venerdì 12 settembre 2014

Il più bel finale nella storia della letteratura : le avventure di Gordon Pym

È chiaro che mi piace provocare. Non sono certo un esperto di letteratura, nè tantomeno uno scrittore ahimè quotato. Se penso a cosa fanno le riviste digitali, tante pagine facebook e post assurdi pur di farsi cliccare, mostrando supertette e annunciando morti fittizie, e clamorosi scoop di cronaca nera. Dichiarare un finale il migliore nella storia della letteratura è forse solo un gioco innocente.
Le avventure di Gordon Pym è un romanzo diverso dal genere marittimo. Premetto che non sopporto i romanzi sulle navi, non ci capisco mai niente, e a malapena mi barcameno fra poppa e prua. Eppure questo romanzo parla di avventure marittime come pretesto per parlare di altro. Nella pagine di Poe vive da sempre il gusto per l'effetto allegorico. Quello che conta di più, al di là della vicenda, è la forza iconografica delle immagini, vere allegorie delle nostre pulsioni, dei nostri incubi, e dei nostri desideri che non sappiamo dichiarare a noi stessi. L'antro buio della nave dove il protagonista della nave si nasconde, la lotta che si scatena fra i componenti della nave, come un ammutinamento brutale, il cannibalismo estremo, le forze terribili della natura, fra uragani e tempeste, l'isola che nasconde segreti, valli labirintiche.
Ma è il finale che ti lascia di sasso, un finale che è emblema del destino ultimo dell'uomo. Sperduto in mezzo all'Oceano su una canoa che viaggia alla deriva, il protagonista comincia a vedere della cenere bianca posarsi dappertutto nel vasto orizzonte, e alla fine, si apre una specie di voragine, un abisso, da cui emerge una figura, quasi un volto di uomo, e ...
Basta. Il romanzo finisce così, perché il diario si interrompe, è l'ultima immagine che si dipana nella nostra mente, come l'ultimo traguardo che ci attende, chissà cosa vuol dire non essere più niente, essere un computer spento, un oggetto, senza volontà, ed è bello pensarlo così, come un ultimo incredibile terribile inimmaginabile clamoroso spettacolo, per avere il tempo giusto di dire addio.

La tenebra era notevolmente aumentata, mitigata solo dalla fosforescenza dell'acqua, su cui si rifletteva la bianca cortina spiegata davanti a noi. 
Ma noi già precipitavamo nell'amplesso della cataratta, dove si spalancò un abisso, pronto a riceverci. Ed ecco scorgere sulla nostra rotta un'ammantata figura umana, di proporzioni ben più vaste di qualunque abitante della terra, E la pelle di questa figura aveva il colore delle nevi immacolate.

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