giovedì 3 ottobre 2013

A cosa servono i poeti. Wislawa Szymborska

Quando facevo teatro, tantissimi anni fa, il mio maestro di teatro mi disse una cosa che non ho mai scordato e che non scorderò mai.
“Se solo le persone riuscissero ad accorgersi del ruolo così importante che i poeti hanno nella nostra società. Persino dal punto di vista economico, persino da quel lato il loro contributo è vitale”.
Per anni mi sono spaccato la testa su questa frase, dal punto di vista persino economico … ma cosa c’entrano i poeti con l’economia? Perché poi sarebbero così importanti questi poeti?
Ho dedicato tanta parte della mia vita alla poesia, a leggerla, scriverla, cercare di vederla da tutte le parti. Poi ho letto questa poesia, ed è come avessi letto di nuovo quell’affermazione di Roberto, il mio maestro di teatro scomparso ormai da tanti anni. A cosa servono i poeti?
In questa poesia la Szymborska, grandissima poeta polacca premio Nobel, immagina il poeta che va a bussare alle porte di una pietra. È un dialogo fra lei e la pietra. È così immediato e chiaro il senso adesso quando la leggi. È proprio quello il ruolo del poeta: bussare alle porte della realtà anche se nessuno ti ascolta, anche se sai che è impossibile aprire le porte della verità. Contribuire a leggere il disagio del mondo, raccogliere tutte le domande, lo sconforto, e credere sempre. Nonostante tutto. Anche senza un Dio, senza un idolo, senza un re. Il poeta ti ascolta, va là dove nessuno osa andare come un Robin Hood disperato per rubare la verità ai ricchi e darla ai poveri. Una verità che non trova mai in fondo, ma che ti aiuta a sopportare il peso. Il poeta è la prima persona al mondo che sa credere nell’uomo. Lui solo ti sa salvare: è nella tua anima che sa vedere il bene al di là di ogni senso.

Busso alla porta della pietra
- Sono io, fammi entrare.
Voglio venirti dentro,
dare un’occhiata,
respirarti come l’aria.
- Vattene – dice la pietra.
Sono ermeticamente chiusa.
Anche fatte a pezzi
saremo chiuse ermeticamente.
Anche ridotte in polvere
non faremo entrare nessuno.
Busso alla porta della pietra.
- Sono io, fammi entrare.
Vengo per pura curiosità.
La vita è la sua unica occasione.
Vorrei girare per il tuo palazzo,
e visitare poi anche la foglia e la goccia d’acqua.
Ho poco tempo per farlo.
La mia mortalità dovrebbe commuoverti.
- Sono di pietra – dice la pietra
- E devo restare seria per forza.
Vattene via.
Non ho i muscoli per ridere.
Busso alla porta della pietra.
- Sono io, fammi entrare.
Dicono che in te ci sono grandi sale vuote,
mai viste, belle invano,
sorde, senza l’eco di alcun passo.
Ammetti che tu stessa ne sai poco.
- Sale grandi e vuote – dice la pietra
ma in esse non c’è spazio.
Belle, può darsi, ma al di là del gusto
dei tuoi poveri sensi.
Puoi conoscermi, però mai fino in fondo.
Con tutta la superficie mi rivolgo a te,
ma tutto il mio interno è girato altrove.
Busso alla porta della pietra
- Sono io, fammi entrare.
Non cerco in te un rifugio per l’eternità.
Non sono infelice.
Non sono senza casa.
Il mio mondo è degno di ritorno.
Entrerò e uscirò a mani vuote.
E come prova d’esserci davvero stata
porterò solo parole,
a cui nessuno presterà fede.
- Non entrerai – dice la pietra.-
Ti manca il senso del partecipare.
Nessun senso ti sostituirà quello del partecipare.
Anche una vista affilata fino all’onniveggenza
a nulla ti servirà senza il senso del partecipare.
Non entrerai, non hai che un senso di quel senso,
appena un germe, solo una parvenza.
Busso alla porta della pietra.
- Sono io, fammi entrare.
Non posso attendere duemila secoli
per entrare sotto il tuo tetto.
- Se non mi credi – dice la pietra-
rivolgiti alla foglia, dirà la stessa cosa.
Chiedi a una goccia d’acqua, dirà come la foglia.
Chiedi infine a un capello della tua testa.
Scoppio dal ridere, d’una immensa risata
che non so far scoppiare.

Busso alla porta della pietra.
- Sono io, fammi entrare.
- Non ho porta – dice la pietra.

Nessun commento: