lunedì 29 settembre 2014

Italy in a Day e Sacro Gra: Salvatores vs Francesco Rosi.

Premetto che ho trovato interessanti entrambi gli esperimenti, ma Sacro Gra è un'altra storia. Anzi, grazie a Italy in a Day, sono riuscito ad apprezzare molto di più il primo. 
Rosi non si impone nelle storie dei personaggi perchè Sacro Gra si pone nel mezzo delle storie. Fotografa l'esistenza di figure marginali, consapevoli e rassegnati alla loro marginalità. In Italy in a Day l'idea di chiedere agli italiani di fotografare le loro vite a mio parere non funziona pienamente. Se in Sacro Gra i protagonisti vivono, in Italy in a Day la miriade di persone che popolano questo film non fanno altre che posare. Salvatores cerca disperatamente di far parlare tutti, ma non fa dire niente a nessuno. Rosi sceglie poche vite, ma sono vite che fanno un incredibile rumore, con la loro originale quotidianità, con quei silenzi infiniti, sgrammaticati e commoventi. L'infermiere che fa bene il suo lavoro e non chiede altro, due trans avvinghiati a un pasto frugale che considerano un pranzo Luculiano. Il figurante di un fotoromanzo che ha sognato invano tutta la vita un ruolo da protagonista. E la storia più bella: un uomo anziano che vive in un monolocale in un palazzina enorme con la figlia che ama alla follia.
In Italy in a Day sono pochissime le storie che ti rimangono, Salvatores è preoccupato di occupare uno spazio televisivo importante: una prima serata in Rai. Allora le immagini si susseguono furiose, i monologhi sono spesso ridondanti e banali. 
Io la penso così. 
Amo sempre i documentari però.

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