lunedì 13 gennaio 2014

La verità sul caso Harry Quebert.

Dopo qualche settimana ho finito questo giallo mozzafiato. Mozzafiato perché il fiato te lo mozza sul serio. Non si capisce mai cosa succede, i colpi di scena si moltiplicano continuamente, il colpevole potrebbe essere chiunque. L'autore conosce tutti gli ingredienti del giallo, ma, come i grandi giallisti, riesce a reinventarlo. E' un autore giovanissimo, già incensato dal mondo come caso editoriale dell'anno. Vorrei ricordare che ha cinque anni meno di me. E' dell'85 e io, ahimè, sono dell'80. Comunque voglio provare a riassumente i punti forti di questo romanzo, cercando di rubare un po' dello stile dell'autore, così essenziale e fulminante: 
1) Questo romanzo ricorda un po' altri due romanzi: Uomini che odiano le donne e il Cane di Terracotta. Due romanzi che lavorano nel passato, l'omicidio non avviene nell'oggi, ma il caso si perde nel passato, e nessuno fino ad ora è stato capace di risolverlo. Ci piace riannodare i fili del passato, un mistero passato è ancora più difficile da sbrogliare e l'autore ci si tuffa come un sommozzatore esperto. 
2) Questo romanzo non è solo un giallo. E' anche un romanzo sui libri, sul mestiere di scrivere. Pur esagerando sui concetti di fama, denaro, successo, associati alla vita di scrittore, gli aspetti legati alla bellezza dello scrivere sono i più riusciti. Scrivere è un atto che sa suscitare grandi emozioni in chiunque. E' una dimensione che affascina e che affascinerà sempre, ma è anche una fatica, un lavoro, un'esposizione ai flussi della realtà che richiede attenzione e forza d'animo. Bisogna essere convinti, non perdersi, perché si arriva a un punto in cui uno si chiede cosa sto facendo, sto facendo pena. Faulkner diceva che chi scrive deve sentire sulla carta il rischio del fallimento. E' questo il coraggio che ci vuole per arrivare all'ultima pagina. 
3) Questo romanzo è anche un romanzo d'amore. Quegli amori impossibili che tutti sono solo capaci di violare con le loro convinzioni e falsi moralismi. Ci sono regole che l'amore sa demolire, che la ragione non riesce a rispettare. L'amore abolisce quei limiti che vogliamo imporci, e una cosa che sembra assurda diventa comprensibile se sappiamo entrare con rispetto nelle storie degli altri. 
4) Questo romanzo va a tempo di musica. L'autore non si parla mai addosso, ma dà totale precedenza alla storia. Non ci sono tempi in cui la scrittura si annoda su stessa, tutto è sacrificato ai tempi della rappresentazione. I dialoghi serrati, le descrizioni limitate ma precise, gli avvenimenti esposti con cura ma mai allungati nel brodo. Dicker dice tanto ma quel tanto è detto con le parole necessarie, non una di più. Tanto che alla fine di questo labirinto infinito un po' ci dispiace arrivare alla fine. Come si dice nel romanzo "Un bel libro è un libro che dispiace aver finito". 

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