giovedì 20 dicembre 2012

Avatar e John Carter

 
Poi dicono che la psicanalisi è piena di baggianate.
Qualche giorno fa ho visto John Carter, un film che sembrava dalla storia la fotocopia di Avatar. Poi ho capito perchè non ha avuto per niente successo nelle sale. C'erano gli stessi ingredienti a prima vista: omini verdi, un passaggio da un regno all'altro, potenzionamento dei poteri fisici, una storia d'amore, due mondi paralelli.
Perchè Avatar ha funzionato così tanto? Cosa c'è di totalmente diverso in questo film? Qual è la sua forza?
Mi cimento in un interpretazione psicoanalitica.
Jung è stato il primo a teorizzare l'esistenza degli archetipi. Secondo lui, in un certo senso, nessuno nasce al tempo zero. Nella nostra coscienza, al di là del temperamento, al di là dell'educazione, al di là dell'ambiente, sono depositate immagini e simboli, frutto della storia di tutti i tempi. Immagini mitiche, simboli atavici che ritroviamo in ogni cultura del pianeta.
Bè Avatar ha un elemento fondamentale, il fulcro narrativo attorno al quale tutto si sviluppa. L'albero. Come è possibile che ci viene da piangere quando abbattono l'albero? In fondo è un albero e ne vengono abbattuti chissà quanti ogni giorno. Perchè ci commuove così tanto? L'albero è simbolo della vita, della madre, dell'inizio del tempo, della nascita, dell'eterno e dell'immutabile. La sua caduta fa leva sulle nostro subconsio, facendo emergere le nostre paure e il mondo della nostra infanzia perduta.
Il protagonista di Avatar non entra nel suo "equivalente verde" in un attimo, solo toccando una pietra, come avviene in John Carter. Quella specie di bacello in cui viene rinchiuso non può essere altro che un ventre materno, emblema della rinascita e di un nuovo inizio.

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