domenica 26 maggio 2013

La grande bellezza


Per una questione legata alla mia sensibilità “L’uomo in più” rimane comunque il mio film preferito di Sorrentino. Quando l’ho visto la prima volta, un bel po’ di anni fa, Sorrentino non era poi così conosciuto e nemmeno Tony Servillo. Eppure sapevo che entrambi sarebbero diventati presto un’icona importante per il cinema italiano. Quella figura di cantate alla fine della sua carriera, infastidito dalla vita e dal chiacchiericcio del mondo, sarebbe poi stata la maschera che Tony Servillo si sarebbe portato appresso in quasi tutte le sue apparizioni cinematografiche.
 “La grande bellezza” è un film di cui non so dare un pieno giudizio. Quando guardi un film di Sorrentino su tutto vedi la mano del regista perchè non tende mai ad astrarsi, a cucire un film dove il regista scompaia. Attraverso gli occhi di Geb Gambardello (Tony Servillo), uno scrittore risucchiato dalla mondanità di Roma, Sorrentino urla la sua presenza sulla scena, si fa sentire, si fa vedere, si fa presenza, incarnandosi in un ognuno dei fotogrammi che popolano questo film. E lo fa usando qualsiasi mezzo e citazione a sua disposizione: e mi sembra di vedere Pasolini con quell’insistenza sui primi piani grotteschi, kieslowsky con l’invasione continua della musica sulle immagini, Bertolucci con la girandola dei carrelli della macchina da presa, Malick con l’uso danzante e ballerino degli attori. Forse non è nemmeno un caso il fatto che nell’ultima scena del film Sorrentino riprenda la stessa musica usata da Malick nel suo capolavoro “The tree Of Life”. Eccola allora la vera cifra stilistica di questo regista: un occhio appassionato e straniato sulla realtà del mondo, sulle sue contraddizioni, sul suo cinismo, sul suo amore negato. Su tutto rimangono sempre quegli sprazzi di assoluta “Grande Bellezza”.

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