mercoledì 12 novembre 2014

Per essere un figo devi avere la tazza. Altro che sigaretta.


E' da un po' di tempo che ci penso. 
Se negli anni ottanta, novanta e i primi anni zero mi capitava di vedere un film, una serie televisiva, uno spettacolo, il figo aveva sempre la sigaretta in bocca. L'uomo che non deve chiedere, che ha tutto il mondo in tasca. Quello con la sigaretta fa paura e piace, fa tenebra e appassiona. Le donne svengono, mentre la sigaretta lancia in aria il suo segnale, vero totem di pura seduzione. 
Nell'era attuale, salutista e progressista, concettualista e minimalista, green and polite, la sigaretta è stata gradualmente sostituita dalla tazza. Lei arriva, scombinatissima e vogliosissima, alla soglia della casa del suo lui. Non vede l'ora di abbracciarlo, entra in casa, lo cerca e non lo trova. Lo trova in cucina, in piedi, girato di spalle. Guarda fuori dalla finestra, mentre la pioggia imperversa sulla strada. Il gomito è piegato, e nell'ombra alla parete si intravede un oggetto non identificato chel suo lui regge in mano. E' la tazza. Sì, una bella tazza bianca da cui sale un nuovo totem di seduzione. Il fumo impalpabile dell'acqua calda. Così lui decide di baciarla, ma subito dopo aver dato un ultimo sorso alla sua bella tisana al cardamomo. Come cambiano i tempi

domenica 9 novembre 2014

L'attrice più bella nella storia del cinema: La vita di Adele.

La vita di Adele è un film lunghissimo. Ma tutta la trama è negli occhi di questa attrice fantastica. Non ti stanchi mai di guardarla, mentre è insicura della sua vita sentimentale, delle sue vere emozioni, di quello che vuole, di quello che desidera davvero. 
I suoi occhi sono la vera bellezza che il cinema ha bisogno di rappresentare. Il regista indugia continuamente sui primi piani delle attrici, quasi che la macchina da presa volesse entrare nella loro testa, nei loro nervi, nei tessuti animali dei loro impulsi nascosti. 
Per me la vera bellezza in un'attrice sta tutta qui. Adele parla poco, o meglio, i concetti che esprime spesso sono confusi, disordinati, arruffati come i suoi fantastici capelli che non stanno mai fermi. La lotta con la sua testa, mentre li raccoglie in mille modi diversi, ti affascina e ti travolge. Sono i suoi occhi che dicono tutto: dalla paura al desiderio, dalla tenerezza alla disperazione di chi sa di aver perso tutto. L'amore può essere una lama affilata che ti consuma totalmente. Non ci fai più caso al fatto che siano due donne, l'amore non ha proprio confini. Quando la sua rappresentazione è totale tu che guardi, in virtù dell'empatia donata all'uomo, ami come il protagonista, ami lui o ami lei. Solo questa forza è la vera magia del cinema.

venerdì 7 novembre 2014

Mi piacciono i romanzi lunghi: Ken Follet, i giorni dell'eternità.

Se c'è una cosa che non mi piace è finire un libro. Non è che ne tragga un grande piacere. All'inizio della mia avventura di lettore sì, certo, magari è bello dire a tutti leggo 30 libri all'anno, 40, 50, 100. 
Ma poi? A cosa serve mangiare i libri? 
Io quando leggo sospendo la mia esistenza, e divento qualcosa d'altro. Un marinaio, un soldato, un imprenditore senza scrupoli, una donna in carriera, un detective, un attore, un fantasma, un musicista. e via così. Vivo avventure, vedo posti incredibili, le emozioni mi scavano dentro. La vita in sé, soprattutto alla soglia dei trentacinque anni, riserva tragiche sorprese, paura del futuro, chissà se mi sveglierò domani. La morte comincia ad annunciarsi nelle persone che ti stanno accanto, e i brutti pensieri si accavallano. 
La lettura blocca tutto, soprattutto quella lunga. Quando le pagine sono mille, milleduecento come nel caso dei Giorni dell'eternità, le storie sembrano non abbandonarti più. Non arriverà all'ultima pagina e un altro cliente mi darà del pirla, non arriverò all'ultima pagina e mi accorgerò che fa un freddo del diavolo fuori, che lo Stato ha in mente nuove tasse, che non so se l'economia mondiale mi assicurerà la speranza di una famiglia e un vero futuro. 
Nei romanzi di Follett, i personaggi diventano amici, le ambientazioni così familiari che ti sembra di guardare fuori dalla finestra quando apri un suo libro. 
I giorni dell'eternità è forse il romanzo meno riuscito di tutta la trilogia. La guerra fredda sembra raffreddare un po' lo stile, le vicende alle volte si trascinano senza un vero colpo di scena, stancamente. Ma l'ho amato comunque, perché nei suoi libri avverti lo scorrere del tempo, i bambini diventano adulti, diventano vecchi, e alla fine muoiono. Ti sanno accompagnare, con la loro fiducia nel futuro, con la voglia di combattere ogni destino.