lunedì 7 dicembre 2015

Alle radici del male. Lo straniero. Albert Camus e il più grande romanzo del novecento.


La letteratura è un'altra cosa. Me ne accorgo sempre quando leggo un libro fondamentale nella storia dell'umanità. Si avverte un sapore alla bocca dello stomaco, la volontà di sviscerare ogni frase, di mandarle alla mente, di non perdere nessuna immagine. 
Mea culpa, ma non avevo mai letto questo libro. Ne avevo sentito parlare tantissimo, sia dello scrittore che del libro. Ogni volta passavo in libreria e mi dicevo, poi lo compro, prima o poi lo leggo. 
Camus penetra nella testa di un uomo che non si fa molte domande, e privo di empatia. Oggi diremmo, forse, privo di neuroni specchio. Non prova molto dolore per la morte della madre, e per lui tutto è uguale, amare e non amare, esserti amico o non esserlo, rimanere in casa ad osservare la vita da un terrazzo oppure viverla in prima persona. 
C'è solo un elemento che scardina le certezze del protagonista, che lo scuote, che lo disturba, che lo confonde. Sembra una cosa da nulla, ma non lo è. Perchè è sintomo di qualcosa d'altro, di più profondo, l'essenza di un'umanità che per quanto uno si sforzi di sopprimere viene alla luce prepotentemente in ognuno di noi. 
E' il caldo a mordergli la pelle, a farlo muovere, è il caldo asfissiante a fargli desiderare di tornarsene a casa durante il funerale di sua madre. La stessa insopportabile canicola, per assurdo, sarà alla base della decisione che distruggerà la sua vita: uccidere un uomo. Non è un caso che di fronte alla legge usi la temperatura troppo alta per giustificare un atto così tremendo. Camus ci fa entrare nel suo cervello e il caldo che avvertiamo non è solo un caldo fisico, quello che può segnalare un semplice termometro. Il protagonista del romanzo soffoca perchè non sa amare, non conosce questo sentimento, e per quanto tutto in lui sembri uguale, l'incapacità di vivere le emozioni che le persone gli mostrano, lo fa sentire uno straniero, un esule dal genere umano. 
Non si può accettare una vita preoccupandosi solo di se stessi, perchè la nostra umanità rigurgita dentro di noi, le cose si spezzano, e il male attecchisce. Camus taglia le frasi come un Michelangelo della parola, ci spiazza, ci distabilizza. Ma nonostante tutto ci fa comprendere come sia troppo semplice sempre lanciare giudizi, e questo romanzo forse è il più grande canto mai alzato dall'uomo contro la terribile soluzione della pena di morte.

Nessun commento: