Da un anno ho iniziato con passione ad ascoltare Wagner, e dopo altri post dedicati a questo autore non riesco a non parlarne ancora. Mi è venuta in mente questa frase di Berlioz ascoltando il finale del Tristano e Isotta. Nella parabola musicale di Wagner l'autore rifiuta la forma operistica classica: niente arie, niente duetti, terzetti, cori ... nessuno sfoggio di abilità canore e facile occhiolino alle esigenze di scena. La musica è un tessuto sinfonico e narrativo che non si può interrompere. Le voci asservite all'orchestra e alle emozioni che le pervadono. Forse questo è uno dei pochi momenti in cui l'idea dell'Aria, entra nella pagine di Wagner. Una melodia divina. Non umana, non terrestre, non presente. Sembra eterna, c'era prima e ci sarà dopo. Wagner ce la regala solo alla fine, nella sua totale potenza. L'avvertiamo in altri punti dell'opera ma solo qui esplode in tutta la sua forza regale. E' l'equilibrio che sentiamo quando siamo uniti a un'altra persona. L'amore che è dissoluzione, un amore che se lo pensiamo rischiamo di sparire, dissolverci, perché tutta questa bellezza che la vita ci regala non è possibile sostenerla pienamente. Non si può amare così, in questo modo. Non si può amare fino a perdere la testa, fino a spogliarci della nostra identità perché non sopportiamo più di stare lontano dall'amore. Un volo che ci scioglie le ali, ci fa precipitare nell'oblio, e nella voglia di non essere. Amore e dolore. Desiderio di sparire abbracciati alla colonna portante del nostro amore. Eccola allora la musica. Solo lei può dare l'idea di questo amore infinito, solo lei forse sa arrivare a quelle vette sublimi che Wagner riesce a donarci in questa pagina. Un sogno da cui non ci si può più svegliare.
https://www.youtube.com/watch?v=2D-hnjpivqg
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