Sapevo
pochissimo del Risorgimento Italiano. Ho cercato un libro che potesse
raccontare in maniera semplice e nello stesso tempo completa questa pagina
della nostra storia. Appassionante questo libro che ho finito da poco, di Lucio
Villari, “Bella e Perduta”. Provate a cercare qualche libro che spieghi questo
periodo storico, non ci sono in giro molti libri, la divulgazione del
Risorgimento pare relegata in un angolo, come un periodo di cui non andare
fierissimi. Questo libro spiega tutto il contrario, pur evidenziando le
difficoltà e le contraddizioni, le luci e le ombre delle nostre origini e della
nostra identità. Mi ha colpito moltissimo il senso e il significato che la
letteratura e la musica avevano in questo periodo: cercare di educare e muovere
l’intera coscienza civile alla volontà a ritrovarsi in un’unica identità
nazionale. Giuseppe Verdi, Carducci, Leopardi, Mameli, d’Azeglio, Manzoni,
eccetera eccetera. Che ruolo ha oggi l’arte? A cosa mirano gli artisti in
questo momento storico? Ripiegati tutti su stessi cavalcano spesso l’attualità
e le pulsioni di massa per vendere a tutto spiano romanzi che dilettino le
nostri menti, con il solo scopo di farci addormentare in un dolce oblio: l’obbiettivo
non è più svegliare la coscienza della gente, ma alimentare l’incoscienza di
massa.
Da
sempre vivo con genitori che appartengono a due mondi opposti: uno è nato al Nord
e mia madre è nata al Sud. Pur amando profondamente Napoli e il Sud, solo un
cieco potrebbe convincersi che non esiste differenza fra queste due Italie. Mi
ha colpito molto questo passaggio che spiega l’origine prima di questo divario.
La concretezza borbonica era di altra stoffa rispetto alla lombarda,
alle proiezioni illuministiche del << Politecnico>> di Cattaneo, alla
piega che stava prendendo il capitalismo borghese europeo. Ferdinando II, i suoi
amici nobili e i suoi consiglieri si sentivano umanamente e politicamente
vicini ai lazzaroni, alla plebe e ai preti ignoranti che non alla borghesia in
ascesa. Ritenevano non necessarie alla società persone istruite, tranne, dicevano,
i medici per curare gli ammalati e gli ingegneri per costruire le case. Dopo il
1848 il meglio della società meridionale era sparito dall’orizzonte culturale
del paese e i superstiti sceglievano il
silenzio e l’attesa. La "mediocirtà" amata dai Borbone non era
altro che la "mediocrità che regnerà sempre" scolpita nei versi
della Palinodia leopardiana. A questa poesia se ne era aggiunta un’altra, I
nuovi credenti, dove tutta la volgarità arrogante, l’ignoranza e la sciocchezza
della Napoli borbonica, sono trafitte da una penna implacabile
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