lunedì 21 ottobre 2013

The Ghost, il musical e Loretta Grace.

Bè i musical sono un po' le opere di oggi. 
La gente sognerà sempre vedendo le persone parlarsi cantando. In realtà, sappiamo bene che ogni giorno, senza volerlo, cantiamo. Le note sono nel mondo: il mio maestro di violino riusciva a sentire un la nel cigolìo di un seggiolino girevole. 
La musica è dare ordine ai suoni che ci sono nel mondo. E' per quello che piace così tanto. Soprattutto quando è la voce a mettere ordine nel cosmo. Un po' come la piuma volante di Forrest Gump. 
Allora eccole due persone che litigano cantando, che si amano cantando, che si odiano cantando, che pregano cantando. 
La storia e la musica, recitare e cantare, fusi in una sola cosa. 
Qualche giorno fa ho visto questo musical: The Ghost. Citato in un mio post: i baci più belli nella storia del cinema. Davvero molto bello, un musical che era un po' che non mi capitava di vedere. Fra tutte spicca l'attrice che impersona la parte della Goldberg. La sensitiva che permette ai due innamorati divisi dalla vita e dalla morte di amarsi ancora una volta, cantandosi la vita. Ci sono persone che vivono di una energia diversa dagli altri. Questa per me è stata questa attrice cantante: Loretta Grace. Ne nascono poche, intorno a noi li vedi raramente. Sono quelli che ti emozionano subito, appena li vedi apparire sul palco, dopo le prime parole, dopo le prime note. Altro che X Factor. Ho letto la sua storia artistica e mi sono commosso. Lei sapeva di essere speciale e non ha mai mollato. Se hai una luce così dentro nessuno può chiudere gli occhi. Come diceva Dostoevskj? Diventate un sole e tutti vi vedranno? Bè un sole quest'artista lo è davvero. 

venerdì 18 ottobre 2013

Sirmione e la mia ultima poesia

"Benedetto Croce diceva che fino all'età dei diciotto anni tutti scrivono poesie. Dai diciotto anni in poi rimangono a scriverle due categorie di persone: i poeti e i cretini. E quindi io precauzionalmente preferirei considerarmi un cantautore". Questo diceva De Andrè. Questa frase mi è sempre ritornata in mente negli ultimi anni, e, in effetti, anche per me è successa la medesima cosa. Dopo i diciotto anni ho praticamente smesso di scrivere poesie, proprio perchè, in un certo senso, mi sentivo un po' cretino. Non so spiegare per quale motivo, ma è accaduto proprio così. 
Eppure, quasi due anni fa ormai, sono tornato in uno dei più bei paesi al mondo. Di tutti i paesi che si affacciano sul lago, Sirmione rimane per me in assoluto quello più affascinante. C'erano tanti cartelli appesi in giro quel giorno: un ennesimo concorso di scrittura, per partecipare stavolta c'era da scrivere una bella poesia su Sirmione. Non so per quale motivo ho deciso di scrivere questa poesia, dopo così tanti anni che non mi cimentavo con questa emozionante forma d'arte. Incredibile a dirsi ma le emozioni sono rimaste le stesse. Ho pensato a tutte le coppiette che vedevo ogni volta che mettevo piede al lago, perchè l'acqua intensifica così tanto le nostre emozioni? Soprattutto l'amore? Bè questo è un po' il tema. Ah ... ovviamente non ho vinto.


Qui siamo ciò che vorremmo,
siamo arrivati nell’ora e un quando
ora non c’è …
hai superato un ponte, un arco,

con le tue mani nelle mie
ho creduto nostro un castello,
ti ho creduto regina,

ho vissuto le vite di un cigno,

tu mi hai svegliato al presente
volando  abbracciati
questa pianura d’acqua
che  stordisce  e placa

restituiti ai sogni
ascoltiamo le cose come esseri primi,
prima dei giorni scanditi
c’è il giorno che suona

ora nell’aria
per sempre
il ricordo di noi

venerdì 11 ottobre 2013

Tutte le assurdità che ho fatto per pubblicare il mio libro. "Il cacciatore di canzoni". Senza combinare una mazza.


Con l'ultima cavolata di oggi, riassumo per un attimo tutte le cose che ho fatto per far notare, il mio libro, "il cacciatore di canzoni". Direi che potrebbero bastare: 

1) Dopo averlo finito lo do alle stampe: 50 copie con copertina in A4. Discreta spesina, e le regalo tutte, una per una a parenti, amici, conoscenti. 
2) Entro in Mondadori a Segrate (che ridere!) arrivo all'ufficio poste.
3) Entro in Giunti ad Assago: alla reception mi dicono che la sede operativa è a Roma, ci penserà lei a spedirla. 
4) Entro in Rizzoli, arrivo anche qui all'ufficio poste.
5) Vado a Radio Deejay e lo porto a Linus con un panettone prima di Natale. Novembre praticamente. Il portiere simpatico che ogni tanto si sente in Radio, mi fa i complimenti per la copertina, "Che bel disegno!", mi assicura che penserà a tutto lui. Nessuna risposta, nemmeno i ringraziamenti per il panettone in trasmissione. Ma vabè con tutta la roba che arriva. 
6) Parto con un mio amico per Torino per portarlo alla Littizetto, alla tramsissione la bomba. Su Internet pare che trasmettano da Radio Veronica One. Arriviamo dopo due ore di viaggio io e un mio amico, con una teglia intera di pizza. Ci apre un panzone con un maglione arancione. "Qui non c'è la Littizzetto, andate via". Ci rimpinziamo di pizza e il giorno dopo ho 39 di febbre.
7) Vado agli studi di Milano di Che tempo che fa. Imploro la guardia di lasciare il mio libro a Fabio Fazio, la guardia si impietosisce dice che non si potrebbe però alla fine lo prende e lo porta negli studi. Lo vedo sfilare via fiducioso. Nessuna risposta. Ma si sapeva.
8) Partecipo al programma Masterpiece e incredibilmente vengo selezionato per il provino. Tre giorni a Roma, ma il provino va malissimo. 
9) Entro nella casa editrice Marcos y Marcos: un ragazzo vestito in modo molto intellettuale prende il libro e dice che ci penserà lui. 
10) Dopo aver capito che non entrerò mai nel programma Masterpiece mando un messaggio a Fabio Volo raccontandogli un po' la mia esperienza. Incredibile ma mi chiama, mi dice che mi ospita nel suo programma per leggere una pagina del mio libro. Io ci credo e
11) Mi alzo alle cinque e mi butto nel traffico di Milano, porto il libro un'altra teglia di pizza e due sacchetti di biscotti da pasticceria. Lo vedo sfilare sul marciapiede, è al telefonato e non ho il coraggio di fermarlo. Non voglio disturbarlo. Aspetto ancora una mezz'oretta in macchina prima che cominci la trasmissione. Arrivo in portineria e non c'è lo stesso portiere dell'altra volta. Gli dico che sono stato  invitato alla trasmissione di Fabio Volo per portare il mio libro. "Sì certo come no, dammi qua  che ci pensiamo noi a portarglielo". Niente da fare non mi fa passare, riesco a lasciare solo il libro con qualche biscottino. Passo tutta la giornata di lavoro con una teglia gigante di pizza in macchina, senza avere il coraggio né di mangiarla né di buttarla. Mi si impregnano tutti i vestiti dell'odore di pizza. Bene è il caso che mi faccia una doccia. 
Forse è meglio darsi all'ippica.

lunedì 7 ottobre 2013

Gravity: fisica e metafisica

La fantascienza è uno dei generi che in maggior misura portano l’uomo ad interrogarsi su se stesso.  C’è ben poco da fare. Il fascino di questo genere è rimasto immutato nella storia del cinema: quale domanda più alta esiste di questa: perché questo esperimento nel nulla? Perché un mondo così perfetto per manifestare vita? Gravity mostra tutta la condizione umana. Fuori dal mondo non esiste niente. Il vuoto. Fuori dal mondo non esiste spazio, è solo la terra la nostra casa e non ne avremo altre. Mentre la protagonista, imprigionata nel vuoto cosmico, tenta disperatamente di  tornare a casa, si avverte che quel vuoto non è solo fisico, ma metafisico. Cuaron lo sottolinea sempre: una musica minimalista incolla lo spettatore ad accorgersi di quanto fantastico e desiderabile è il sogno della terra. Quanto è assurda la nostra incapacità di rispettarla. Respirare l’aria: il più grande miracolo. Essere vita ha senso solo perché fuori dalla terra non è pensabile vita. Ed è sempre quando guarda quella immagine: la terra vista dalla spazio, quella combinazione incomprensibile che ha portato tutta questa bellezza, è allora che mi chiedo sempre: come si fa a non credere in Dio alle volte? 

sabato 5 ottobre 2013

Il cacciatori di canzoni, Masterpiece, e una chiacchierata con Fabio Volo.


È passato esattamente un anno da quando ho finito di scrivere il mio romanzo. E non ho mai voluto scrivere il titolo. Oggi lo faccio anche perché ieri mi è successa una cosa incredibile. Il mio libro si chiama "Il cacciatore di canzoni". 

Anche se non sono riuscito a pubblicare questo libro, è davvero strano quante cose assurde ti posso capitare. In un post precedente ho scritto di aver vissuto un’esperienza poco piacevole, ma in realtà è stata un’avventura, come tante nella vita. Mesi fa è apparso un annuncio sulle reti rai: era possibile inviare un manoscritto per essere selezionati ad una trasmissione: Masterpiece, un vero e proprio talent per scrittori. Per scherzo mando il manoscritto. E dopo un paio di mesi mi chiamano per davvero. A Roma per un provino. Ovviamente in meno di un secondo mi monto la testa. Già mi vedo sugli scaffali delle librerie pronto a trionfare, senza riuscire più a districarmi tra vero e falso.  Quando mi presento al provino, il castello di carta crolla senza pietà. Credo che momenti così uno li aspetti tutta la vita, quei momenti in cui devi tirare fuori tutto te stesso. “Presentati Giovanni”, “Raccontami del tuo carattere”, “hai un lato oscuro?”, “Se dovessi vendermi il tuo libro in trenta secondi?”. Non riesco a spiccicare parola, tutti i miei anni da attore di teatro, i miei cortometraggi, la mia esperienza come venditore. Mi sento un cazzone. Perso, smarrito e senza parole. Ovviamente ho saputo definitivamente di non essere passato. Poi mando un messaggio alla mia trasmissione radio preferita “ Il Volo del Mattino”, come mille altre volte,. Non ci posso credere ma mi chiamano, e parlo in diretta con Fabio Volo a proposito di questa carambolesca avventura. Bè non andrò in televisione, non pubblicherò il libro, ma è bello quando ti succedono queste cose inaspettate. Grazie Fabio, mi sono davvero divertito! Da quanto ho finito queste pagine la mia voglia di raccontare mi ha portato ad essere una specie di calamita impazzita. E forse parlare con lui è stata per me la più bella sorpresa.

giovedì 3 ottobre 2013

A cosa servono i poeti. Wislawa Szymborska

Quando facevo teatro, tantissimi anni fa, il mio maestro di teatro mi disse una cosa che non ho mai scordato e che non scorderò mai.
“Se solo le persone riuscissero ad accorgersi del ruolo così importante che i poeti hanno nella nostra società. Persino dal punto di vista economico, persino da quel lato il loro contributo è vitale”.
Per anni mi sono spaccato la testa su questa frase, dal punto di vista persino economico … ma cosa c’entrano i poeti con l’economia? Perché poi sarebbero così importanti questi poeti?
Ho dedicato tanta parte della mia vita alla poesia, a leggerla, scriverla, cercare di vederla da tutte le parti. Poi ho letto questa poesia, ed è come avessi letto di nuovo quell’affermazione di Roberto, il mio maestro di teatro scomparso ormai da tanti anni. A cosa servono i poeti?
In questa poesia la Szymborska, grandissima poeta polacca premio Nobel, immagina il poeta che va a bussare alle porte di una pietra. È un dialogo fra lei e la pietra. È così immediato e chiaro il senso adesso quando la leggi. È proprio quello il ruolo del poeta: bussare alle porte della realtà anche se nessuno ti ascolta, anche se sai che è impossibile aprire le porte della verità. Contribuire a leggere il disagio del mondo, raccogliere tutte le domande, lo sconforto, e credere sempre. Nonostante tutto. Anche senza un Dio, senza un idolo, senza un re. Il poeta ti ascolta, va là dove nessuno osa andare come un Robin Hood disperato per rubare la verità ai ricchi e darla ai poveri. Una verità che non trova mai in fondo, ma che ti aiuta a sopportare il peso. Il poeta è la prima persona al mondo che sa credere nell’uomo. Lui solo ti sa salvare: è nella tua anima che sa vedere il bene al di là di ogni senso.

Busso alla porta della pietra
- Sono io, fammi entrare.
Voglio venirti dentro,
dare un’occhiata,
respirarti come l’aria.
- Vattene – dice la pietra.
Sono ermeticamente chiusa.
Anche fatte a pezzi
saremo chiuse ermeticamente.
Anche ridotte in polvere
non faremo entrare nessuno.
Busso alla porta della pietra.
- Sono io, fammi entrare.
Vengo per pura curiosità.
La vita è la sua unica occasione.
Vorrei girare per il tuo palazzo,
e visitare poi anche la foglia e la goccia d’acqua.
Ho poco tempo per farlo.
La mia mortalità dovrebbe commuoverti.
- Sono di pietra – dice la pietra
- E devo restare seria per forza.
Vattene via.
Non ho i muscoli per ridere.
Busso alla porta della pietra.
- Sono io, fammi entrare.
Dicono che in te ci sono grandi sale vuote,
mai viste, belle invano,
sorde, senza l’eco di alcun passo.
Ammetti che tu stessa ne sai poco.
- Sale grandi e vuote – dice la pietra
ma in esse non c’è spazio.
Belle, può darsi, ma al di là del gusto
dei tuoi poveri sensi.
Puoi conoscermi, però mai fino in fondo.
Con tutta la superficie mi rivolgo a te,
ma tutto il mio interno è girato altrove.
Busso alla porta della pietra
- Sono io, fammi entrare.
Non cerco in te un rifugio per l’eternità.
Non sono infelice.
Non sono senza casa.
Il mio mondo è degno di ritorno.
Entrerò e uscirò a mani vuote.
E come prova d’esserci davvero stata
porterò solo parole,
a cui nessuno presterà fede.
- Non entrerai – dice la pietra.-
Ti manca il senso del partecipare.
Nessun senso ti sostituirà quello del partecipare.
Anche una vista affilata fino all’onniveggenza
a nulla ti servirà senza il senso del partecipare.
Non entrerai, non hai che un senso di quel senso,
appena un germe, solo una parvenza.
Busso alla porta della pietra.
- Sono io, fammi entrare.
Non posso attendere duemila secoli
per entrare sotto il tuo tetto.
- Se non mi credi – dice la pietra-
rivolgiti alla foglia, dirà la stessa cosa.
Chiedi a una goccia d’acqua, dirà come la foglia.
Chiedi infine a un capello della tua testa.
Scoppio dal ridere, d’una immensa risata
che non so far scoppiare.

Busso alla porta della pietra.
- Sono io, fammi entrare.
- Non ho porta – dice la pietra.