lunedì 17 febbraio 2014

A proposito di Davis. E il cinema dei fratelli Cohen


I film dei fratelli Cohen hanno una loro magia. Così non mi sono sottratto nemmeno questa volta. 
Mi sono sempre piaciute le storie sui cantanti folk. In Italia l'unico autore che potrebbe ricordare questo genere di musica credo possa essere soltanto il compianto De Andrè. In questo film le storie delle canzoni diventano la materia con cui la vita stessa del cantante si costruisce. Storie di persone infelici, a cui la vita non regala nulla. 
Nei film dei fratelli Cohen la struttura si ripete sempre in maniera implacabile. Il protagonista pretende di cambiare la sua vita e realizzare i suoi sogni con ogni mezzo. In questo caso, il protagonista mette il suo sogno davanti a qualsiasi cosa, a qualsiasi responsabilità. Non ha una casa, un affetto, una famiglia, nessuno che lo ami davvero. Conta solo il suo desiderio. Nei film dei fratelli Cohen ci sono sempre quelli che mi piace chiamare "I guardiani". Personaggi che impediscono al protagonista di modificare, mutare la sua condizione. Personaggi grotteschi che ostacolano in ogni modo il cammino, gettando il personaggio nel totale fallimento. 
In questo film l'amore per la musica di questo protagonista e per le sue canzoni è assolutamente straziante. Vivere di un sogno non è sempre possibile, e io credo di saperne qualcosa. Una delle immagini che mi porterò appresso quest'anno credo sarà sicuramente questa: Davis che si trascina nella neve, senza un soldo, con la sua chiatarra a tracolla, con i piedi zuppi, nella tormenta. Su tutto lui stringe la sua chitarra. E anche quando deciderà di mollare, qualcosa dentro di lui, anche dopo l'ultimo colpo che la vita gli infligge, saprà preservarlo. Una certa serenità che la musica, al di là di ogni riconoscimento e denaro, gli sa offrire. Il potere infinito dei sogni

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