martedì 1 aprile 2014

Sussurri e grida. Il film sul dolore.

Certi film sono veri pugni allo stomaco. Non tanto per le immagini, le storie, il montaggio, i personaggi. Sono i film che non seguono l'ordine logico che conosciamo. Parlo di quei film dove il regista ci studia, ci previene, ci prende in giro, ci affascina e poi ci colpisce alla bocca dello stomaco. 
Sussurri e grida è una parabola sul dolore. Una parabola senza una vera morale, senza una vera lezione. Il cancro è una delle malattie più citate e abusate nel cinema. Per chi la vive tutti i giorni, in casa, diventa persino fastidioso, un vero abuso per chi sa di cosa stiamo parlando. E io un po' credo di saperlo. Eppure è una delle malattie che maggiormente interrogano l'uomo sul senso del dolore e della sofferenza. E' una malattia che non ha origine, non ha spiegazione, non ha una durata, e soprattutto non ha una cura. Tocca soffrire, portare la croce. Questa croce che la nostra cultura Cattolica ci ha consegnato costruendo un'idea per la quale tutta questa sofferenza sia necessaria, un viatico assoluto e impareggiabile per la vita eterna. 
Poi c'è la malattia dell'anima, la malattia dello spirito. Chi la vive non può vestire il dolore fisico. Non può attraversare le piaghe di Cristo. Può ammalarsi di qualcosa di più grave forse, più incurabile, più nocivo. Se lo spirito muore, se la speranza ci lascia, non resta più niente dentro di noi. Non ci sono gli occhi per vedere al di là di un corpo, al di là di quello che la nuda materia può da sola insegnarci. Rimane il nulla. Delle tre sorelle solo quella malata, solo chi porta la croce, conosce per assurdo la felicità. Solo da lei si irradia la speranza e la vita. 

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