lunedì 29 novembre 2010

Harry Potter e i doni della morte

Per tutti quelli che come me hanno letto tutti i libri di Harry Potter, inevitabilmente i film risultano essere sempre una piccola delusione. Due ore e mezza inducono regista e sceneggiatore ad operare delle scelte, tagliare sequenze, eliminare dialoghi, ma soprattutto ad annullare il senso del tempo.
Il cinema avrà sempre questo limite: come ho già scritto in altri post, chi dirige un film ha il fiato sul collo: bisogna macinare incassi quindi non c'è tempo per le lungaggini.
Chi conosce Harry Potter sa benissimo che gran parte dei romanzi si svolge nella quotidianità, nei piccoli gesti, sequenze a cui il cinema non può dare peso perchè distolgono l'attenzione dello spettatore, mentre in un romanzo ci immergono nella finzione e ci fanno credere che tutto sia reale.
Chi conosce Harry Potter sa anche che gran parte della narrazione si tuffa nella mente dei personaggi, nei loro pensieri, nelle loro paure. Harry è costantemente tentato a perdersi nel lato oscuro, persino la sua amicizia con i suoi amici è continuamente messa alla prova. L'autrice, offrendoci il flusso dei pensieri di Harry ci accompagna a mano a mano nell'universo dell'immmedesimazione.
La decisione di dividire in due quest'ultima pellicola mi è parsa felicissima; il film si candida ad essere nominato il migliore fra tutti. Il regista si concede sequenze con paesaggi desolati e stupendi, ci fa sentire e percepire il legame di profonda amicizia (la saga di Harry Potter è soprattutto un insegnamento sull'importanza vitale dell'amicizia) che unisce nonostante le difficoltà i personaggi, fino ad arrivare a un finale che ci fa piangere come tanti bambini (quei bambini che eravamo quando abbiamo iniziato a conoscerlo)

Da vedere!

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