambini, romanzi d'appendice, di tutto. Oggi ha chiamato un papà. Sua figlia ha visto un film scritto da una poetessa gallese. Vorrebbe regalarle un libro di fiabe che ha scritto e che ora è introvabile. Fuori catalogo da chissà quanto tempo. 
Finchè un padre sarà alla ricerca disperata di un libro di favole introvabile. Un libro speciale da donare un figlia, credo che la speranza in questo mondo non finirà mai. 

domenica 8 dicembre 2013

Blue Jasmine.


Woody Allen parte sempre da un presupposto. E' per quello credo che mi piace così tanto. Lo spettatore non è uno sprovveduto. Non ha fretta. Lo spettatore è una persona intelligente. Una persona con una certa cultura, e comunque se viene a vedere un mio film, si aspetta di essere messo alla prova. 
Mi è piaciuta moltissimo la prova della protagonista. Una interpretazione davvero da Oscar. I personaggi di Woody Allen hanno la caratteristica di camminare sulle nuvole. Sì, non saprei come altro spiegare l'attrazione che provo per le sue sceneggiature. 
In uno dei suoi film più famosi (Io e Annie) Allen e Diane Keaton dicono delle cose e ne pensano altre. Il regista sceglie di mettere i sottotitoli ai pensieri. E' quella la cifra stilistica che si ripete in ogni film. I personaggi sono avvolti in enormi nuvole di parole. Se le portano appresso: ci camminano dentro e si proteggono dalla vita con elucubrazioni inutili. La parola è il demiurgo con cui ognuno dei protagonisti è convinto di plasmare la propria vita. E' un falso Dio, un mito a cui la mente si appoggia per calmare la propria ambizione mancata, la propria frustrazione. Non c'è dramma in fondo in questo commedia drammatica: c'è la convinzione forse di sistemare sempre le cose, magari con qualche bugia, con qualche finta prova di umanità, con qualche ridicola beneficenza. Le parole sono proiettili che, verso la fine del film, si scoprono incapace di colpire. Vuote e stanche trascinano la protagonista nel baratro della propria ipocrisia.

venerdì 6 dicembre 2013

I cinque fattori per un ottima cioccolateria. La mia preferita è a Ghiaie !


Se c'è un posto dove mi piace andare per rilassarmi è le cioccolateria. In realtà non è facile trovarne una davvero fatta bene. 
Sono tanti gli ingredienti che ci vogliono per una cioccolateria perfetta. Un posto giusto deve avere: 

- Ottimo arredamento. Quando entro in una cioccolateria voglio entrare in un mondo magico, fatato. Molto curato, sia nella luce, che negli interni. Voglio dire: pareti colorate possibilmente, tinte calde ma non violente. Tavolini accoglienti, sedie originali ma comode. Giusta distanza fra i tavoli per non sentire ed essere infastiditi dal vociare di chi ti sta a fianco. Qualche divanetto e dei bei cuscini. 

- Baristi sorridenti e vestiti in modo accogliente.  E' sempre più difficile trovare persone con la voglia di sorridere. Soprattutto nei locali. Siamo d'accordo c'è la crisi, la situazione è dura, ognuno ha i suoi problemi. Ma proviamo almeno a sorridere quando facciamo un lavoro così! Mi piace quando la cameriera ha la veste lunga, sbuffosa, il viso smagliante e pieno di gioia. Lo so, scritto così può dare l'idea di una matrona tedesca. Ma è un po' quello l'effetto che mi piace. 

- Le tazze e le teiere. Il menu. L'oggettistica. Ci vuole effetto e cura. Il sapore di quello che mangiamo è influenzato per il 50 per cento almeno da quello che vediamo. L'occhio influenza il cervello e il cervello il gusto. Spesso mi capita di vedere tazze e teiere fatte in serie. Ma quando prendo un tè o una cioccolata, è come se vivessi un'esperienza: ci vogliono gli strumenti giusti, i riti vanno praticati con gli ingredienti giusti. 

-  La musica. La musica deve quasi non esistere, un piccolo tappeto, leggero. Deve essere una parte dell'arredamento, se vuoi lo vedi se no, no. In cioccolateria vado per chiacchierare con un amico, alle volte ci sono andato per conquistare una ragazza. E spesso funziona, se sei nel posto giusto. 

- No televisione e no slot! Niente slot, niente televisione. Se voglio vedere la partita me ne sto a casa, e non voglio che il mondo interferisca nell'universo del cioccolato. Mi sto ristorando, sto entrando in contatto con la parte mistica di me stesso quando bevo il cioccolato. Sto entrando in un mondo del passato, quindi la tecnologia che mi stia il più lontano possibile. Almeno in cioccolateria. 

Ce n'è una sola che rispetta perfettamente tutti questi requisiti: correteci se non ci siete mai andati e vivete in Lombardia. E' la cioccolateria di Ghiaie a Bonate. Cioccolateria Principe Umberto. Complimenti a chi l'ha ideata e al sorriso di chi ci lavora.

martedì 3 dicembre 2013

L'amico immaginario. Matthew Dicks


Vado pazzo per questa cosa. L'amicizia intendo. L'ho già detto diverse volte. 
Come si definisce l'amicizia? E' un valore? Un sentimento? Una passione? Un rapporto? Una sensazione? Come si spiega l'amicizia? 
E' una delle cose che faccio più fatica a spiegare. Forse l'amore è più semplice da spiegare. Ha più una ragione, c'entra con la natura, con il fatto che siamo uomo e donna. Con la necessità che tutto prosegua nel mondo. 
Ma l'amicizia? Perché voglio così tanto bene ai miei amici? 
Questo libro è stata una rivelazione assoluta. Un bambino autistico ha un amico immaginario, Budo. L'io narrante non è il bambino, ma l'amico immaginario. Solo questa idea che ti mozza il fiato già dalla prima pagina basterebbe per non smettere mai di continuare a leggere questo libro, pagina dopo pagina. 
Questo romanzo è molto di più di una semplice idea. Il linguaggio, i temi, il cuore. C'è dentro tutto. 
Un autore che inventa un modo di scrivere, un nuovo modo di spiegare il regno dei bambini agli adulti. E quello degli adulti ai bambini. 
Dicks Matthew affronta ogni tema scomodo con la leggerezza di una farfalla: svolazza sul tema della disabilità, della solitudine, perfino della morte. Una leggerezza che ti stringe il cuore fino a farti piangere perché hai dimenticato. Hai dimenticato come ci si sente da bambini, come vedi il mondo, come i colori e le sensazione ti si disegnano addosso. 
Non si può mai voltare le spalle al bambino che hai dentro. 

lunedì 2 dicembre 2013

L'inizio più bello nella storia della musica.

L'ho già scritto in un altro post. Eppure mi è rimasto talmente impresso che non posso dimenticarlo. Ogni scusa è buona per ricordarmi questa bellissima domanda. 
In "Prove d'orchestra" di Federico Fellini, una bambina chiede a una musicista una cosa che solo i bambini sanno chiedere. Domande così arrivano solo dall'intelligenza infantile. 
"Ma dove va la musica quando finisce?" 
Non riesco a liquidare la scoperta di Wagner così in fretta. Devo dire ancora questa cosa. 
All'inizio dell'Oro del Reno Wagner si interroga sul significato contrario di quella domanda stupenda.
 "Da dove arriva la musica prima che esista?".
Nell'overture dell'Oro del Reno, Wagner immagina il punto zero. Prima non c'è nulla, siamo nel C'era una Volta. E' l'inizio della creazione, prima non esiste la musica. La musica diventa l'essenza di un'unica nota, lunghissima che ci avvolge sempre di più con la sua potenza. Ecco poi gli armonici, note le cui vibrazioni sono contenute nella nota originale. In una spirale ipnotica gli accordi ci travolgono come le onde concentriche dopo un sasso gettato nel mare. Poi la forza dell'acqua ci sorprende e ci alza chilometri da terra. L'onda altissima, sempre di più, sempre di più ci annega la mente con il mistero della vita. Prima non esistevamo, ora ci siamo. 
Provate a mollare tutto per una volta. Fatelo quando non avete in casa nessuno. Niente genitori, amici, fidanzata, figli o fratelli. Cercatevi un attimo di solitudine. Stesi su un letto, per terra, con gli occhi chiusi. Controllate il vostro respiro e provate a tornare indietro. Solo la musica può portarci all'origine di noi stessi. Dentro la pancia di una madre, immersi nell'acqua, prima di essere, prima di ogni istante ricordato.