domenica 31 agosto 2014

L'armata dei sonnambuli: il romanzo dell'estate.

Lo volevo leggere un romanzo così. In estate hai tempo da dedicare totalmente a una storia che ti porti via, personaggi mordaci, simpatici e comici, nobili, contronobili, paesani. Irruenza e reverenza. Intelligenza e demenza. Magia e realismo. Intimismo e oggettivismo. 
Insomma L'armata dei sonnambuli è il romanzo dell'estate. Ero un po' restio ad acquistarlo, forse per il luogo comune secondo cui un buon romanzo non può uscire dalla penna di più persone. Eppure è un romanzo che davvero ti conquista. 
Innanzitutto è capace di trasporti in là nel tempo, non solo accompagnando i singoli personaggi della storia, ma facendoti volare sulla voce del popolo. Wu ming impasta il linguaggio, lo lavora, lo trasforma, ideando neologismi e suoni che ti trascinano nell'immaginario della gente comune, nelle melodie ancestrali dei loro dialetti e della cultura dei loro padri. 
Impareggiabile il personaggio dell'attore Lèo Moddonet, scanzonato, italianissimo, fiducioso nel suo talento che nessuno è capace di riconoscere. Insegue il teatro facendo della sua stessa vita un palcoscenico, del suo stesso nome un'opera d'arte. 
Il terrore della Rivoluzione Francese non fa mai da semplice sfondo, ma pulsa come inevitabile conseguenza dei rivolgimenti che l'uomo mette in atto nella Storia, rischiando la vita, e incontrando la morte per un'idea che antepone ad ogni cosa. Libertà e uguaglianza. Anche se i due valori difficilmente evolvono di pari passo, con un dialettica difficile ed ardua da attraversare. 

mercoledì 6 agosto 2014

Il grande romanzo americano: Underworld di Don de Lillo

Underworld è uno di quei romanzi che non hanno uno stato univoco. Come l acqua il libro muta attraversando ogni trasformazione fisica. Liquido, gassoso, solido. Il protagonista di Underworld non esiste, i personaggi si muovono in una trama che apparentemente sembra impantarsi in continui vicoli ciechi, accenni mai risolti e soluzioni solo apparenti.  Underworld è un romanzo difficile, che volutamente ti sfida e ti mette alla prova. Ti invoglia quasi a chiuderlo in certi momenti, ti viene voglia di dire basta subito nelle prime cinquanta pagine, concentrate esclusivamente su una partita di baseball. La voce però arriva, la storia si compone in un quadro che riesci a vedere nella sua grandezza solo da lontano, tanti puntini, tante macchie di colore, come il Muro di graffiti che compare ad un certo punto del romanzo. Perché alla fine credo che il vero protagonista del romanzo sia il tempo. Come un mostro sacro, che non decide una fase dell'esistenza migliore di un'altra. Perché noi non siamo il prodotto di quello che eravamo, ma siamo in continuo divenire, mutevoli e imprevedibili, coraggiosi per poi essere arrendevoli. È la nostra spazzatura il segno del nostro passaggio sulla terra, lì dentro il tempo paga la sua tassa al genere umano, costringendolo a non vedersi come una progressione perfetta e inarrestabile, ma come una specie che necessita costantemente una rimessa in discussione. Cosi i rifiuti sono un' altra componente essenziale del romanzo, una specie di drago wagneriano dietro al quale si cela il segreto per iniziare un nuovo domani.
Mi piace pensare che solo una frase racchiudail vero paradigma per decifrare questo enorme romanzo. Don de Lillo la mette lì, ed è una frase che un professore di scienze pronuncia durante una lezione sulle leggi della natura.
Abbiamo bisogno di numeri per dare senso al mondo. Pensiamo con i numeri. Pensiamo per decadi. Perchè abbiamo bisogno di principi organizzativi per diminuire la confusione