sabato 9 febbraio 2013

Cesare deve morire.

E' incredibile come alle volte alcune esperienze si mettono in fila e non sembrano mai casuali. Ho letto da poco il libro sul linguaggio della mente, e in uno dei miei post precedenti ho parlato del libero arbitrio e sulla necessità di fare un riflessione importante sul carcere e sulla pena che spetta ai condannati. Siamo proprio sicuri che la nostra mente, sottoposta ad un ambiente con stimoli diversi dal nostro, non avrebbe mai potuto portarci a commettere un atto da condannare? E' sempre così facile scagliarsi con chi sbaglia?
Forse verrà un tempo in cui i nostri posteri, fra quattrocento anni, guarderanno a noi con orrore osservando il modo in cui facciamo scontare le pene in carcere. Un po' come la schiavitù era un dato di fatto un tempo, e ora è vista come un'idea di pura inciviltà. Basta vedere questo film per accettare come dato di fatto quello che scriveva il poeta Withman: "Contengo moltitudini".  Questo è un film sulla redenzione, sull'idea che non esiste colpa che non può essere perdonata. O meglio, che l'animo umano avrà sempre una possibilità. Mi è spiaciuto molto che non abbia avuto la nomination all'oscar, ma ormai l'Italia, a quanto pare, non è giudicata più terra di grande cinema. Davvero un peccato. E' un film sulla forza sempre viva del teatro, sulla forza della parola, quella viva che trapassa il velo della paura, quella che non ha bisogno di una bella musica o di effetti speciali per svegliarci al nostro presente, e ricordarci che siamo uomini, fatti di ombra e luce.

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