sabato 30 luglio 2011

CentoChiodi Ermanno Olmi

Non avevo mai visto questo film del maestro Olmi. Mi aveva sempre incuriosito il titolo e devo dire che è stata per me un'enorme sorpresa.
Un professore universitario stimatissimo da tutto il mondo accademico effettua una sortita notturna nella biblioteca di testi antichi dell'università, custodita da attenti e devoti prelati. L'immagine che ne scaturirà è una delle immagini cinematografiche più forti che mi sia capitato di vedere. Una metafora così intensa della sete di vivere da farmi accapponare la pelle. I manoscritti sono sparsi in tutta la biblioteca ed ognuno di essi è inchiodato al pavimento con un grosso chiodo di ferro. I libri crocifissi è un'idea che ti sconvolge e affascina allo stesso tempo e ti invita a pensare sul senso dell'arte e della vita riflessa.
Ci sono persone che trascorrono una vita intera senza leggere un solo libro, hanno negli occhi il piacere dei giorni senza necessariamente conoscere nulla di Shakespeare o Dante Alighieri. Il loro tempo è speso nella cura del loro lavoro e nell'amore per la loro famiglia. La loro esperienza etica si costruisce nei racconti dei padri, dei nonni. Ma soprattutto quello che dà senso profondo al loro tempo è il piacere sottile del vivere in comune, il bisogno costante di intessere relazioni da cui far emergere il sentimento di un'amicizia profonda.
Sono spesso affascinato dal vedere come grandissimi menti dopo una vita spesa nella ricerca artistica ad un certo punto si trovino "quasi" ad invidiare l'innocenza della gente semplice. Basti pensare a Pasolini e all'amore profondo che nutriva per la gente comune della periferia romana, fino a ricercarne i tratti per comporre la "pittura" di cui la sua opera cinematografica è intrisa. Persone che Pasolini considerava ancora immuni dalla perversione della cosiddetta cultura borghese.
In un fenomenale dialogo fra il protagonista del film " il professore che inchioda i libri" e il poliziotta che lo arresta; il primo chiede al secondo:
"Mi dica quanti libri ha letto nella sua vita?"
"Ma non saprei ... c'è tanto da fare"
"Almeno dieci?"
"Forse nemmeno..."
"Come giudica la sua vita?"
"Ma credo di essere stato fortunato, amo mia moglie e i miei figli..."
"Ebbene se guardo indietro la mia vita vedo solo una vita fatta di carta"
E poi quella frase che il professore pronuncia, quelle frasi che ti fanno alzare dal divano mentre stai guardando un film, quelle frasi per le quali pensi  che questo è un giorno da ricordare
.... Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico

lunedì 25 luglio 2011

La scuola di Atene e la vita autentica

Se a qualcuno di voi capitasse di andare almeno una volta a Roma nella vita; ho il mio personalissimo consiglio. Ognuno vi dirà cosa non potete assolutamente perdere. Premettendo che non mi considero un profondo conoscitore della città eterna, vi segnalo solo quello che mi ha sconcertato.
Nei musei vaticani, ad un certo punto, si arriva alle sale di Raffaello. E poi eccola lì, davanti a voi: la scuola di Atene. Un'opera talmente famosa che chiunque abbia fatto un liceo la conosce. Probabilmente molti l'avranno pure studiata alle medie. Eppure io non ricordavo il centro del quadro, non ne ricordavo il senso ultimo. Al centro Platone e Aristotele si sfidano: Platone indica il cielo, il luogo delle idee: avverte il compagno della supremazia dell'idea sul mondo. Aristotele indica la terra, la supremazia della realtà e della materia.
Guardate gli occhi dei due personaggi: ognuno è totalmente convinto della validità del suo pensiero, ognuno non ha negli occhi nemmeno un'ombra di dubbio. E' uno scontro eterno che invita tutti noi a fare una scelta.
Ho pensato che un quadro come quello ci mette di fronte alla necessità di una scelta. E' una scelta che ognuno di noi deve fare ad un certo punto della sua vita: cosa è più importante, cosa conta di più? Su cosa basare il percorso del nostro esistere? Cosa è autentico davvero ? Il lavoro, un lauto stipendio, una casa e una macchina che tutti potranno invidiarci, una modella brasiliana al nostro fianco che sta con noi perchè la conseguenza naturale del potere della materia; oppure qualcos'altro, qualcosa che non si può toccare che sta al di sopra di noi, nello spazio che Platone indica fermamente al compagno Aristotele.
Nel finale del film Somewhere di Sofia Coppola il protagonista, attore superquotato di Hollywood che conduce una vita dispendiosa e senza limiti, telefona alla sua compagna in lacrime, disperato e le dice questa frase devastante "Ci sono momenti in cui non mi sento nemmeno una persona".
Il vangelo di Matteo recita questa frase, non mi ricordo nemmeno se ve l'ho già citata; "Là dov'è il tuo tesoro, là sarà il tuo cuore": più alto è il tuo progetto, quello che tu consideri tesoro più tu sarai quel tesoro. Più tu convincerai te stesso a spingersi nello spazio indicato da Platone, più tu abiterai e sarai quella bellezza.
Bene direi che ho scritto abbastanza

giovedì 21 luglio 2011

La casta della politica ? La Bibbia risponde

E' da un mese che mi sono messo in testa di leggere la Bibbia. Non so se riuscirò nell'intento, ma i richiami nella vita quotidiana (dall'arte, al cinema alla letteratura) sono talmente vasti che non posso permettermi di finire questa vita senza averla letta nemmeno una volta !
Credo sia fra i libri che un persona debba leggere per conoscere quello che oggi chiamiamo Sapienza. La Sapienza intesa come lo strumento per discernere la strada giusta: quello che ci fa rendere questa vita autentica.
Quando sento sempre i soliti discorsi sulla casta della politica, quando la gente si lamenta di quello che prendono i politici, sulle loro pensioni, sui loro privilegi, mi verrebbe voglia di urlare loro: ma leggete quello che è scritto nella Bibbia: tutto questo l'abbiamo voluto e deciso noi e non si può pretendere che il mondo cambi all'improvviso, e che dal potere sia attratto esclusivamente l'uomo saggio.
Il profeta Samuele nel "Primo Libro di Samuele" è assillato dal popolo di Israele: anche loro vogliono e pretendono un re, come tutti i popoli intorno. Dio è amareggiato, profondamente: aveva sempre pensato che solo lui bastasse all'uomo, per lo meno a quello che lui ha deciso di eleggere fra la moltitudine dei popoli. Basterebbe che seguissero le sue di leggi, poi potrebbero fare tutto. Ed è proprio così quello che è scritto nella Bibbia : "in quel tempo non esisteva un re sul popolo di Israele, e ognuno faceva quello che più gli piaceva".
Allora Samuele concede tramite Dio al popolo un Re, ma li avverte sui privilegi che questo Re avrà su di loro, sentite quello che dice Samuele, poi vediamo se vi meraviglierete ancora:
"Questo sarà il diritto del re che regnerà su di voi: prenderà i vostri figli per farne degli addetti ai suoi carri e ai suoi cavalli (Auto blu?) e perchè corrano davanti al suo cocchio; se li costituirà capi di migliaia, di centinaia e di cinquantine, li destinerà ad arare i suoi campi e a mietere i suoi raccolti, a forgiare le sue armi e a costruire i suoi carri. (E ora sentite questa e ditemi se non vi ricorda qualcosa) Prenderà anche le vostre figlie come profumerie, cuoche e fornaie.
Si approprierà dei vostri campi, dei vigneti e degli oliveti migliori, per darli ai suoi ministri. Imporrà decime sulle vostre sementi e sulle vostre uve e le darà ai suoi ministri e ai suoi cortigiani.Prenderà ancora il meglio dei vostri servi e delle vostre serve, del vostre bestiame e dei vostri asini, destinandoli alle sue proprie opere (appalti?).
Vi imporrà la decima sul vostro gregge e diverrete suoi schiavi. Allora, in quel giorno, vi lamenterete a causa del re che vi siete voluti scegliere, ma proprio allora il Signore non vi darà retta"
E poi la Bibbia prosegue così:
Ma il popolo non volle ascoltare la voce di Samuele anzi disse (e sentite cosa disse) " No! Vi sia invece un Re su di noi!. Anche noi vogliamo essere come le altre nazioni, che il re ci governi,  vada alla nostra testa a combattere le nostre guerre".
Chi ha voluto questo sistema ?

giovedì 14 luglio 2011

Quer pasticciaccio brutto de via Merulana

I libri sono la mia passione.
Non ho mai ceduto alla tentazione di non finire un libro, anche quando questo si rivelasse difficile o impossibile da concludere. Persino quando mi coglieva la rabbia all'idea di doverlo aprire, di non poter leggere altro fino a che non l'avessi finito. Solo una volta ho chiuso il libro a metà, li libro era "viaggio al termine della notte", e ancora adesso mi pento fortemente di non averlo finito.
Sono riuscito con fatica immane a concludere la letture del Pasticciaccio. Impossibile da leggere credo per definizione. Un labirinto linguistico che non mi era mai capitato di dover intraprendere, non un viaggio ma un incubo letterario, un horror della lingua, una tortura per la mente. Eppure non mi pento di averlo finito: ci sono opere al di là del senso e della motivazione, al di là delle esigenze del commercio. Opere scritte per il gusto primario dell'arte e per l'amore della lingua. Sfide racchiuse in parole che affascinano e stordiscono. Il pasticciaccio è un romanzo che fa eco: eccheggia anche dopo l'ultima pagina, dopo lo stordimento c'è una sensazione di ammirazione, di arricchimento, di piena soddisfazione. Ci si chiede che tipo era Gadda, chissà cosa ci si sarebbe potuti raccontare attorno a un tavolo, di fronte a un bicchiere di vino. Ci sono persone la cui mente deflagrante è racchiusa viva in quello che hanno scritto e leggerli significa spogliarsi di ogni convinzione, di ogni legge della comprensione, di qualsiasi retorica.
Enorme.