sabato 18 maggio 2013

Il Risorgimento Italiano per Lucio Villari

Sapevo pochissimo del Risorgimento Italiano. Ho cercato un libro che potesse raccontare in maniera semplice e nello stesso tempo completa questa pagina della nostra storia. Appassionante questo libro che ho finito da poco, di Lucio Villari, “Bella e Perduta”. Provate a cercare qualche libro che spieghi questo periodo storico, non ci sono in giro molti libri, la divulgazione del Risorgimento pare relegata in un angolo, come un periodo di cui non andare fierissimi. Questo libro spiega tutto il contrario, pur evidenziando le difficoltà e le contraddizioni, le luci e le ombre delle nostre origini e della nostra identità. Mi ha colpito moltissimo il senso e il significato che la letteratura e la musica avevano in questo periodo: cercare di educare e muovere l’intera coscienza civile alla volontà a ritrovarsi in un’unica identità nazionale. Giuseppe Verdi, Carducci, Leopardi, Mameli, d’Azeglio, Manzoni, eccetera eccetera. Che ruolo ha oggi l’arte? A cosa mirano gli artisti in questo momento storico? Ripiegati tutti su stessi cavalcano spesso l’attualità e le pulsioni di massa per vendere a tutto spiano romanzi che dilettino le nostri menti, con il solo scopo di farci addormentare in un dolce oblio: l’obbiettivo non è più svegliare la coscienza della gente, ma alimentare l’incoscienza di massa.
Da sempre vivo con genitori che appartengono a due mondi opposti: uno è nato al Nord e mia madre è nata al Sud. Pur amando profondamente Napoli e il Sud, solo un cieco potrebbe convincersi che non esiste differenza fra queste due Italie. Mi ha colpito molto questo passaggio che spiega l’origine prima di questo divario.

La concretezza borbonica era di altra stoffa rispetto alla lombarda, alle proiezioni illuministiche del << Politecnico>> di Cattaneo, alla piega che stava prendendo il capitalismo borghese europeo. Ferdinando II, i suoi amici nobili e i suoi consiglieri si sentivano umanamente e politicamente vicini ai lazzaroni, alla plebe e ai preti ignoranti che non alla borghesia in ascesa. Ritenevano non necessarie alla società persone istruite, tranne, dicevano, i medici per curare gli ammalati e gli ingegneri per costruire le case. Dopo il 1848 il meglio della società meridionale era sparito dall’orizzonte culturale del paese e i superstiti sceglievano  il silenzio e l’attesa. La "mediocirtà" amata dai Borbone non era altro che la "mediocrità che regnerà sempre" scolpita nei versi della Palinodia leopardiana. A questa poesia se ne era aggiunta un’altra, I nuovi credenti, dove tutta la volgarità arrogante, l’ignoranza e la sciocchezza della Napoli borbonica, sono trafitte da una penna implacabile

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