sabato 27 ottobre 2012

Io e Te - Bernardo Bertolucci

Quando ho saputo che da questo film sarebbe stato tratto un film, sono rimasto un tantino scettico. Un libro così piccino, tutto ambientato in uno spazio così angusto. Ma cosa poteva venirne fuori?
In un mio post precedente ho parlato di Ammaniti. La paura era che venisse fuori una versione cinematografica mal riuscita di questo piccolo capolavoro (forse anche memore della delusione di Come Dio Comanda, del ahimè sfortunato Salvatores).
Bertolucci è un grande regista e in questo film compie un miracolo assoluto. Succede una volta all'anno forse, magari ne passano due prima che un film arrivi lì, nel profondo inconscio del piacere emotivo. A toccarti i processi primari dell'Io. A fare emergere l'irrazionale che è in noi. A farti piangere e ridere. A suonare quella corda che per tanto tempo non vibra.
Bertolucci ci insegna l'ingrediente fondamentale per demolire la corazza dello spettatore. Per trascinarlo dentro la storia. Non ci sono grandi paesaggi in questi film, non ci sono grandi movimenti macchina che pure hanno contraddistinto tanto il suo cinema (da Novecento all'Ultimo Imperatore). Non ci sono grandi dialoghi. Non ci sono molti colpi di scena.
Qual è quindi la materia primaria su cui si fonda il cinema? Bastano due attori, due sguardi dalla potenza incontenibile a scatenare l'inferno. Gli occhi di Olmo, questo attore dal viso Pasoliniano in ogni primo piano. Uno sguardo feroce e fuori dal tempo. E poi lei, sofferta e urlata, diafana e incandescente. Un'attrice che non recita solo con la voce ma con tutto il corpo. Uniscili e farai un capolavoro.
Una gemma del nostro cinema.

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