mercoledì 22 ottobre 2014

Il giovane Favoloso. Elio Germano e Massimo Troisi.


L'immagine che porto sempre nel cuore è lo scrittore che con il suo calamaio cerca la luce accanto a una finestra. Incurante del mondo, di chi lo leggerà, di chi lo deriderà, di chi non saprà trovargli il cuore. 
Questo film è un film sulla poesia. Devo fare un salto nel tempo per ritrovare dentro di me un'emozione simile a quella che ho provato guardando Il giovane favoloso. Esattamente venti anna fa Troisi concludeva la sua opera più grande. Come si fa a fare un film su un tema così evanescente come la poesia? Metterla in immagini, descriverla con un piano sequenza, trasformarla in "fuoco elettrico". E' possibile. I lunghi silenzi di Troisi, la sua meraviglia nello scoprire la magia delle parole fanno eco mentre guardo Elio Germano sospendersi dalla realtà tuffandosi nei versi di Leopardi. Martone non ha paura di dare spazio alla poesia: Germano le recita con una maestra tale da annullarci nella potenza di ogni verso. Siamo lì a gustare sulla nostra pelle la forza di un poeta che non ha voluto arrendersi alla indifferenza della Natura. Leopardi urla la presenza dell'uomo su tutto il creato, incapace di credersi un prodotto casuale e non previsto in un disegno assurdo. 
E anche se nell'ultima scena la ginestra, aggrappata ai resti di un'umanità che si crede magnifica e progressiva, dovrà arrendersi alla Possanza di nostra Madre Natura, Leopardi non può fare a meno di scovare la bellezza che ci viene regalata ogni giorno nei nostri occhi. Una bellezza che fa della vita un'avventura che nessuno può rinunciare a percorrere, costi quel che costi, fino all'ultimo respiro disperato.