domenica 21 aprile 2013

San Francesco e l'inquietudine del predicare

E' la seconda volta che parlo di questa figura storica. Ma dopo aver letto il paradiso e il canto su San Francesco non ho potuto fare a meno di leggere il libricino di San Bonaventura sulla vita di Francesco. I testi sacri mi suscitano da sempre un'attrazione incredibile. La visione di Dio è sempre un modo per riflettere su se stessi, sul nostro modo di stare al mondo, di vedere il mondo, e di gestire le nostre inquietudini. Ed è proprio questo punto ad avermi colpito nella vita del Santo. La pagina più bella di questa agiografia è sicuramente il momento in cui Francesco esprime il dramma che vive in se stesso. Un dramma di cui mi sono sentito partecipe, di cui ognuno di noi, in realtà, ne conosce perfettamente l'intensità. Da sempre ci sentiamo al sicuro nelle nostre stanze. Al di fuori del mondo che non comprendiamo, isolarci sembra sempre la soluzione migliore. Ma quelli non capiscono niente, ma con quelli non ho niente in comune, la gente è imbecille, la gente è ingorante. Io sto bene da solo. Io sto bene con me stesso. In un certo senso, e può sembrare assurdo, anche San Francesco avvertiva questa sensazione. Quando si isolava dal mondo, nella preghiera e nella solitudine, avvertiva la mano di Dio. Il balsamo della contemplazione leniva ogni ferita, ogni dolore fisico, la fame e la sete. Ma Francesco capisce che tutto questo non basta. Non basta "bastare a se stessi", l'inquietudini degli altri, ci piglia ogni momento. E' vero quando siamo nel mondo la polvere delle parole degli altri ci si attacca addosso, con i loro vizi, e con la loro inguaribile visione. Ma a differenza di quanto diceva Sartre l'inferno non sono gli altri. Eccolo questo bellissimo passo. Ovviamente alla fine San Francesco deciderà per il mondo, sull'esempio di Cristo.
 
"Giacchè io, modesto e semplice e inesperto nel parlare come sono, sento d'aver ricevuto maggio grazie per pregare che per predicare.  Mi sembra poi che, mentre nella preghiera si accumulano grazie su grazie, nella predicazione, invece, vengono distribuiti quei doni che si son ricevuti dal cielo. Nella preghiera, inoltre, si purificano i sentimenti più intimi e si perviene all'unione con l'unico, autentico e sommo Bene. Andando in giro a predicare, al contrario, s'impolverano i piedi dello spirito, si incontrano molte occasioni di distrazione e sopravviene un rilassamento della disciplina. Quando preghiamo, insomma, parliamo con Dio e lo stiamo ad ascoltare, vivendo, in colloquio con gli spiriti celesti, una vita quasi angelica. Predicando, invece, siamo costretti a venire tante volte a contatto con gli uomini e, vivendo tra loro, pensiamo, vediamo e sentiamo umanamente"

1 commento:

Anonimo ha detto...
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